Cronache

Profughi afghani Napoli, arrivati in 87: tra loro molte donne e bambini

Afghanistan, con Padre Scalese rientrano in Italia anche 5 suore

Palloncini colorati ai bambini. Con loro anche molte donne. Sono 87 i profughi afghani arrivati nella notte a Napoli, accolti dall' Asl Napoli 1 Centro e dai volontari della protezione civile della Regione Campania al Covid Residence dell'Ospedale del Mare. In fuga dai talebani sono arrivati nel capoluogo intorno alle 5 del mattino, nel pieno della tempesta di grandine che stava in quelle ore interessando la città. I bambini sarebbero almeno dieci. Arrivati stanchi e provati dal lungo viaggio da Kabul all'aeroporto di Fiumicino nel Lazio, e poi da lì in Campania, nella struttura di Ponticelli faranno la quarantena, come da regolamento covid. Successivamente saranno smistati in centri di accoglienza della rete Sai sul territorio.

La Curia di Napoli intanto ha dato la propria disponibilità per l'accoglienza dei profughi. "La Chiesa di Napoli - ha dichiarato l'arcivescovo di Napoli, don Mimmo Battaglia – è pronta ad accogliere parte dei profughi che arrivano in Italia dall’Afghanistan. Sono rimasto particolarmente colpito dal dramma che stanno vivendo donne, bambini ed interi nuclei familiari che, per difendere i legittimi diritti alla libertà, alla vita ed al futuro, sono costretti a lasciare la propria terra ed i propri affetti, per cui ho provveduto a dare opportune indicazioni al direttore della Caritas Diocesana, don Enzo Cozzolino, perché si procedesse ad una rapida ricognizione delle varie disponibilità di accoglienza nelle diverse Comunità, tenendo i necessari contatti con Caritas Italiana e con le varie Istituzioni”.

E' rientrato in Italia anche Padre Giovanni Scalese, con 5 suore. Padre Scalese era rimasto a Kabul dopo la presa talebana della capitale. Romano di nascita, già parroco di San Paolo Maggiore a Bologna, era l’unico prete cattolico presente in Afghanistan, sotto la protezione dell’ambasciata italiana. L’instaurazione di un regime islamico estremista, temono i padri barnabiti, potrebbe significare l’interruzione di quella missione cattolica che proprio nel 2021 ha compiuto un secolo di vita e che è servita a mantenere sul territorio "la presenza dell'Eucarestia".