Cronache
Gli affidi choc di Reggio Emilia? Per Regione e provincia erano un’eccellenza
Prima Modena ora Reggio. Borgonzoni e Vinci (LegaER): “Ci vogliono controlli sistematici, esterni e a sorpresa”. “Erano ambienti molto discussi”.
“Un‘inchiesta umanamente devastante”, quella degli affidi di Reggio Emilia. Così l’ha definita il procuratore capo Marco Mescolini.
Ma la storia si ripete. Prima c’è stata l’emersione del caso “Veleno” a Modena, con la scoperta a 20 anni di distanza dei bambini sottratti alle famiglia con manipolazioni, ora gli arresti di Reggio Emilia.
Per la Val d’Enza si parla di un business da centinaia di migliaia di euro, per un sistema di “rapimenti”, appalti e affidi da fare tremare le vene. Con il pretesto di far ricordare ai bimbi le presunte violenze subite, manipolando i ricordi, venivano applicate alle loro teste macchine a impulsi elettro magnetici, gli affidamenti andavano poi anche a coppie gay amiche o a coppie queste sì con problemi e si sono trovati anche casi di bambini affidati abusati da terzi. Un vero sfacelo.
L’inchiesta parte da un’intuizione della pm Valentina Salvi sul numero troppo elevato di fascicoli aperti per presunti abusi sui minori, tutti in una zona molto circoscritta, e poi rivelatisi tutti infondati. Ragionamento che non aveva destato i dubbi delle istituzioni locali, anzi. “In realtà”, spiega ad Affaritaliani il deputato Gianluca Vinci della Lega proprio di Reggio Emilia, “erano ambienti molto discussi. Ma è difficile venirne a capo in un sistema chiuso dove politica di sinistra, affari e giustizia si intrecciano. Sono contento che la magistratura abbia fatto emergere una vergogna di questa portata” Fino a poco tempo fa infatti il sistema di affidi della Val D’Enza era un’ eccellenza.
Con Affaritaliani possiamo documentare i molti momenti in cui le istituzioni locali hanno esaltato il sistema negli anni. Sono tanti gli eventi pubblici in cui gli indagati e gli arrestati di oggi sono stato celebrati dagli enti locali e presi a modello (vedi le foto alla fine dell'articolo).
Lucia Borgonzoni sottosegretario alla Cultura della Lega ad Affari spiega cosa fare per fermare queste vere e proprie tragedie: “Bisognerebbe adottare come normali i controlli sistematici esterni. La vita dei bambini è troppo delicata e preziosa per essere superficiali come lo sono state finora le istituzioni. Prima Modena ora Reggio Emilia, è evidente che qualcosa di profondo non va. Ma per molto tempo questo è stato un argomento tabù. Capita spesso di imbattersi in famiglie a cui è stato sottratto un figlio ma di trovarsi poi di fronte a casi difficili da capire, con stuoli di avvocati, magistrati ed assistenti sociali a contrastarti. A livello nazionale abbiamo proposto una commissione d’inchiesta che vada in profondità sullo sfacelo che c’è. Ma ci vuole un cambio negli interventi. La politica non ha le competenze per metterci le mani direttamente ma ha il dovere di sistematizzare i controlli. Dobbiamo ragionare su strutture ad ok, fatte da centinaia di psicologi esperti del settore che pescati a caso possano fare controlli a sorpresa e approfonditi in ogni struttura. Il controllo a sorpresa non deve diventare un’eccezione ma la regola. I bambini vanno difesi, sempre”.
L'inchiesta che ha preso il nome di “Angeli e demoni” (video) ha 27 indagati. Sei di questi sono finiti ai domiciliari: Andrea Carletti (sindaco di Bibbiano); Federica Anghinolfi di Montecchio (dirigente servizi sociali Val d’Enza); Nadia Bolognini, di Torino, (psicoterapeuta); Marietta Veltri, di Quattro Castella (coordinatrice servizi sociali Val d’Enza); Francesco Monopoli, di Correggio (assistente sociale Val d’Enza) e Claudio Foti (psicoterapeuta ‘Hansel e Gretel’). Le altre 21 persone indagate o per le quali sono scattate altre misure occupano i campi più disparati delle professioni interessate, dallo psicoterapeuta al direttore ausl, dall’avvocato all’educatore, dall’assistente sociale all’addetto stampa e al neurospichiatra, a dimostrazione che reati del genere si compiono solo se si mette in piedi un sistema.