Cronache

L’UE può legalizzare l’eutanasia? Presto avremo il diritto alla morte?

di Antonio Amorosi

Diritto alla vita e diritto alla morte. Un caso ungherese, portato all’attenzione della Corte europea dei diritti dell'uomo, ora potrebbe cambiare tutto

Bioetica: domani sarà un diritto morire? Ecco come si intervenì sul tema delle madri surrogate

In Ungheria l'eutanasia non è consentita “e non intendiamo legalizzarla”, ha annunciato qualche giorno fa il Ministero della Giustizia in risposta all'udienza del caso portato dall'avvocato costituzionalista Dániel Karsai davanti alla Corte europea dei diritti dell'uomo (CEDU). Tra lunedì e martedì scorsi sono stati ascoltate le istituzioni e il ricorrente che ha presentato istanza perché affetto da una malattia incurabile. Un tema molto delicato e di difficile soluzione che però fa tremare i polsi agli addetti ai lavori.

Il ministero ungherese ha citato l'articolo 2 della Costituzione nazionale e l'articolo 2 della Convenzione europea sui diritti dell'uomo che garantiscono il diritto alla vita: da nessuna parte è garantito il diritto alla morte. Dall’altro fronte il ricorrente ha sostenuto che le norme ungheresi siano discriminatorie e violino i diritti umani fondamentali.

Ma una decisione della Corte europea per i diritti dell'uomo pro eutanasia potrebbe aprire uno scenario non di facile gestione. L’effetto a valanga, anche al di là della volontà della Corte, in caso di un sì, potrebbe muovere da atto giuridico ad un riconoscimento UE della pratica e nei vari paesi dell’Unione. Dal 1988, con una riforma giuridica, anche i privati possano ricorrere alla CEDU, se ritengono che il diritto nazionale non li abbia tutelati.

La nomina dei giudici della Corte viene fatta in due fasi: la prima è finalizzata all'individuazione, da parte dello Stato membro, di una lista di tre candidati; la seconda è quella dell'elezione, da parte dell'APCE, l’Assemblea parlamentare del Consiglio d’Europa, del nuovo giudice nell'ambito della terna proposta. Quindi la politica e l’indirizzo culturale ed ideologico hanno un peso nella individuazione dei giudici nominati che devono comunque essere, come ogni altro giudice nazionale, indipendenti e imparziali.

Il tema eutanasia resta comunque delicato e presuppone un discorso sulla natura dell’essere umano, se visto come ente inviolabile oppure no, se la vita va intesa esclusivamente come piacere oppure se è accettabile il dolore, anche estremo, in quali forme e gradi e se il singolo possa e debba avere in ogni caso riconosciuta l’ultima parola in sede giuridica su temi simili, anche contro un’eventuale legislazione nazionale, sapendo che da ogni processo che si instaura nelle nostre società nasce un mercato conseguente e viceversa.

Di recente un articolo del quotidiano francese Le Figaro ha duramente criticato l’indirizzo culturale della CEDU, portando ad esempio gli effetti della giurisprudenza introdotta dalla Corte Europea sul tema maternità surrogata in Francia.

La surrogazione è una forma di procreazione assistita in cui una donna provvede alla gestazione per conto suo o di più persone del bambino che poi finirà ad altri. In Italia ha ricordato sul Corriere della Sera la costituzionalista Silvia Niccolai, “la surrogazione è vietata in forza del principio mater semper certa. Il nostro ordinamento dice il figlio è della donna che lo ha partorito. C’è un limite oltre il quale la legge, il contratto e la tecnologia devono fermarsi. La libertà della madre presidia l’intera libertà umana”.

Ma la crescente domanda di figli da parte di famiglie benestanti, coppie gay, Vip in Occidente ha fatto esplodere nei Paesi del terzo mondo, e non solo, il mercato delle madri surrogate, tendenzialmente povere che in cambio di pochi soldi offrono la gestione e il parto per conto terzi. Un giro d'affari da milioni di euro che ha anche poche remore sulla gestione dei bambini che nascono con problemi gravi.

Nel 2014 la CEDU, ricorda Le Figaro, si pronunciò in favore di alcuni francesi sposati che avevano utilizzato madri surrogate americane, riconoscendo la filiazione dei loro figli, attività ancora vietata in Francia. La Corte di Cassazione nazionale ne seguì l’indirizzo e considerò ammissibile la trascrizione degli atti di nascita purché questi fossero stati redatto all’estero, secondo le forme usate in quei Paesi; il tutto mentre la surrogazione era ancora vietata in Francia (va comunque precisato che la CEDU, non obbliga gli Stati a riconoscere ab origine il legame di filiazione tra il bambino nato da maternità surrogata e la “madre d’intenzione”).