Cronache
Caso Moro, tutto da rifare: scoperto covo segreto delle Br
Di Stefania Limiti
Via Fani, 16 marzo 1978: pochissimi minuti per consumare la strage poi, Aldo Moro portato di peso a bordo della Fiat 132, le tre macchine delle Br prendono la fuga.
Nessuno ci ha mai detto che lì vicino, in via Licinio Calvo, una strada a senso unico che termina in una lunga gradinata, le Brigate rosse disponevano di un appartamento o almeno di un garage compiacente. Oggi gli investigatori della Commissione Moro stanno cercando di individuarlo. Di sicuro in quella via furono abbandonate le tre automobile usate dal commando brigatista (Fiat 132, 128 blu e 128 bianca). Forse lì c'era la prima prigione di Moro - ipotesi avanzata nell'ottobre del 1981 dall'ex capo del Sisde Emanuele De Francesco che si spinse a parlare di un "luogo con caratteri di extraterritorialità".
La questione rientra tra le più rilevanti novità di una inchiesta che solo in teoria dura da 38 anni: perché in pratica non è mai stata fatta prima. Se Giuseppe Fioroni e suoi collaboratori riusciranno nell'impresa, cioè individuare con precisione quell'appartamento, sarà possibile riscrivere la dinamica di quelle ore superando l'improbabile ricostruzione proposta dal famoso Memoriale Morucci-Cavedon - il primo è il brigatista Valerio, l'altro è Remigio, allora vicedirettore de Il Popolo, tra gli artefici della 'imbalsamazione' della verità insieme alla suora un po' spia Teresilla.
Il senatore Miguel Gotor ha chiesto una ricerca accurata in quella strada della capitale, una indagine che presenta un alto grado di fattibilità: "Abbiamo un rapporto della Guardia di Finanza sull'attività svolta nei giorni del sequestro in base al quale apprendiamo che una "fonte riservata" ritenuta molto affidabile (in gergo B/1) aveva avvertito che "le 128 dei brigatisti sarebbero state inizialmente parcheggiate in un box nelle immediate vicinanze di via Licinio Calvo"". La stessa fonte aveva riferito di voci circa l'utilizzazione di una base situata ad un piano elevato, precisamente un 5°, 6° o 7°, con accesso dal garage mediante ascensore. "Quanti appartamenti possono esserci proprio in quella strada con caratteristiche così precise?", si chiede Gotor che crede molto alla suggestiva e, a questo punto, assai fondata allusione fatta dall'informatissimo Mino Pecoralli il 16 gennaio del 1979 quando su OP parlò di un garage compiacente che ospitò le macchine servite all'operazione.
La convinzione degli investigatori guidati da Fioroni è nata da una accurata analisi della versione brigatista del trasbordo di Aldo Moro dalla Fiat 132 ad un furgone (mai individuato) in piazza Madonna del Cenacolo - nonostante il luogo molto aperto e l'orario di gran via vai, non esistono testimoni di quella manovra.
Solo oggi - sì, avete letto bene, solo oggi dopo tanto tempo - sappiamo con precisione l'orario del ritrovamento di quella Fiat 132 in via Licinio Calvo, all'altezza del civico 1, da parte di "Squalo 4", l'auto della Polizia in servizio di pattuglia: erano esattamente le ore 9,23. Quattro minuti dopo, secondo le segnalazioni inoltrate via radio sempre da Squalo 4, una donna e un uomo armati furono visti allontanarsi a piedi dal quel luogo. Tutto questo era stato riferito dagli agenti di quell'auto di Ps. La Commissione ha rintracciato la relazione della Digos, sentito alcuni di quegli agenti.
Prima d'ora nessun si era mai curato di mettere insieme tutti i pezzi del puzzle. Valerio Morucci nel suo Memoriale ha descritto la fuga da via Fani in un paragrafo apposito: scrive che sulla Fiat 132, oltre a Moro, presero posto solo brigatisti uomini. Dice che Barbara Balzerani salì sulla Fiat 128 blu. Ci sarebbe dunque una donna in più, perché è impossibile che Balzerani abbia cambiato auto durante la concitata fuga. E dunque i conti non tornano. Poi Morucci scrive che le tre auto sono state riportate in via Licinio Calvo subito dopo il trasbordo di Moro sul furgone (quello introvabile): la sua versione non spiega l'orario di ritrovamento della Fiat 132 segnalata da Squalo 4 e il ritrovamento in tempi diversi delle due Fiat 128. Quest'ultimo fatto, confortato da molto precisi riscontri testimoniali, fa ritenere, al contrario, che le auto siano state abbandonate a distanza di varie ore una dall'altra: l'ipotesi più probabile è che siano state condotte subito in un garage di quella via e poi con molta cautela riportate in strada.
Secondo gli inquirenti della Commissione parlamentare: "La valutazione complessiva dei dati obiettivi e delle fonti dichiarative comporta la definitiva svalutazione sia del prospettato trasbordo di Moro a bordo di un furgone in piazza Madonna del Cenacolo, luogo aperto e ben visibile, quindi in condizioni di estrema rischiosità, sia del successivo trasferimento della 132 in via Licinio Calvo, come descritto nel "memoriale": via Licinio è distante da piazza Madonna del Cenacolo. Pertanto diventa poco credibile la ricostruzione di Morucci, mentre si pone l'interrogativo di quando e dove lo statista venne tratto fuori dalla 132, visto che in un momento anteriore e prossimo alle 9,23 quell'auto venne abbandonata".
Miguel Gotor, commentando l'anomalo rilascio delle tre auto nello stesso luogo, dice di "non credere al gesto di sfida dei Brigatisti. Che senso ha riportare le auto in quel luogo? Evidentemente era sicuro".
Insomma, se l'assassino torna sul luogo del delitto significa che lì si sente tutelato: su via Licinio Calvo si affacciano numerosi passi carrabili che conducono alle rampe di accesso di autorimesse. Lì tutto è avvenuto in modo pianificato, meticoloso. E se Morucci non avesse sostenuto la tesi, ormai fatta a pezzi, dell'abbandono immediato delle tre auto, avrebbe egli stesso ammesso l'esistenza di un covo strategico in quella via. Avrebbe dovuto dire (almeno) un pezzo di verità.