Cronache

Coldiretti: "20mila nuovi posti di lavoro con il no al glifosato"

Antonio Amorosi

Rivoluzione nella pasta. Da febbraio c'è l'obbligo di indicare in etichetta la provenienza del grano. E quello col glifosato va al bando. Creerebbe 20000...

La politica potrebbe creare lavoro o almeno favorirne la creazione. “Se tutte le industrie italiane della pasta dicessero no al glifosato si creerebbero 20.000 nuovi posti di lavoro in agricoltura”. E' quanto emerso da una analisi della Coldiretti, resa pubblica a fine aprile in Puglia a Bari in occasione della tre giorni di #Stocoicontadini, sugli effetti di una eventuale sostituzione delle importazioni di grano dal Canada con raccolti made in Italy. 

Se qualcuno pensa che la pasta che mangiamo e i prodotti ottenuti con la lavorazione delle farine sia ottenuta dal grano nostrano si sbaglia: molto del grano utilizzato dai principali marchi italiani proviene dal Canada, precisamente tra Manitoba e Alberta dove c'è il principale granaio del mondo, 1.500 chilometri di praterie coltivate a grano, dove è legale l'uso massivo di glifosato. Ma pochi sanno che dal 17 febbraio 2018 in Italia è cambiato tutto: c'è l'obbligo di indicare sulle etichette l'origine del grano con cui si fa la pasta. Lo ha deciso il dicastero del ministro Maurizio Martina e non per suo merito. Dopo ben più di quattro anni dalla data dell’entrata in vigore (dicembre 2013) del Regolamento UE n. 1169/2011, l’attuazione che impone di indicare la provenienza del grano in tutta Europa non risultava ancora completa in Italia mancando le modalità di applicazione di un articolo in un decreto. Ci sono voluti 4 anni per farlo. Ma già questo (il glifosato viene utilizzato anche in Italia con molte limitazioni) ha procurato una mezza rivoluzione. Oggi invece di trovare sulle etichette scritte vaghe come “prodotto italiano al 100%” e simili che non vogliono dire niente se non che il bene è lavorato in Italia, si potrà conoscere finalmente la provenienza della materia prima. Non tutte le marche però si sono ancora del tutto adeguate.

 

NO GLIFOSATO, BOOM POSTI LAVORO. COSA E' IL GLIFOSATO

Il Canada nel 2017 ha fornito solo per la pasta 720 milioni di chili, a fronte di 4,3 miliardi di chili prodotti in Italia: un pacco italiano di pasta su sei è ottenuto con grano canadese, in cui si fa largo uso di glifosato, il potente erbicida brevettato nel 1974 “probabilmente cancerogeno” e mutageno secondo lo Iarc, l’agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, che fa parte dall’Oms (l'Organizzazione mondiale della sanità). Il glifosato viene spruzzato sul terreno prima della semina al fine di eliminare le erbacce, dopo la semina quando il grano germoglia e alla crescita. Il potente erbicida viene assorbito e finisce nei semi. Lo Iarc con le sue analisi epidemiologiche associa il glifosato al linfoma non-Hodgkin. Il rischio varrebbe ancor di più per gli agricoltori che vi sono esposti.

Ma per l'Efsa, l'Autorità europea per la sicurezza alimentare con sede a Parma, invece “è improbabile che il glifosato sia genotossico (cioè che danneggi il dna) o che rappresenti un rischio di indurre cancro per l'uomo”. Lo stesso hanno detto la Fao/Oms sui pesticidi e l’Echa, due agenzie internazionali (quest'ultima ha sostenuto però che la il glifosato causi danni agli occhi ed è tossico per flora e fauna negli ambienti acquatici). Nel 2017 però La Stampa e The Guardian hanno confrontato i rapporti di Efsa con i dossier presentati dall’industria che usa glifosato (Efsa per le norme europee tiene conto anche di queste e l’onere della prova sulla non pericolosità dei prodotti spetta alle industrie produttrici) sostenendo che intere parti dei dossier, circa un centinaio di pagine, erano copiate pari pari da documenti della multinazionale Monsanto. E il quotidiano francese Le Monde ha reso pubblico che uno studio del tossicologo tedesco Peter Clausing, legato all’ong Pan (Pesticide action network), che conferma come il glifosato faccia insorgere linfomi maligni nei ratti, non sarebbe stato reso pubblico dall'Efsa, a loro dire per una verifica incrociata di un altro ente, ma che a Le Monde non risulta esserci stato.

 

NO GLIFOSATO, BOOM POSTI LAVORO. COME SI PRODUCE PASTA IN ITALIA

Nell'ottobre 2017 l'Ue, perché il glifosato è utilizzato anche in Europa, ne ha rinnovato l'utilizzo per altri 5 anni con voto determinante della Germania. In Italia si applica il principio di precauzione: Il glifosato è utilizzabile ma con molte limitazioni come i divieti di uso nei parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma anche in campagna in pre-raccolta "al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura".

Ora però è cambiato tutto con l'obbligo di indicazione in etichetta. L'opinione pubblica italiana è ostile al glifosato. Così alcuni principali marchi italiani più per logiche di mercato, visto che non ritengono pericoloso l'erbicida, sembrano indirizzarsi ad investire sul grano italiano. “Attualmente l’Italia può contare su un milione e 350.000 ettari di coltivazioni di grano duro che con un aumento di altri 220mila ettari sarà in grado di garantire”, spiega la Coldiretti, “una raccolta in grado di sostituire le importazioni dal Canada con una produzione aggiuntiva di mezzo miliardo di chili di pasta con grano 100% italiano”.

Ma si sa che quasi sempre sono le piccole produzioni a garantire una maggiore salubrità dei prodotti, fatto determinato dalle filiere corte (la pasta viene realizzata con il grano che si produce in azienda o in aziende controllate). Non resta per tanto che leggere con più attenzione sulle etichette e sperare nelle verifiche successive degli enti preposti e nei loro eventuali accertamenti, perché la crescita della consapevolezza dei consumatori può fare la differenza come si è dimostrato in questo caso.