Cronache

Iran: dal Qatar a Roma, le voci della protesta. Sara, in fuga per la libertà

L'intervista di affaritaliani.it: "Sono venuta in Italia perché cercavo libertà. La mia famiglia è ancora in Iran e ho paura. Sia per loro che per me"

Intervista di affaritaliani.it a Sara, fuggita dall’Iran in cerca di libertà. Oggi fa la ricercatrice a Roma


I governi di tutto il mondo voltano la faccia davanti i morti e le proteste che da settimane infiammano l’Iran. Forse un comportamento dettato anche da motivazioni economiche, visto le ricchezze che il Paese possiede, fra cui il tanto agognato petrolio. O probabilmente perché la loro attenzione è rivolta verso altri scenari. Sta di fatto che oggi l’Iran è una polveriera pronta ad esplodere. Molti giovani scendono in piazza per protestare contro il Governo, altri sono fuggiti. Come Sara – nome di fantasia per paura che lei e la sua famiglia subiscano ritorsioni – che racconta la sua storia: la fuga in cerca di libertà, le proteste in Iran soppresse con la forza, il suo lavoro. Sara è infatti arrivata in Italia ben 11 anni fa, spinta dalla ricerca di libertà e della sua autodeterminazione. Dopo una laurea magistrale in biotecnologie mediche e un dottorato in medicina molecolare, oggi fa la ricercatrice per un'azienda a Roma.

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Sara, come mai hai scelto di lasciare il tuo paese di origine, l’Iran?

“Perché cercavo libertà, in Iran non esiste. Il governo decide tutto: come vestirti, che programmi tv devi vedere in casa, c’è infatti solo la Tv del governo. Ti entrano in casa per controllare tutto. Vogliono avere il controllo su tutto. In sostanza sono dittatori, vogliono limitare il popolo perché quando le persone sono a contatto con il mondo, sono persone sveglie. Vogliono un popolo limitato così da poter fare quello che decidono loro”.

Cosa sta succedendo in Iran in questo momento?

“Sappiamo che c’è una lotta coraggiosa del popolo iraniano, condotto in prima linea dalle donne. Da quando è stata uccisa Mahsa Amini perché non indossava bene il velo, in questi giorni di proteste sono state uccise 300 persone, fra cui circa 50 minori. In questi 43 anni di governo, sono state arrestate le menti più brillanti e le carceri ora sono piene. Arrestano studenti, giornalisti, anche turisti (come Alessia Piperno). In Iran è il contrario perché trovi le persone di cultura in carcere, non i criminali. Attraverso la tortura fanno confessare a queste persone reati non commessi, così hanno la scusa per arrestarli. Alcuni ragazzi sotto i 20 anni sono stati condannati a morte solo perché stavano protestando, come ad esempio il cantante curdo Saman Yasin, condannato a morte solo perché cantava canzoni contro il governo. Tanti, troppi giovani condannati a morte. Tutti i giorni ci sono proteste. Ci sono grandi aziende di petrolio che scioperano, sono con noi. Non c’è un giorno che questi movimenti si fermino. Anche gli studenti delle scuole superiori fanno molte manifestazioni. Ma in alcune scuole il preside ha chiamato la polizia morale, non sono poliziotti ma persone che tifano il governo. Loro pattugliano le strade, se vedono una ragazza o una donna non portare bene il velo, la arrestano e la portano nella loro stazione, dove fanno dei corsi su come vestirsi, come comportarsi. Anche alcuni studenti sono stati arrestati da questa polizia morale e portati nei Centri di correzione e istruzione. Arrestati per aver gridato a scuola qualche slogan contro il governo. È una cosa grave, tremenda, non si sa cosa fanno in questi centri di correzione e istruzione”. 

Qual è l’obiettivo di questa rivoluzione?

“Noi iraniani non vogliamo le riforme del governo, noi stiamo facendo la rivoluzione. Vogliamo che il governo vada via. Il portavoce del dipartimento Usa ha detto che la gente iraniana vuole le riforme. No, noi non vogliamo le riforme. Siamo arrivati al limite. Vogliamo che i governatori del mondo sentano la nostra voce e interrompano il loro rapporto politico con il governo iraniano. Anche in Italia facciamo tante proteste. Chiediamo che l’ambasciatore venga cacciato dall’Italia, proprio sabato scorso (12 novembre, ndr) abbiamo manifestato davanti l’ambasciata. Vogliamo azione, vogliamo vedere che i governatori del mondo siano con noi, non che vadano solo in Tv. Ma questi capi di stato stanno supportando il nostro governo perché noi abbiamo il petrolio, è una questione economica. Non vogliamo che l’odore del petrolio copra l’odore del sangue dei giovani uccisi”. 

E la tua famiglia? È ancora in Iran?

“Sì, ho ancora la mia famiglia lì. Li sento quotidianamente e mi tengono aggiornata su quello che succede in Iran. Loro sono scesi in piazza per protestare. Ho paura che il governo faccia ritorsioni contro la mia famiglia e ho paura anche per me qui. So che alcune persone che hanno fatto manifestazione in silenzio davanti l’ambasciata in Germania, sono state attaccate da alcuni individui. Sono molto preoccupata per la mia famiglia”.
 

immagine 2 iranLe donne iraniane in prima fila  a chiedere libertà e democrazia