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Cronache
Corruzione e traffico rifiuti. 4 carabinieri in carcere, indagata ex toga

Grazie Roma. O meglio “grazie ai carabinieri del Comando tutela ambientale (Noe, ndr) che hanno scoperto una falla al loro interno”, ha dichiarato a conclusione dell'indagine il procuratore aggiunto di Roma Michele Prestipino, per l'operazione portata a termine dai carabinieri della capitale e incentrata su un traffico di rifiuti con Bologna. 

 

Due giorni fa l’indagine del Noe romano, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia (Dda), si è trasformata in 6 misure cautelari in carcere, in tutto 12 indagati, portando alla luce un imponente traffico illecito di rifiuti riconducibile ai vertici di una società bolognese, la Italferro srl, di Valerio e Matteo Fiori, padre e figlio, entrambi ora agli arresti. Presidente del cda di Italferro l'ex magistrato Mauro Monti, già contestato davanti al Csm negli anni '90 per l'appartenenza a un gruppo massonico bolognese riservato e per frequentazione di persone non specchiate del sottobosco malavitoso bolognese.

 

Le carcasse di automobili senza messa in sicurezza delle parti inquinanti, batterie, motori e componenti plastiche, non smaltite quindi, venivano spedite dagli sfasciacarrozze di Roma alla Italferro di Crespellano (Bologna) per essere compattate. La quasi totalità delle carcasse che passavano dagli sfasciacarrozze finivano a Crespellano dove venivano compattate senza trattamenti, come accertato dai carabinieri del Noe, e rivendute a prezzi di mercato alle fonderie. 30.000 tonnellate di carcasse nel 2017 per il circa 29% delle attività dell'azienda sotto indagine.

 

I vertici di Italferro agivano con la “copertura” di 4 militari del Noe, arrestati per corruzione, rivelazione di segreto d’ufficio e accesso abusivo a sistema informatico.

Tra loro anche l’ex comandante del Noe di Bologna, il luogotenente Sergio Amatiello, 54 anni, già sospeso dall’Arma in seguito alla condanna per il caso dell'azienda ferrarese Niagara, società alla quale nel 2008 era stato chiesto denaro in cambio di un controllo addomesticato. Caso davvero difficile e pericoloso con "un clima di terrore creato ad arte" contro i titolari dell'azienda che avevano denunciato la richiesta di denaro. La vicenda solo dopo anni di processi e anche grazie alla pervicacia del legale dell'azienda, Fabio Anselmo, si è trasformata in una condanna per gli agenti. 

 

Il giudice del caso di Crespellano ha ritenuto di procedere all'arresto di alcuni indagati per il pericolo di reiterazione del reato. In questa decisione ha giocato un ruolo non secondario la pervicacia con la quale, secondo il giudice, i soggetti indagati hanno continuato a commettere i reati anche dopo essere venuti a conoscenza che erano sotto controllo. Con i due titolari di Italferro e i 4 carabinieri arrestati, oltre all'ex magistrato, sono indagati anche un altro luogotenente del Noe di Bologna ed 4 persone.

 

Un'indagine intricata e complessa tra accessi informatici abusivi, informazioni passate agli indagati, pressioni e regali che hanno “messo” gli agenti che compivano l'indagine nelle complicata situazione di avere contro altri agenti.

L’ipotesi è che i responsabili del traffico illecito fossero venuti a conoscenza delle indagini in corso proprio per le informazioni fornite dal luogotenente di Bologna Amatiello che, a sua volta, le avrebbe ottenute da Ciro Paone e Andrea Pilu (entrambi esperti informatici e carabinieri del Noe di Roma), e Santo Caldareri, addirittura uno dei militari che con il capitano Sergio De Caprio arrestò Totò Riina nel 1993 e che oggi è in forze al comando provinciale di Catania. Proprio Caldareri, dietro compensi da parte di Amatiello in nome e per conto dei Fiori, si sarebbe avvalso di Pilu e Paone per ottenere informazioni sulle indagini prelevate dalla banca dati del Noe, per poi girarle ad Amatiello stesso.

Secondo l'accusa nella rete di connessione la figura del luogotenente Amatiello, assunto in “nero” come responsabile della sicurezza dei Fiori, avrebbe fatto da ponte con gli altri agenti. 

Le prebende al telefono diventavano “tortellini”, “prosciutto e formaggio” e subito dopo si trasformavano in versamenti di denaro, come documentato dai pedinamenti.

 

La condanna per il caso Niagara non ha inciso positivamente sul comportamento di Amatiello, anzi, spiega il giudice, l'uomo ha continuato ad usare i suoi legami nell'Arma a favore delle attività illecite dei titolari di Italferro, mostrando una capacità di delinquere che non è stata il alcun modo intaccata.

 

 

 

 

 

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