Poveri, reddito di inclusione Non funziona. Un'enorme presa per il c...
Reddito di inclusione. Perché non funziona ed è una presa in giro. La storia di una mamma che ha provato a fare domanda sentendosi rispondere che...
“Vogliono che ci diamo al crimine? Oppure l'alternativa è solo quella di lavorare in nero. E' tutta una enorme e schifosa buffonata”, spiega Isabella Carli di Bologna, madre sola con un bambino piccolo che ha fatto domanda per il reddito di inclusione.
L'Italia, dicono i dati di Eurostat, è il Paese che conta in valori assoluti più poveri in Europa, 10,5 milioni secondo i rilievi del 2016. Sono coloro che non riescono a permettersi un pasto proteico ogni due giorni, abiti decorosi, due paia di scarpe, una settimana di vacanze all'anno e una connessione a internet. Dati sommariamente confermati anche dall'Istat. Quelli in povertà assoluta invece, che cioè sono anche sotto questa soglia, sono 4,8 milioni.
Ma c'è il reddito di inclusione (detto anche Rei) del governo italiano, cavallo di battaglia del Pd di Paolo Gentiloni e Matteo Renzi, che dovrebbe contrastare il fenomeno e di conseguenza l'avanzata di chi non trova lavoro e casomai va poi ad ingrossare il voto ai “populisti”, impersonati dal Movimento 5 Stelle di Luigi Di Maio e dalla Lega di Matteo Salvini.
Per ricevere il reddito di inclusione basta avere “un valore Isee in corso di validità non superiore a 6000 euro annui”.
Non è semplice parlare con chi fa domanda. La povertà o le difficoltà al reinserimento nel mondo del lavoro non sono certo valori da sbandierare nella nostra società. Ma proviamo a seguire gli step che deve affrontare una persona che fa domanda, in una città ricca del nord e che dovrebbe avere strutture sociali e servizi funzionanti. Un piccolo viaggio limitato ma rappresentativo di come la realtà sia più complessa di un annuncio. Anche perché due giorni fa, il 28 marzo, l'Osservatorio statistico sul reddito di inclusione con l'Inps e il Ministero del Lavoro hanno dichiarato che il reddito di inclusione ha raggiunto 316.693 persone (in 110 mila famiglie), facendo dire a Gentiloni che “il Rei funziona” e che il suo Governo ha finalmente fornito “sostegni a persone in carne e ossa”. Si stima che a regime il Rei raggiungerà 1,8 milioni di persone in povertà assoluta su 4,8 milioni stimati. Da qui le parole di Tito Boeri, presidente dell'Inps: “Raggiunta la metà della platea potenziale”. L'importo medio mensile a persona è di 297 euro e varia da regione a regione. Si passa da un minimo di 225 euro per la Valle d'Aosta fino ai 328 per la Campania. Ben poca cosa. Tutti poi sappiamo quanto sia difficile nel nostro Paese mettersi in proprio, aprire un'impresa (cosa che prevede dei capitali di partenza) e anche quando ci si riesca, spiega la Cgia di Mestre (Associazione Artigiani Piccole Imprese) la tassazione può raggiungere anche il 70% (l’imponibile fino al 49% in caso di impresa individuale e fino al 70% ad un libero professionista rispetto al reddito effettivo). Un circolo chiuso, anzi avvitato su se stesso.
Isabella Carli di Bologna è una donna laureata di 47 anni, tanti lavori da impiegata e da venditrice alle spalle, con la voglia di rilanciarsi dopo una maternità che l'ha tenuta lontana dal mondo del lavoro, ha avuto un bimbo che ha cresciuto da sola con l'aiuto della nonna, pensionata che le ha dato in comodato d'uso un'abitazione. Riceve dal padre del bimbo, come assegno di mantenimento, 350 euro mensili, 4373 euro annui. Così a gennaio fa domanda del reddito di inclusione. “In realtà non ero interessata a quello ma a reinserirmi nel mondo del lavoro. Ho dato la disponibilità ad una quantità tale di lavori possibili che mi viene il mal di testa a ripeterli. Ho anche studiato 20 anni. Ed avevo tutti i parametri economici”, racconta ad Affaritaliani. “Ci stavo dietro da un anno, colloqui, Isee, altre carte, altri colloqui, tutto fila liscio fino a un mese fa: 'Ma si signora guardi le dovranno trovare un lavoro in linea con la sua esperienza lavorativa, le sue competenze, la sua Laurea e area di interesse', questo prima dell'Inverno e poi ancora a gennaio, 'non si aspetti più di 500 euro al mese per un pò'. Per me andava più che bene, l'importante era ricominciare a lavorare, perché il lavoro non è solo necessario per vivere, ma perché ho bisogno di rapportarmi con persone al di sopra dei 6 anni di età per un po' di ore al giorno.”
E invece. “Ieri dopo un ping pong di colloqui rimandati mi rimpallano dal quartiere Porto a S. Stefano, da una assistente sociale ad un'altra, entrambe impossibilitate nella pratica a trovarmi un cavolo di lavoro, perché il funzionario dell'Inps se l'è data a gambe (o l'hanno richiamato a Roma). Ebbene ieri dopo tutta 'sta trafila mi sento dire non solo che non ho diritto a nulla, nemmeno un centesimo, pur percependo meno di 6000 euro l'anno, e ci manca poco che debba io dei soldi all'Inps ma non mi trovano nemmeno un lavoro, perché il mio profilo è troppo alto, perché lo Stato non prende in considerazione chi ha una Laurea e magari anche dell'esperienza alle spalle, perché nessuno si è attivato per creare lavoro socialmente utile. In più non mi hanno dato spiegazioni sul perché. Non sanno nulla. Sono solo un numero. Di cosa dovrei vivere? In pratica è tutta una enorme e schifosa buffonata. Una presa per il culo”, spiega.
Zero possibilità. Tanto tempo perso. E la catena dell'assistenza che ti manda da un ufficio all'altro quasi che, viste le cifre erogate, il servizio serva più a chi lo gestisce che a chi lo riceve. Poi dicono che molti neanche provano a cercare un'occupazione. Sono circa 2 milioni gli italiani che hanno smesso di cercarlo.
“Avrei visto 180 euro se avessi avuto un affitto da pagare, ma con un affitto da pagare come potrei sopravvivere con 4300 euro all'anno e un bambino? Vogliono che ci diamo al crimine?
Non che devo fare? Forse vogliono che lavoriamo in nero. Ho una folla di amici disoccupati e senza entrate e nessuno ha il reddito di inclusione. Nessuno ha mai avuto il lavoro da un agenzia del lavoro (i vecchi uffici di collocamento, ndr)”. Isabella si sfoga su Facebook con un lungo post.
“La verità è che se la sono studiata bene in modo che non funzionasse affatto. Il lavoro nel sociale ci sarebbe ma nessuno ha interesse a crearlo, rimane tutto in mano alle cooperative, mi congratulo col Comune di Bologna che non ha fatto assolutamente nulla per agevolare il progetto, e non mi venite a raccontare che tra strade piene di buche, scuole da sistemare, mancanza di insegnanti di sostegno, verde pubblico da curare, immobili comunali da recuperare, é mille altre problematiche non ci sia la possibilità di creare lavoro!!!”
Il reddito di inclusione sembra tanto un sistema della carità dato a chi non si capisce di cosa viva. E che neanche chi è nella povertà riesce spesso a procacciarsi.