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Cammini di rinascita: la ricostruzione dell’Appennino tra agricoltura, legno e tradizione

Guido Castelli: “Vivere e lavorare in un'area produttiva rappresenta la chiave per il rilancio economico e sociale dell'intera regione”

di Federica Toscano

Dalla coltivazione delle lenticchie di Castelluccio alla gestione sostenibile delle foreste: i motori di rinascita per le comunità terremotate dell'Appennino centrale

Il terremoto del 2016 ha lasciato un segno indelebile sulle comunità dell'Appennino centrale, accelerando lo spopolamento e mettendo in crisi settori fondamentali per l'economia locale. Tuttavia, la resilienza di queste terre si manifesta oggi attraverso la rinascita dell'agricoltura e della filiera del legno, elementi chiave per garantire la presenza dell'uomo sul territorio e preservarne la biodiversità.

A Castelluccio di Norcia, la coltivazione della lenticchia rappresenta non solo un'eccellenza gastronomica, ma anche un presidio ambientale di importanza cruciale. Sara Coccia, coltivatrice locale, sottolinea come la semina delle lenticchie nel Parco Nazionale dei Monti Sibillini sia sinonimo di sostenibilità e biodiversità. La famosa fioritura di Castelluccio, con i suoi vivaci colori, è resa possibile proprio da questa coltivazione, che attira api e insetti impollinatori, favorendo l'equilibrio dell'ecosistema.

È un prodotto strettamente legato alla sostenibilità. Viene seminato in un territorio che fa parte del Parco Nazionale dei Monti Sibillini, un'area certificata per la sua elevata qualità ambientale, la sostenibilità e la ricca biodiversità. La lenticchia non solo preserva questi valori, ma li rafforza” ha dichiarato Sara Coccia.

Non dobbiamo dimenticare che le lenticchie, seminate dall'uomo, sono all'origine della celebre fioritura delle lenticchie di Castelluccio. I meravigliosi colori che ammiriamo – il rosso, l'azzurro e il giallo – derivano proprio dai campi di lenticchie seminati dall'uomo. La presenza dei fiori favorisce la biodiversità, attirando api e insetti impollinatori, contribuendo così alla sostenibilità ambientale. La coltivazione della lenticchia avviene in modo sostenibile, dalla semina alla raccolta”.

Anche i nostri nonni non facevano uso di diserbanti o prodotti anticrittogamici”, ha proseguito Sara Coccia, “probabilmente perché economicamente non conveniente o di difficile reperibilità. Tuttavia, questo ha reso la coltivazione della lenticchia di Castelluccio naturalmente biologica da sempre. Questo aspetto ci riempie di orgoglio, e il disciplinare IGP ne riconosce ufficialmente tutti i valori, con il riconoscimento anche a livello europeo”.

Per rispondere alla seconda domanda, abbiamo affrontato notevoli difficoltà nel riseminare le lenticchie dopo il terremoto, in particolare dal punto di vista logistico. Il sisma del 30 ottobre ha distrutto le strade, rendendo la viabilità estremamente difficile per mesi. Inizialmente, si poteva accedere solo attraversando la montagna, il che ha reso tutto molto faticoso”.

Ci veniva detto che non avremmo dovuto riseminare, ma i coltivatori si sono uniti e hanno organizzato manifestazioni per far valere le proprie ragioni. Ci sono molti articoli che testimoniano questa lotta. Alla fine, si è compreso quanto fosse importante riprendere la semina: se non lo avessimo fatto, ci saremmo trovati di fronte a un vuoto economico enorme, dato che la lenticchia rappresenta una fonte di sostentamento per molte famiglie” ha dichiarato Sara Coccia.

Per superare le difficoltà, sono state trovate soluzioni per far transitare gli automezzi. Normalmente, i trattori ei macchinari per la raccolta vengono conservati a Norcia, ma in quell'occasione furono trasportati a Castelluccio, permettendo finalmente di riprendere la semina. Le difficoltà sono state grandi, ma la determinazione degli abitanti è stata ancora più forte” ha poi concluso Sara Coccia.

