Cronache

"Immigrati, così funziona il business". Parla il poliziotto Daniele Contucci

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IMMIGRATI/ Altro che salute e sicurezza, il poliziotto Daniele Contucci racconta tutta l'inquietante verità

di Lorenzo Lamperti
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@LorenzoLamperti

Daniele Contucci, assistente capo della Polizia di Stato in forza presso la Direzione centrale immigrazione e Polizia delle Frontiere, ora dirigente sindacale Consap, racconta ad Affaritaliani.it la sua esperienza al Cara di Mineo alla luce dell'inchiesta Mafia Capitale sul business dei migranti.

Daniele Contucci, qual è la tua esperienza sul campo al Cara di Mineo?

Facevo parte di questa task force specializzata in materia di immigrazione, l'U.R.I. (unità specializzata di rapido intervento sull'immigrazione). Venivamo impiegati in tutte le località italiane per emergenza immigrazione. Eravamo in una ventina, spesso impiegati al centro di accoglienza del Cara di Mineo, il centro richiedenti asilo più grande d'Europa.

In che cosa consisteva il vostro lavoro?

Facevamo "interviste" che duravano circa 20 minuti durante le quali ricostruivamo tutta la storia del migrante: generalità, stati attraversati e tutto il resto. Di fianco a noi c'era un interprete e veniva compilato un modello chiamato C3, che veniva poi inserito nel database e inviato alla commissione territoriale locale che dopo una serie di accertamenti decideva se concedere o meno l'asilo politico.

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Come è organizzato il Cara di Mineo?

Dentro è una vera e propria città, è immenso. A pieno regime è adibito alla ricezione di 4 mila migranti. Col tempo dentro si era creata una vera e propria casba, con tanto di negozi ma anche microcrminalità e sfruttamento della prostituzione. Spesso lì dentro lasciavano fare per non creare tensioni.

Ti ha sorpreso quanto è emerso dall'inchiesta di Roma?

Per niente, sembra anzi che abbiano letto la nostra precedente intervista... E' evidente che si tratta di un grande business. Me ne sono accorto quando la nostra unità è stata praticamente smantellata dopo che avevamo velocizzato le pratiche di ricezione e richiesta di asilo politico abbassando il tempo medio dai 18 mesi precedenti a 6-7 mesi. Il tutto con un risparmio molto grande, se si considera che tenere un immigrato al Cara di Mineo costa 45 euro al giorno, persino 90 se si tratta di un minorenne. Se si moltiplicano questi numeri per 10 mesi si capisce di che cosa si sta parlando e della portata del business.

Quali altri aspetti bisogna considerare per comprendere il business?

Bisogna pensare che dentro a questi centri ci sono vere e proprie città. All'inizio il Cara non lo voleva nessuno ma poi è stato capito il tornaconto economico che genera. Dentro ci lavorano 200-300 persone tra servizi di alloggio, mensa, idraulica, giardinaggio e tutto il resto. Per non parlare dell'indotto economico o degli aspetti legali. Sono cifre che fanno gola. Il risultato è che si è creata una situazione molto difficile da sradicare.

Pare che l'Anticorruzione avesse segnalato la gestione degli appalti e ora si parla di commissariamento.

Sì, ma qui si lavora sempre sull'emergenza per quanto riguarda l'immigrazione e grazie a questo c'è fretta nell'assegnare gli appalti e per forza di cose si saltano alcuni step. Il risultato, non secondo me ma secondo chi sta indagando su questi fatti, è che anche Mafia Capitale ci ha messo su gli occhi.

Mentre lavoravi al Cara di Mineo hai avuto la sensazione che c'era chi non volesse velocizzare le pratiche?

La nostra unità era nata proprio per quel motivo, ma ciò che è successo dopo mi ha fatto pensare che in effetti questa volontà non c'era, o quantomeno non c'era più.

Dalla tua esperienza credi che l'Italia sia in grado di rispondere alle richieste dettate dell'Ue per la redistribuzione degli immigrati?

Il punto è che l'Ue vuole solo immigrati di un certo tipo. Si potranno spostare solo rifugiati, soprattutto eritrei e siriani, che scappano dalla guerra, mentre tutti gli altri clandestini resteranno in Italia.