Forteto. La testimonianza: "Fiesoli mi palpeggiava, mi baciava"
Nel processo Fiesoli Bis un ragazzo confessa gli abusi sessuali subiti
Firenze. «Quando noi bambini al Forteto facevamo qualche bravata il Fiesoli con gli altri adulti ci sottoponeva ai chiarimenti e, gira o rigira, qualsiasi ragazzata, bravata avessimo fatto, ci dicevano che agivamo in quel modo per colpa delle molestie sessuali subite dai nostri genitori. Anche se non era vero, dovevamo ammetterlo perché ci tenevano ore in piedi in un angolo della sala mensa e per giorni nessuno ci parlava più. C'era vergogna, non ne parlavamo, ti fai schifo, provi rabbia. I bambini venivano fatti lavorare nella stalla, nel caseificio, nei campi a togliere i sassi, a raccogliere mele, in falegnameria, nelle cucine. E chi si ribellava subiva botte dagli adulti». I «chiarimenti» sono una pratica di «riconciliazione» con la quale, al Forteto, si esercitava un controllo permanente sui ragazzi (denigrazione, esclusione, pressione psicologica). L’uomo a cui si fa riferimento è Rodolfo Fiesoli, detto il Profeta, il fondatore della comunità toscana. E a parlare è S., un ragazzo che nel processo principale contro i soci del Forteto (10 condanne in attesa della Cassazione) ha sostenuto di essere stato violentato sessualmente. Ieri nel cosiddetto Fiesoli Bis, il procedimento collaterale incentrato sulla sua personale vicenda a seguito di quelle dichiarazioni, e che vede Rodolfo Fiesoli di nuovo imputato, è tornato a parlare in videoconferenza. E a ricordare.
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Oggi 24enne, è stato ospite del Forteto tra gli 11 e i 15 anni d’età. Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie nel Mugello, stringendo una forte amicizia con uno dei ragazzi residenti nella comunità, si avvicinò nell’orbita della «setta». Complice, anche e soprattutto, una difficile situazione di tensione famigliare: con la crisi coniugale dei genitori, la successiva separazione e il tentativo di suicidio del padre. Così le visite al Forteto si fecero più intense; e sotto l’ala di Fiesoli la frequentazione divenne permanenza. I fatti risalgono al 2003. E solo nel 2007 S. è riuscito a scappare. Sconvolto, ha cercato di rimuovere l’accaduto. Ma invano. In preda a continui crolli psicologici, infatti, e una vita privata instabile, nell’aprile del 2014 ha deciso di raccontare quanto vissuto, in qualità di testimone in aula. Di quell’occasione, i giudici – nelle motivazioni della sentenza – scrivono di «una deposizione sofferta, intervallata da crisi di pianto e da momenti di autentica disperazione». Scene – e lacrime – riviste ieri, quando il ragazzo ha riferito di un Fiesoli «che denigrava con cose false la mia famiglia». E di quando «a me, che ero bambino, fece credere che mio padre mi avesse violentato», «mi faceva il lavaggio del cervello», «mi portava in camera sua, mi palpeggiava, mi baciava, io non volevo, e quando potevo mi ribellavo». Inutilmente, però.
Nel momento in cui la pm Ornella Galeotti ha chiesto di scendere nel dettaglio, e quindi di precisare aspetti relativi alle violenze sessuali esplicite, violenze che il ragazzo ha sostenuto di aver subito, S. ha pianto, e si è fermato: non riuscendo a proseguire. Così il presidente del collegio, Francesco Gratteri, ha interrotto l’udienza. Come messo in evidenza dai giudici in primo grado, i rapporti col Fiesoli – che spesso al ragazzo leggeva la Bibbia forte dell’influenza e della paura suscitata – erano diventati «parte della sua vita all’interno del Forteto». E «il condizionamento alla logica inculcatagli era stato tale da portarlo a pensare che quello che accadeva (che gli accadeva) fosse giusto e necessario».
Nel Fiesoli Bis, che procede a rilento, la cooperativa (il volto economico del Forteto al centro di dure polemiche sull’opportunità o meno del commissariamento esterno) si è costituita parte civile contro il Profeta: un segno di discontinuità per tagliare col passato scaricando l’uomo che pure per anni è stato il dominus del Forteto nelle sue tre ramificazioni: cooperativa, appunto, comunità (oggi associazione) e fondazione. L' uomo che ha catturato l'attenzione di una Regione che non ha visto e, dove possibile, non ha voluto vedere. La coop, rinomata per il formaggio (il Girellone) e intenta verso un rinnovamento di cui in tanti dubitano, lo accusa di averle procurato un danno di immagine. Dunque, di averla trascinata indebitamente nella vicenda del ragazzo. Fiesoli, per conto suo, già condannato in appello – nel processo principale – a 15 e 10 mesi, finora non è mai stato presente in aula. Nell' ennesimo capitolo di una storia che non finisce mai.