Coronavirus
Covid, c’è la prova: il vaccino antinfluenzale non protegge dal Covid
Per il Covid non c'è alcuna differenza tra aver fatto il vaccino antinfluenzale e non averlo fatto. Una volta ci terrorizzava la Chiesa, oggi lo fanno le tv
Il vaccino antinfluenzale non protegge dal Covid, come è stato detto in tv
Ma quale vaccino antinfluenzale anti covid? Una volta ci terrorizzava la Chiesa, oggi lo fanno le tv e gli esperti. L’obiettivo è comunque lo stesso: venderci la loro ricetta di salvezza.
Vi ricordate quando i sedicenti esperti, onnipresenti in tv, e i media, quasi a canali unificati, in assenza di un vaccino anticovid invitavano tutti a vaccinarsi contro l’influenza quale terapia di protezione dal virus Sars-Cov 2? Beh è una sonora stupidaggine. Lo dimostra uno studio pubblicato dalla rivista American Journal of Infection Control che si occupa di dare visibilità a ricerche sull'epidemiologia, il controllo delle infezioni e le malattie infettive. Ma bisogna leggerlo nel dettaglio, lo studio, e scorrere l’analisi per comprenderlo, senza farsi distrarre dalle conclusioni della ricerca che fa dei focus su altri aspetti. E’ nei dettagli che si insinua il diavolo. In questi casi come non ricordare lo scetticismo espresso sulla scienza da un grande esperto di filosofia della scienza e di metodo scientifico come Paul Feyerabend.
Lo studioso austriaco descrisse questa disciplina come un’entità sostanzialmente anarchica, ossessionata dal proprio mito, che dichiara di essere vera al di là delle proprie capacità reali, condizionata per i più vari motivi da mistificazioni e manipolazioni, anche involontarie, degli stessi scienziati che elaborano ricerche ed esperimenti, influenzandoli con le proprie convinzioni ideologiche o interessi. Basti pensare che per essere accettata una teoria scientifica deve prima essere d’accordo con le teorie precedenti, poiché si preserva la teoria anteriore, non la teoria migliore. Per questo e tanti altri motivi Feyerabend difese l'idea che la scienza dovesse restare separata dallo Stato, nella stessa maniera in cui la religione e lo Stato sono separati nella moderna società secolare. Tutto troppo difficile da spiegare nelle tv mainstream che in massima parte continuano a diffondere una comunicazione all’altezza di bambini di 5 anni. Ma non capire la realtà ed essere dipendenti dalle comunicazioni televisive oltre a comportare un condizionamento profondo porta a scelte che spesso possono risultare sbagliate.
Nei meandri della ricerca della AJIC, dal titolo “Impatto del vaccino antinfluenzale sui tassi di infezione da Covid-19 e sulla gravità” si scrive che “dei 27.201 pazienti testati per covid-19... non c'è alcuna differenza significativa nei test positivi per patogeni respiratori o influenza da sola tra coloro che hanno ricevuto una vaccinazione antinfluenzale (4,24% vs 5,40%, P = 0,08 per tutti i patogeni e 0,92% vs 1,27% per l'influenza, P = .27) e coloro che non hanno ricevuto la vaccinazione”.
Infatti nell’abstract delle conclusioni la ricerca scrive: “la vaccinazione antinfluenzale è associata a una diminuzione dei test covid-19 positivi e a migliori risultati clinici e dovrebbe essere promossa per ridurre il carico di Covid-19”. Tradotto: risulta che chi fa il vaccino antinfluenzale farà poi meno test per verificare se ha il covid (quindi si presume accusi meno malesseri, ma questo può significare tante cose differenti) e il vaccino antinfluenzale andrebbe promosso per ridurre il “carico” di infezione che gli ospedali ricevono ogni anno.
In conclusione quindi non esiste alcuna prova che la vaccinazione antinfluenzale possa prevenire il Covid, anzi è provato il contrario: chi ha fatto la vaccinazione antinfluenzale si è ammalato nella stessa misura di chi non l’ha fatto.
C’è poi un aspetto interessante a latere nello studio dell’AJIC: l’osservazione di elevate condizioni di comorbidità nei pazienti risultati positivi al covid-19. Nel senso che risulterebbe una maggiore possibilità di contrarre il covid nei pazienti affetti da più malattie con il particolare non secondario che “gli anziani e gli afroamericani hanno maggiori probabilità di risultare positivi”.