Cronache

Dossieraggio, altro che loggia Ungheria. Cantone porta Mieli in tribunale

di Antonio Amorosi

Il procuratore Cantone offeso porta in tribunale il giornalista Mieli: ha sminuito l’operato in tv. Chiesta l'audizione di De Benedetti

Il dossieraggio in Italia oltre ogni immaginazione

Altro che minimizzare il dossieraggio, come ha fatto Paolo Mieli durante la puntata di lunedì scorso di Quarta Repubblica, condotta da Nicola Porro su Rete 4. Il tema sta diventando incandescente e come ha raccontato Affaritaliani, in diverse puntate, sta assumendo le sembianze di un Watergate. 

“33.528 file sono stati scaricati da banche dati DNA”, ha raccontato oggi il procuratore capo di Perugia Raffaele Cantone, in audizione alla commissione parlamentare Antimafia, “e 10.000 sono gli accessi". Dove sono finiti questi dati? Perché sono stati scaricati? Chi tira i fili del discorso?

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I magistrati che indagano hanno più volte affermato che non è possibile che tutto sia imputabile a un solo uomo. Cantone ha anche spiegato di non aver mai escluso il dossieraggio. Non ha redatto alcun comunicato che lo negasse, né lui né la Procura di Perugia, come invece affermato da alcuni giornalisti.

Lunedì sera a Mediaset, Mieli ha sminuito le indagini di Cantone, citando quelle sulla Loggia Ungheria: “La presenza di Cantone mi garantisce al 101 per cento che questa inchiesta farà la fine di quella sulla loggia Ungheria, una bolla di sapone. Cantone è uno che accompagna dolcemente le cose al largo e poi... Anche andare in audizione al Copasir e alla commissione Antimafia, è un viaggio verso il nulla, una perdita di tempo enorme. Un senso l'ha già avuto questo caso, che gli spiati sanno che esistono delle attenzioni su di loro”.

Cantone ha reagito duramente proprio all’Antimafia: “Non mi occupo di bolle di sapone, non me ne occupavo neanche da bambino, chi ne parla ne risponderà nelle sedi opportune. Ho grande rispetto per la libertà di manifestazione del pensiero e per l'età di chi lo manifesta ma chi non conosce gli atti non può esprimere giudizi, c'è un limite a tutto". 

Dall’inchiesta stanno emergendo nomi che vanno oltre Pasquale Striano, il finanziere indagato e al centro del caso. Le sue azioni sono “difficilmente compatibili con la logica della deviazione individuale”, aveva riferito ieri il Procuratore della DNA Giovanni Melillo. Oltre al sottotenente della finanza che oggi Cantone ha riferito lavorasse in un pool, altri hanno eseguito accessi impropri alle banche dati. Intanto è coinvolto un magistrato in forze alla DNA, Antonio Laudati e diversi giornalisti della testata Domani, di proprietà del finanziere Carlo De Benedetti. Tutti si dichiarano innocenti e di aver agito nell’ambito delle proprie funzioni e così sono fino ad eventuale accertamento contrario. Ma dalle affermazioni dei due magistrati, Melillo e Cantone, è possibile che presto il cerchio si allarghi.

Intanto Mauro D’Attis, deputato di Forza Italia e vicepresidente della Commissione Antimafia, durante l’Ufficio di Presidenza della Commissione ha chiesto: “Che vengano auditi al più presto in Commissione Carlo De Benedetti, editore del Domani, e il direttore del quotidiano Emiliano Fittipaldi”.

La vicenda apre uno scenario pubblico preoccupante, in un'inchiesta che potrebbe coinvolgere vari livelli di istituzioni, imprenditori e probabilmente i Servizi segreti, un mix dagli effetti devastanti se non gestito con la dovuta attenzione. La concentrazione di banche dati al vertice della DNA, da cui tutto ha avuto origine, potrebbe rappresentare un vulnus senza precedenti e una novità assoluta, visto che quella concentrazione esiste da pochi anni e anche diversi procuratori erano contrari a tale accentramento delle informazioni.