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Cronache
Ginnastica, sentenze morbide: "Gli insulti possono essere tollerati"

Insulti alle ginnaste, le sentenze soft

"Apostrofare in palestra un gruppo di giovanissime atlete con gli epiteti di «ippopotamo», «vitello tonnato» e «cinghiale» non è mai stato un reato particolarmente grave per la Federazione Ginnastica d’Italia". Lo scrive il Corriere della Sera sulla vicenda delle ginnaste insultate. I comportamenti, nei verdetti sportivi, sono sempre stati considerati "meritevoli di una semplice ammonizione per il Tribunale Federale, o di 45 giorni di sospensione per la Corte di Appello, giudice di ultimo grado. Adoperare «comportamenti vessatori nei confronti di minorenni» e poi «colpirle sul braccio con una clavetta» è invece costato soltanto tre mesi di squalifica dall’attività a una coach, poi tornata ad allenare", scrive il Corriere della Sera. Ci sono però racconti piuttosto forti delle dirette interessate.

Ginnastica, Anna Basta: "Stress emotivo per atlete, da incubo bilancia a mancanza ascolto"

"Tutte le atlete vivevano uno stress emotivo importante: dall’incubo della bilancia alla mancanza quotidiana di ascolto ed empatia". A parlare in un'intervista al quotidiano 'La Ragione' è Anna Basta, l’apripista di questa valanga senza sosta che ha colpito il mondo della ginnastica ritmica italiana. E non solo: due giorni fa la fuoriclasse della ginnastica artistica, Vanessa Ferrari, ha dedicato all’argomento un lungo post sui suoi social dichiarando di non essere "affatto sorpresa" e di aver avuto un’esperienza simile a 19 anni quando fu addirittura ricoverata per problemi alimentari in una clinica a Verona, guarendo poi solo "grazie al supporto di esperti e dopo un paio di anni di percorso".

Nella sua prima dichiarazione pubblica, Basta dichiarò di aver anche pensato addirittura al suicidio. "Quando ho davvero pensato di provarci, però, ho sempre avuto qualcuno che mi scuoteva e mi spronava a vivere. Finché ho detto basta", racconta. Dopo tre anni nella Nazionale italiana, l’ex farfalla ha abbandonato il suo percorso di atleta agonista. Quando le chiediamo se la sua esperienza possa essere considerata un modus operandi tipico dell’allenamento in Federazione ci spiega che, in realtà, le vessazioni erano mirate nei confronti suoi e dell’amica-collega Corradini, seppure "tutte le atlete vivevano uno stress emotivo importante: dall’incubo della bilancia alla mancanza quotidiana di ascolto ed empatia".

Adesso ha iniziato il corso per diventare tecnico professionista. "Alleno per non far subire alle bimbe ciò che ho subìto io e sapendo che si possono raggiungere risultati importanti ma in un modo migliore. Il che non significa non essere severi, ma porre l’attenzione sul lato umano dell’atleta, accettando anche le caratteristiche fisiche personali. Si può essere performanti restando in salute".

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