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Monza, tumore alla vescica per un 43enne, ma due ospedali lo rimandano a casa

Di Redazione Cronache

L'uomo di 43 anni, osservando sangue nelle urine, si era recato al Pronto soccorso prima dell'ospedale San Gerardo e poi al Policlinico, senza risultato

Monza, 43enne dimesso due volte dal Pronto soccorso scopre di avere un tumore alla vescica

Quando si parla di malasanità spesso si fa riferimento a gravi errori di medici nelle diagnosi, a interventi chirurgici dalle conseguenze peggiori. In realtà in Italia esiste un fenomeno sommerso che fa da contraltare all'eccellenza di molti ospedali, e che si traduce in pericolosi ritardi o, peggio ancora, nella superficialità della presa in carico di un paziente. È quello che è successo agli inizi di aprile a una coppia di Monza, in particolare ad un uomo di soli 43 anni che, dopo due accessi senza esito a due differenti pronto soccorso, recandosi da uno specialista privato ha scoperto di avere un tumore alla vescica.
“Merito” dell’insistenza della moglie di lui, con un background medico importante e due tumori al seno alle spalle.

L’1 aprile il 43enne, osservando la presenza di sangue nelle urine – non era il primo episodio - si è recato al Pronto soccorso dell’ospedale San Gerardo di Monza; qui, però, gli è stata prescritta solo una visita urologica da compiersi nelle successive 72 ore, ed è stato dimesso in codice verde. Non convinti della situazione, e continuando a notare sangue nelle urine, marito e moglie si sono dunque recati a un altro Pronto soccorso, quello del Policlinico nella stessa città. Anche qui, però, nonostante venga eseguita un’ecografia all’apparato urinario, non viene evidenziato alcunchè, e l’uomo viene dimesso con codice bianco, qualche consiglio medico e la prescrizione di un controllo nei successivi 30-60 giorni.

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“Sentivo che qualcosa non tornava, ero allarmata – racconta la moglie – Così ho insistito per accompagnarlo in una struttura privata”. Qui, dopo un’altra ecografia, la scoperta: sospetta neoplasia (massa tumorale) alla vescica di quasi 3 cm, con richiesta di effettuare urgentemente una biopsia.

“Siamo scioccati – spiega ancora la donna – Se non avessimo insistito per un controllo ulteriore chissà quanto tempo sarebbe passato prima di scoprirlo. Oltretutto ora siamo al punto di partenza, perché all’ospedale San Gerardo la biopsia la puoi fare solo se un medico interno la prescrive”. Tempo, denaro, lentezza. Tutti fattori che, però, non scoraggiano la coppia dall’affidarsi nuovamente alla struttura: “Io sono stata curata eccellentemente nel reparto di oncologia. Ma non posso non evidenziare che ci sono delle mancanze nella sanità pubblica, che rischiano di essere pagate a caro prezzo”.

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