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Cronache
Borsellino scagionava la mafia: "I miei colleghi vogliono la mia morte"

Paolo Borsellino e quella frase poco prima di morire: "Nel mio ufficio un nido di vipere". La figlia: "Indagate"

Dalla morte di Paolo Borsellino sono passati ormai 31 anni e la verità sull'attentato di via D'Amelio, costato la vita al magistrato antimafia e ad altre cinque persone, resta avvolta nel mistero. L'unica cosa che è stata sempre ripetuta e che sembrava certa era solo: colpa della mafia. Ma da un'udienza in commissione Antimafia emergono retroscena fin qui inediti che potrebbero riscrivere la storia. Le parole choc di Fabio Trizzino, avvocato della famiglia del magistrato ucciso nel luglio del '92 hanno del clamoroso. Il legale riporta alcune dichiarazioni di Borsellino prima della strage: "Definì il suo ufficio un nido di vipere". Ancora più inquietanti le frasi riportate dalla figlia Lucia: "Saranno i miei colleghi a volere la mia morte" I familiari adesso implorano di indagare su quel fronte.

"Chiediamo - riporta Il Dubbio - che le componenti statali facciano piena luce su particolari dettagli della vita di mio padre in quei 57 giorni" tra la strage di Capaci e quella di via D'Amelio. "Siamo convinti, - ha proseguito Lucia Borsellino – dopo aver assistito a piste investigative di questi anni che altre piste non hanno considerato atti, documenti e prove testimoniali che potessero fornire elementi indispensabili a capire il contesto in cui Paolo Borsellino operava negli ultimi giorni della sua vita".

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Trizzino ha ricordato una frase di Paolo Borsellino: "Mi uccideranno ma non sarà una vendetta della mafia: saranno mafiosi coloro che mi uccideranno ma quelli che hanno voluto la mia morte saranno i miei colleghi e altri", disse il magistrato morto nella strage di via D'Amelio. "Se confrontiamo questa testimonianza di Borsellino, che definisce il suo ufficio un "nido di vipere" bisogna cercare nella procura di Palermo il luogo "di delegittimazione e di isolamento di Paolo Borsellino". Secondo i legale e la figlia "la vita del giudice fu resa impossibile dal suo capo Pietro Giammanco ed è necessario indagare sulla procura del 1992".

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