Dopo il sisma, la ripresa della semina è stata un'impresa ardua. Le infrastrutture distrutte hanno reso difficoltoso il trasporto dei macchinari necessari, ma i coltivatori si sono uniti in una battaglia collettiva per mantenere viva una tradizione che rappresenta un'importante fonte di reddito per molte famiglie. Grazie alla loro determinazione, le lenticchie di Castelluccio hanno continuato a crescere, simbolo della resilienza di un'intera comunità.

A Norcia si incrociano molti Cammini che fanno la gioia di pellegrini e appassionati di trekking. Il progetto principale riguarda la ex ferrovia Spoleto-Norcia e la Ciclovia del Fiume Nera, con l’obiettivo di trasformare la vecchia ferrovia in una ciclovia. Questo intervento, che mira a migliorare l’accessibilità e a collegare importanti percorsi turistici e cammini religiosi, tra cui la via di Francesco e il Cammino di San Benedetto, ha ricevuto un finanziamento totale di circa 5,6 milioni di euro. Il “Cammino di San Benedetto” si sviluppa in trecento chilometri da Norcia, alle propaggini dei Monti Sibillini, a Subiaco, nell’alta valle dell’Aniene, fino a Cassino, nella valle del Liri, attraversando i luoghi più significativi della vita di san Benedetto da Norcia.

Anche il settore dell'allevamento ha subito pesanti ripercussioni a causa del sisma, ma aziende come il Caseificio Petrucci di Amatrice testimoniano la volontà di ripartire. Le tecniche tradizionali di allevamento e produzione casearia, tramandate da generazioni, sono oggi affiancate da approcci innovativi che garantiscono qualità e sostenibilità. La transumanza, praticata da decenni, continua a essere un elemento chiave per la gestione del territorio, impedendo l'abbandono dei pascoli e contribuendo alla manutenzione del paesaggio montano.

La valorizzazione delle produzioni locali, attraverso certificazioni di qualità e l'incentivazione di filiere corte, permette di rafforzare il legame tra agricoltori, allevatori e consumatori, assicurando un futuro sostenibile per questi settori vitali. Oltre il 70% delle aree colpite dal sisma è coperto da boschi, in gran parte abbandonati o sottoutilizzati. Questa situazione non solo limita il potenziale economico della regione, ma rappresenta anche un rischio per la sicurezza, aumentando il pericolo di incendi e dissesti idrogeologici. Attualmente, il legno viene spesso svenduto a prezzi irrisori, senza alcuna valorizzazione della risorsa.

Paolo Pigliacelli della Fondazione Symbola ha dichiarato: "Oltre il 70% dell'area colpita dal sisma del 2016 è occupata da boschi, in gran parte abbandonati o comunque sottoutilizzati. Questa situazione, oltre a rappresentare un mancato sfruttamento delle risorse locali, costituisce anche un problema per la sicurezza del territorio. Attualmente, in diversi comuni del cratere dell'Appennino centrale, il legname viene svenduto a un euro al quintale in piedi, ovvero ancora da tagliare. Tuttavia, con l'attivazione di filiere locali, trasformando questa risorsa in prodotti finiti o semilavorati, il valore del legno potrebbe moltiplicarsi centinaia di volte, arrivando fino a mille volte nel caso di prodotti per l'arredo e l'edilizia, come il parquet".

"Si tratta di un'opportunità straordinaria, resa oggi possibile dalle nuove tecnologie", ha proseguito Pigliacelli "che permettono di impiegare per usi pregiati anche le essenze tipiche dell'Appennino centrale, fino a oggi sfruttate quasi esclusivamente per la combustione nei forni delle pizzerie. Tuttavia, per garantire un reale sviluppo del settore, è fondamentale assicurare la sostenibilità attraverso la certificazione forestale, uno strumento che attesta che i prodotti derivano da materie prime gestite in modo responsabile. Questo passaggio è essenziale non solo per il valore economico, ma anche come segnale di attenzione e rispetto per il territorio".

