Cronache

Coronavirus e figli separati dai genitori: la priorità è evitare il contagio

Di Maria Pia Perrino

I figli di genitori separati hanno diritto a stare nella casa in cui sono meno esposti al contagio: la priorità è la salute dei minori

Professioni sanitarie e responsabilità genitoriale

In questi giorni è apparsa sulla stampa una notizia che vede protagonista una infermiera  che  presta servizio in un piccolo nosocomio  di Anzio, in provincia di Roma, madre di due gemelli, che a seguito della  separazione dal padre sono in affidamento congiunto a entrambi i genitori, ma dimorano presso l’abitazione della madre e con diritto del padre di vederli ogni fine settimana e ogni volta che lo ritenga  opportuno.

A seguito dell’insorgere della emergenza sanitaria, il Tribunale di Rieti adito dal padre, ha deciso che i minori nel periodo di distanziamento sociale dimorino nella casa del padre poiché il lavoro di infermiera della madre può rappresentare una esposizione dei bambini al rischio di contagio, prevedendo che i contatti tra la madre e i figli possano intercorrere mediante “ telefonate e videochiamate con l’uso di smartphone o tablet, a mezzo dei comuni sistemi applicativi”.

Una decisione che ha gettato nello sconcerto la madre che presta il suo servizio in un reparto in cui non sussiste rischio di contagio Covid, circostanza attestata anche dal Direttore della Asl di competenza.

Appare chiaro che si tratti di una fattispecie che vede interessi contrapposti, quello della madre deprivata della convivenza con i suoi figli, quello dei minori che vengono sradicati dal loro contesto quotidiano in un momento in cui, a causa della pandemia non possono frequentare la scuola, gli amici e vivono una condizione di isolamento che incrina le loro certezze quotidiane, quello del padre che teme che il lavoro della madre possa diventare fattore di rischio per i propri figli.

E allora ci si chiede quale un criterio interpretativo può accompagnare la comprensione della  decisione del giudice ?

La mamma lo ha interpretato e vissuto come un atto discriminatorio nei confronti della sua professione che, di per sé, e a prescindere da qualunque rischio di contagio sarebbe stata giudicata  incompatibile con il suo ruolo di madre  e non si può che essere solidali con il suo disagio e la sua protesta.

Ma in questo caso vi  sono più interessi  in gioco e il loro contemperamento   ad opera del giudice , incrocia il limite del perseguimento  del “superiore interesse del minore” che è prevalente e informa tutte le decisioni in materia di tutela minorile e che trova le sue fonti nella Convenzione di New York per i diritti del fanciullo del 1989.

Difronte ad una decisione che non ha modificato le condizioni dell’affidamento ma ha solo modificato temporaneamente la dimora del minore, scongiurare il rischio, sia pur remoto, del contagio dei gemellini dal virus considerato che la profilassi per chi svolge professioni sanitarie non è ancora idonea a garantire la sicurezza degli operatori, che comunque  fra i reparti ospedalieri  potrebbero verificarsi, involontariamente, casi di contiguità e che il rischio di diffusione negli ospedali è più elevato di quello che può verificarsi in altri contesti la tutela del diritto alla salute del minore è  apparso prevalente rispetto ad una comprensibile protesta di una madre che vive il dolore della separazione dai propri figli.