Coronavirus
Covid, i medici clinici sul vaccino Pfizer: tanti dubbi nelle chat private
Entusiasmo pubblico per il vaccino Pfizer, ma in privato i medici… Già a ottobre un italiano su 2 aveva dubbi sul vaccino anti-Covid
Sapevamo che parlare in pubblico è differente dallo scrivere in privato ma è sicuramente una sorpresa leggere sul vaccino anti Covid le conversazioni in chat di alcuni medici clinici italiani e internazionali. All’annuncio della multinazionale Pfizer di un vaccino pronto per il prossimo gennaio tanti Vip, politici, scienziati e medici, hanno reagito affrettandosi a dichiararsi pubblicamente disponibili a farselo iniettare. Ma scandagliando diverse conversazioni private dei professionisti del settore emergono riluttanze e scetticismi conditi da tali dettagli tecnici da far riflettere non poco.
“Col ca..o che me lo faccio iniettare!”, scrive Sergio C., medico primario romano, in prima linea contro il Covid dal mese di marzo. “Non ricordo un vaccino testato con queste tempistiche, ci vogliono più anni per verificare davvero ogni possibile reazione avversa”.
In pochi in pubblico hanno espresso anche timide perplessità all’annuncio di Pfizer, come ad esempio il microbiologo Andrea Crisanti di recente a Radio Capital: “Il vaccino della Pfizer è un barlume di luce. Ma il vaccino non può avere un impatto sull'epidemia se non fra 12 mesi… e c'è un problema logistico perché ha bisogno di una catena del freddo a -80 gradi e la tecnologia per la conservazione in Italia non è disponibile nei punti di distribuzione, quindi farmacie e studi medici".
Nel Paese crescono in modo esponenziale i numeri di deceduti e pazienti in terapia intensiva per Covid a dimostrazione che non avevamo un piano antipandemico né decisori politici né un sistema Sanitario in grado di rispondere ad una crisi del genere. Ma all’inadeguatezza dei gruppi dirigenti nazionali (non solo nostra) sembrano voler rispondere le case farmaceutiche.
“Ci siamo sobbarcati un rischio finanziario immane, nel seguire tutte le fasi dello sviluppo in parallelo”, ha raccontato a giugno al quotidiano greco Kathimerini il Ceo di Pfizer Albert Bourla, dichiarazione ripresa all’annuncio del vaccino dal Corriere della Sera.
“Ma perché Pfizer non pubblica i risultati su una rivista medica peer reviewed (rivista dagli alti standard che garantiscono un significativo profilo scientifico, ndr) ma fa solo un comunicato stampa?”, reagisce su un’altra chat un medico non italiano.
I dottori parlano, si mandano messaggi concitati, sono tutti favorevolissimi ad ogni possibile vaccinazione, più ancora contro il Covid ma non in queste condizioni.
Il vaccino messo a punto dall'americana Pfizer e dalla tedesca BioNTech sarebbe efficace al 90%. Anche altre società farmaceutiche raccontano di essere in dirittura d’arrivo con un livello di efficacia simile.
“Ma come può Pfizer affermare di ottenere un'efficacia del 90%?”, si chiede un altro medico non italiano, “è più probabile che abbiano ottenuto un profilo anticorpale nel 90% dei volontari testati (cioè un reazione immediata di cui però si conoscono poche caratteristiche di dettaglio, ndr), ma è così lontano dai risultati di efficacia che richiedono molto tempo”. E continua: “A mio avviso la scienza non è un modo per fare trading nel mercato azionario”.
Il riferimento del medico è forse alla comunicazione dell’agenzia Reuters che “l’amministratore delegato di Pfizer Inc, Albert Bourla, ha venduto lunedì 5,56 milioni di dollari di azioni della società, nello stesso giorno in cui il produttore farmaceutico ha dichiarato che il suo vaccino sviluppato contro il Covid-19 si è dimostrato efficace al 90% sulla base dei risultati della sperimentazione provvisoria. È quanto emerge da un filing. Bourla ha autorizzato la vendita delle azioni il 19 agosto, a condizione che le azioni fossero almeno a un certo prezzo, come parte di un piano predeterminato, ha detto la società”.
“Io attendo l’esito pubblicato in rivista scientifica, i comunicati stampa non mi interessano”, reagisce una dottoressa di Bologna, “e pure se il vaccino arrivasse che facciamo con i pazienti che abbiamo ora e avremo in futuri negli ospedali?”. I dubbi della dottoressa non sembrano ricadere specificatamente su una casa farmaceutica. E scrive: “Il vaccino resta un farmaco e deve essere testato come gli altri, può avere controindicazioni pesanti”.
I discorsi privati dei medici in queste chat sembrano la faccia scientifica di una più prosaica reazione degli italiani raccolta in una ricerca pubblicata nell’ottobre scorso dall'EngageMinds HUB dell'Università Cattolica, secondo cui un italiano su 2 ha dubbi sul vaccino anti-Covid. "I dati sono frutto dell'elaborazione di un sondaggio su un campione di mille cittadini, perfettamente rappresentativo della popolazione italiana”, hanno spiegato i ricercatori. “Ciò che emerge è che più del 48% degli intervistati si è mostrato esitante di fronte alla prospettiva futura di assumere un vaccino contro l'epidemia in corso. Un dato molto elevato, ma soprattutto in aumento rispetto a maggio. Nei primi giorni della fase 2, l'EngageMinds HUB della Cattolica aveva già posto questa domanda a un campione di italiani e nei risultati si leggeva che circa il 40,5% era contrario o indeciso a farsi vaccinare”. Un dato preoccupante per la professoressa Guendalina Graffigna, Ordinario di Psicologia dei consumi e della salute all'Università Cattolica e direttore dell'EngageMinds HUB.
La sottotraccia della ricerca diceva: “L'efficacia del vaccino dipenderà non solo dalla capacità degli scienziati che lo stanno mettendo a punto, ma anche dalla percentuale di persone che si sottoporrà alla vaccinazione. Purtroppo, in Italia come in tutto il mondo, è molto diffusa la cosiddetta 'esitanza vaccinale', ovvero un sentimento non necessariamente di rifiuto, quanto di diffidenza, nei confronti di un vaccino che la scienza ritiene sicuro ed efficace".
Un sentimento che cresce in parallelo con la diffusa bassa stima che le popolazioni occidentali hanno per i decisori politici e i tecnici al seguito, in questa fase esploso vista l’inefficacia e l’inadeguatezza delle molte misure adottate.