Caso Cucchi: Francesco Tedesco accusa i colleghi
Grazie a Ilaria Cucchi e al procuratore Pignatone si va verso la verità
Ieri, il Pm Giovanni Musarò, ha reso noto che un carabiniere in una querela contro ignoti del 20 giugno 2018 “ha chiamato in causa” due suoi colleghi per aver pestato Stefano Cucchi, dopo averlo fermato per spaccio. Si rafforza l’ipotesi che alcuni uomini delle istituzioni, che sono sempre in una posizione di forza legalizzata rispetto al cittadino, abbiano abusato della fiducia loro concessa, determinando la fine del geometra romano, che era loro affidato.
Premettiamo che le forze dell’ordine sono in gran parte sane e svolgono correttamente il loro importante compito, ma vi sono evidentemente elementi che andrebbero individuati e isolati subito (e gli strumenti per farlo ci sono), proprio per salvaguardare il lavoro, e ripeto è la maggioranza, di chi fa il suo dovere.
Quindi non furono gli agenti penitenziari a picchiare con calci e pugni Cucchi, ma a quanto è emerso ieri, due carabinieri della stazione romana “Appia”. Finalmente Francesco Tedesco ha raccontato una verità che per ora era solo intuita, accusando del pestaggio i suoi colleghi, Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro, tutti sotto processo per omicidio preterintenzionale in Corte D’Assise.
E non è la sola novità del processo.
L’altra è il supposto depistaggio interno: Tedesco dice di aver compilato una “annotazione di servizio” su quanto era accaduto in caserma. La nota -dice Tedesco- è poi scomparsa dai fascicoli interni dell’Arma. Inoltre, il registro dei fotosegnalamenti è stato sbianchettato per cancellare il nome di Cucchi, dopo il pestaggio.
Da quel momento Tedesco si sente intimorito, inizia un procedimento per la sua destituzione di cui viene a conoscenza, ironia della sorte, proprio il giorno in cui si presenta in procura per la querela.
La sorella Ilaria Cucchi dice “È caduto un muro”, mentre il ministro della Difesa, Elisabetta Trenta afferma: “Quanto è accaduto è inaccettabile. Chi ha commesso questo reato pagherà. Lo voglio io, questo governo e lo vuole l’Arma dei Carabinieri che merita rispetto”.
Ed è proprio questo il punto. Proprio per il rispetto delle Istituzioni è assolutamente necessario, come dice il ministro, fare pienissima luce e, soprattutto, pienissima giustizia affinché tali eventi siano in futuro impossibili per le conseguenze che ricadrebbero su chi li compie.
Ne va del concetto stesso di civiltà giuridica e del rapporto fiduciario, incoraggiato pienamente dalla carta costituzionale, tra cittadini e Stato.
E meno male che Ilaria Cucchi ha ostinatamente chiesto ed ottenuto una inchiesta-bis, grazie all’appuntato Riccardo Casamassima che ha fatto riaprire il caso e grazie al Procuratore di Roma, Giuseppe Pignatone che ha dotato l’inchiesta stessa di metodologie utilizzate usualmente solo nelle inchieste sulla mafia.
Se non ci fosse stato Pignatone una enorme ingiustizia sarebbe stata commessa.
Nicola Minichini, l’agente della polizia penitenziaria, imputato di lesioni aggravate nel primo processo, è stato invece prosciolto in Cassazione nel 2015, con altri due colleghi ed ora segue il processo bis come parte civile e quindi ieri ha esultato alle parole di Tedesco, che gli hanno ulteriormente restituito giustizia.
Per la politica Carlo Giovanardi, molto critico sui Cucchi, ha invece scaricato tutto sui periti che hanno sbagliato, mentre Matteo Salvini ha invitato la famiglia Cucchi in Viminale a cui Ilaria andrà, “insieme all’avvocato Anselmo”. Matteo Renzi ha dichiarato: “Quei politici (e sono tanti) che hanno pronunciato parole indegne oggi dovrebbero vergognarsi”.
Commenti