"L'Appennino centrale è stato presidiato dall'uomo per millenni, mantenendo un equilibrio con gli elementi naturali e modellando quel paesaggio che oggi rappresenta un patrimonio unico del nostro Paese. Tuttavia, questo equilibrio si è spezzato a causa dello spopolamento, accelerato dagli eventi sismici del 2016: i pascoli e le aree coltivate si sono ridotti drasticamente, mentre i pendii sono stati invasi da una boscaglia non gestita, aumentando il rischio di incendi e dissesti idrogeologici, aggravati dagli eventi climatici estremi sempre più frequenti".

"Tornare a intervenire sui boschi significa ristabilire un equilibrio nel suolo, migliorare la biodiversità, curare il paesaggio e garantire un presidio umano attivo, che contribuisce a ridurre il rischio di incendi e alluvioni. È evidente che vivere e lavorare nelle zone colpite dal sisma, in un contesto produttivo e ben gestito, anziché in un territorio in abbandono, rappresenta una condizione indispensabile per il rilancio economico e sociale dell'intera area. Investire nella gestione sostenibile del bosco e nello sviluppo delle filiere del legno non solo offre nuove opportunità occupazionali, ma può anche diventare uno strumento efficace per fermare lo spopolamento e assicurare un futuro a queste terre" ha concluso Pigliacelli.

Il Governo italiano ha riconosciuto l'importanza strategica di queste filiere per il rilancio dell'Appennino centrale. Il Ministro dell'Agricoltura, Francesco Lollobrigida, e il Commissario Straordinario al Sisma 2016, Guido Castelli, hanno recentemente presentato un protocollo d'intesa volto a favorire l'uso del legno locale nella ricostruzione post-sisma. Si tratta di un'iniziativa fondamentale per ridurre l'importazione di materiali e incentivare l'economia locale, assicurando al contempo la sostenibilità ambientale.

Secondo Castelli, la presenza attiva dell'uomo sul territorio è essenziale per prevenire catastrofi naturali e mantenere in vita l'identità dell'Appennino. “Vivere e lavorare in un'area produttiva e presidiata, piuttosto che lasciare una terra abbandonata, rappresenta la chiave per il rilancio economico e sociale dell'intera regione”.

La filiera del legno può diventare anche una nuova opportunità: favorire l’utilizzo del legno nell’edilizia per la ricostruzione in corso nel più grande cantiere d’Europa, quello del cratere sisma 2016, nell’Appennino centrale. Si tratta di un materiale sostenibile e antisismico che, in quell’area di ottomila chilometri quadrati, rappresenta anche una opportunità per dare valore aggiunto alla risorsa locale più importante.

L’utilizzo del legno nella ricostruzione consente anche di avere vantaggi economici. Ne parleranno giovedì 20 marzo presso il Ministero dell'Agricoltura, della Sovranità Alimentare e delle Foreste (via Venti Settembre XX), il Ministro del Masaf, Francesco Lollobrigida; il Commissario Straordinario al Sisma 2016, Guido Castelli; il Presidente della Fondazione Symbola, Ermete Realacci; il Presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin e il Presidente del Cluster Nazionale Italia Foresta Legno, Alessandra Stefani.

La resilienza delle comunità colpite dal sisma del 2016 passa attraverso la valorizzazione delle risorse locali. L'agricoltura, l'allevamento e la filiera del legno non sono solo settori produttivi, ma strumenti fondamentali per garantire la presenza dell'uomo sul territorio, tutelare la biodiversità e prevenire il degrado ambientale. Grazie a nuove strategie e al supporto istituzionale, queste aree possono trasformare la tragedia in un'opportunità di crescita sostenibile, preservando la loro identità storica e culturale per le generazioni future.