Cronache
Papa Francesco: "Al Diavolo piacciono le élite"
Papa Francesco si scopre peronista
Oggi esce un libro di Papa Francesco dal titolo “Ave Maria” (Rizzoli/LEV). Un libro che si preannuncia foriero di nuove polemiche a causa delle affermazioni che vi sono contenute, che presteranno sicuramente il fianco alle critiche teologiche dei conservatori nella Curia romana e fuori.
Maria è descritta nel libro come una “ragazza normale”, una “ragazza di oggi”. “Maria è la normalità…niente cose strane…anche in quella cornice della verginità”.
Parole che suonano, ancora una volta, distorte ed adattate a quello che si vuole dimostrare. Maria non pare proprio una donna, anzi una ragazza, “normale”, come vuole fare intendere il Papa. Come è possibile considerarsi normale se le appare un Angelo che le dice di essere incinta dello Spirito Santo pur non avendo avuto rapporti sessuali?
L’intento del Pontefice è chiaro. Vuole banalizzare Maria riconducendola alla immagine della donna di tutti i giorni, anzi farne un archetipo della donna moderna, che deve vedersela con la famiglia, fare la spesa (dice proprio così) e tutte le incombenze collegate. Ci manca solo che il Papa ci dica che Maria andava in una palestra vicino al lago di Tiberiade e la banalizzazione sarebbe completa e così il sottile processo di desacralizzazione messo scientemente in atto.
Continua dunque l’attacco dottrinale alla dimensione teologica e simbolica delle figure chiave della Chiesa cattolica. Attaccando i simboli il Papa distrugge il senso del sacro e lo riduce al quotidiano, fino a farlo coincidere ad una mera prassi psicologica o psicanalitica della quotidianità.
Sappiamo che il Papa è stato, in Argentina, in cura presso una psicologa, un fatto di per sé ulteriormente destabilizzante per chi crede e considera il Primate di Roma come il vicario di Dio.
Ma torniamo al libro e alla descrizione mariana.
Continua Francesco accostando Maria alle donne di Plaza de Mayo, ipotesi temeraria e non suffragata, peraltro, da riferimenti storici, non dando risposte alle tante polemiche che sorsero a suo tempo, quando era Vescovo di Buenos Aires, e poi Papa appena eletto. “Dov’era la Chiesa in quel momento, perché non ci ha difeso?”, dicono le madri. Il Papa, racconta lui stesso, tace, come fa, del resto, con il dossier di Viganò.
E poi passa al ricordo di Papa Giovanni Paolo che in un famoso discorso chiamò Dio “ madre” riferendosi forse al profeta Isaia o a qualche eresia del primo secolo d.C., discorso che richiamò anche a allora critiche miste a disorientamento dottrinale.
Ma la sorprese teologiche non sono finite. Il Diavolo -dice il Papa- sorregge le élite e questa è del tutto nuova per due motivi. Il primo è che un diavolo Bilderberg non si era ancora sentito pur nel variegato panorama del nuovismo imperante e poi perché la lotta alle élite, fino ad esso, era terreno delle destre mondiali populiste, che sembravano non riscuotere il plauso vaticano.
E qui il Papa fa un lungo elogio del “popolo”. “È anormale non avere collegamenti con un popolo, in senso storico”. “In quelle condizioni nasce un peccato che piace tanto a Satana. Il nostro nemico, il peccato dell’élite. L’élite non sa cosa significa stare con il popolo”. ”E’ anormale non avere radici in un popolo” e quando non c’è questo collegamento con il popolo “in quelle condizioni nasce un peccato che piace tanto a Satana, il nostro nemico”.
Francesco rispolvera quindi tutto il suo peronismo argentino, peronismo ambiguo e pericoloso per una Chiesa confusa, che sperimenta quotidianamente una perdita di valori e una profonda crisi dottrinaria, travolta quasi quotidianamente dagli scandali sessuali e finanziari. Anche Papa Paolo VI parlava dei “fumi di Satana” che si aggiravano nel Vaticano, ma mai un Pontefice aveva fatto diventare Lucifero un esponente del turbocapitalismo mondiale concludendo con “al Diavolo piacciono le élite” e noi eravamo rimasti al fatto che vestisse Prada…