Cronache

La Quercia e la rottamazione? Ecco come sono nate davvero

"La Quercia? La consigliai io a Veltroni. E da lì cominciò la rottamazione che ha portato a Renzi". Una lettera inedita di Francesco Martelloni, pubblicata da Left Avvenimenti in un articolo di Stefano Santachiara, svela le origini della svolta che cambiò per sempre la sinistra italiana.

Si scopre così che l’idea della Quercia non fu dello staff di Veltroni, come da sempre sostenuto dal segretario Achille Occhetto, ma dello storico Francesco Martelloni, esponente del Pci (area berlingueriana) della sezione Gramsci di Lecce. Nella missiva, Martelloni suggerisce a Veltroni la necessità di "una trasformazione senza strappi alle radici, cambiando il nome in Partito Comunista Libertario e inserendo un nuovo simbolo: l’albero della libertà della rivoluzione francese, nonché della Repubblica partenopea e di quelle giacobine del ’99". Tra l'altro, come si legge nel pezzo di Left, "Occhetto, presentando il nuovo simbolo, adoperò un’espressione simile: ”L’albero della libertà accompagnò la rivoluzione francese e fu piantato ovunque, in tutte le piazze dei paesi d’Europa”.

"I passi salienti della lettera di Martelloni", si legge ancora, delineavano “la rottura con ogni cultura autoritaria e violenta” e “il recupero dell’ispirazione originaria dell’equivalenza tra comunismo e libertà”; la soppressione di falce e martello giacchè “oggi troppo angustamente rappresentativi di sole figure economico-sociali e professionali del proto-capitalismo” ma conservando “l’insopprimibile” bandiera rossa.

Ma, come scrive Santachiara, tutto cambiò: ”Malgrado Enrico Berlinguer avesse chiarito l’esaurimento della spinta propulsiva dell’Urss, Occhetto e il gruppo dirigente optarono per il cupio dissolvi del più grande e democratico partito comunista d’Occidente, sotterrandolo ai piedi della Quercia. Come se avessero dovuto pagare per prassi altrui – le dittature dell’Est e il craxismo – rifiutarono di inserire il termine socialista o laburista, come chiesto dai miglioristi di Giorgio Napolitano, e di accogliere le analisi di Pietro Ingrao contro la rinuncia esplicita alla lotta anticapitalista. Massimo D’Alema non ha mai fatto mistero delle perplessità sulla modalità del passaggio, senza però dispiegare un pensiero critico organico. Achille Occhetto ancora nel 2013 (da ‘I panni sporchi della Sinistra’) identificava gli scopi della svolta nei concetti di “questione morale”, “apertura alla società civile” e “contaminazione con le migliori forze liberal democratiche e cattoliche progressiste”. Ora, intervistato dall’agenzia Dire nel giorno dei funerali di Ingrao, il creatore del Pds compie una parziale autocritica: ”non ho capito in tempo i rischi degenerativi che ci potevano essere nella svolta”; sottolineando poi: “se Ingrao l’avesse appoggiata ci avrebbe probabilmente aiutato a farla meglio e più a sinistra”. Dopo la sconfitta contro Berlusconi nel 1994, si è consumata l’involuzione antropologica che lega significante e significato. Il Pds post occhettiano cancellò prima la denominazione di partito (Ds) e poi di sinistra (Pd) mentre i governi dell’Ulivo, aderendo ai dogmi della Terza via di Clinton, Blair e Schröder, praticavano la svalutazione del lavoro e del ruolo del pubblico”. L’analisi di Left Avvenimenti è chiara:” Veltroni fu il più esplicito nell’abiura (“si poteva stare nel Pci senza essere comunisti”) e in nome del modello Democrat preparò il terreno per la fusione con la Margherita nel partito liquido.

Dopo di che è arrivato lui, il premier, Matteo Renzi, come scrive Left. Il Pd di Matteo Renzi, come ha ricordato Luciana Castellina sul Manifesto, ha chiuso il cerchio dell’americanizzazione: “partito personalizzato e ridotto a comitato elettorale”, “scarsa partecipazione e forte astensionismo”. Renzi è quindi la prosecuzione del veltronismo con altri mezzi, vale a dire il nuovismo anagrafico dissimulante l’origine democristiana e il gotha della finanza che l’ha sostenuto nella scalata a partito e Palazzo Chigi. Le affinità sono emerse in specie sui temi del lavoro, dall’appoggio a Sergio Marchionne sui contratti aziendali alla critica ai “santuari del no” come l’articolo 18. In modo più efficace di Renzi, l’ex compagno Walter ha appiattito la figura di Berlinguer alla questione morale, dimenticandosi della lotta del segretario del Pci contro l’ingiustizia sociale”.

Veltroni non rispose mai a Martelloni e la sinistra cambiò per sempre: "Un quarto di secolo fa, credevo fosse ancora utile in Italia un partito comunista rinnovato, democratico, libertario e “liberale”. Invece già la svolta della Bolognina, senza definiti e solidi confini politico-culturali, segnava l’avvio della deriva neoliberista e “americaneggiante”. L’ultima segreteria seria fu quella del nobile Natta. Poi sono cominciate le chiacchiere, le capriole e le stranezze finalizzate a quella prima, grave, rottamazione”.