Accoltella la moglie e la lascia morire dissanguata. Giudice: non c'è crudeltà
Assassinò la moglie e la lasciò morire dissanguata. Per il gup non c'è crudeltà
Andrea Balboni ha assassinato la moglie Liliana Bartolini ferendola al collo con un coltellino svizzero e poi lasciandola morire dissanguata. La modalita' dell'omicidio, tuttavia, non e' stata sufficientemente efferata da integrare l'aggravante dell'aver agito con crudelta', delineata dalla giurisprudenza come sofferenze aggiuntive inflitte alla vittima. E' questo il senso delle motivazioni della sentenza con cui il Gup del tribunale di Bologna Francesca Zavaglia ha condannato a 16 anni il tassista 52enne arrestato il 13 aprile 2016 per l'uccisione della donna di notte, nella villetta di Miravalle di Molinella, dove la coppia viveva. Il figlio 14enne in quel momento non era in casa perche' in gita scolastica. Il Pm Antonella Scandellari aveva chiesto 30 anni. Il difensore dell'imputato, l'avvocato Savino Lupo, fara' appello. Balboni all'inizio chiamo' il 118 alle 3 di notte, riferendo di essere stato aggredito da sconosciuti, di aver perso i sensi e di aver trovato la moglie esanime.
Negli interrogatori successivi ritratto', arrivando a dire in sostanza di essere stato affrontato verbalmente appena rientrato a casa dalla donna, che gli rinfacciava una relazione extraconiugale. Ha quindi riferito di una colluttazione che ha portato i due litiganti a cadere in terra, con la vittima che si sarebbe accidentalmente ferita alla gola. Il giudice invece ritiene sia stato il tassista a colpire la moglie con il coltello ("dinamica assolutamente da privilegiare rispetto all'autoferimento") e che poi "senza avere la 'forza' di sferrare altri fendenti e volendo pero' che la donna morisse, abbia lasciato terminare alla natura quel progetto omicidiario che si era chiaramente delineato in quei frangenti".
Non e' altrimenti spiegabile, sottolinea il Gup, l'intervallo di almeno 40 minuti calcolato tra il ferimento e la chiamata al 118. "Molto probabilmente - scrive il Gup - Balboni attendeva qualcosa prima di chiamare i soccorsi. Molto probabilmente egli attendeva la morte della moglie". Il movente e' da individuarsi nel contesto della crisi coniugale, "di una profonda rabbia nutrita dall'imputato nei confronti della moglie, che lo ancorava disperatamente ad una vita che egli non voleva piu' vivere". Rispetto all'aggravante della crudelta', questa non sussiste perche' "le carte - spiega il Gup - restituiscono prova di una modalita' omicidiaria azionata attraverso la pressione di un coltellino multiuso nel corso di una lite degenerata in una colluttazione fisica, ferita inferta senza imponente vigore sul collo della donna, poi lasciata morire per emorragia". Certo, c'e' "un dolo persistente, senza esitazioni o ripensamenti", tuttavia la modalita' non da' sufficientemente conto di quell'efferatezza e crudelta' che "devono pur sempre eccedere il pur fermo finalismo omicidiario". "Ho letto attentamente la sentenza - ha detto l'avvocato Savino Lupo - e credo ci possano essere interpretazioni diverse dei fatti. Necessariamente proporro' appello per poter rappresentare le mie osservazioni ai giudici della Corte".