Cronache
Sacerdote dell’ex diocesi di Papa Francesco diventa anglicano e si sposa
Sacerdoti sposati, Fabrizio Pesce, sacerdote dell’ex diocesi di Papa Francesco, diventa anglicano e si sposa
La notizia pubblicata da coratolive.it riguarda padre Fabrizio Pesce. Per il movimento internazionale dei sacerdoti lavoratori sposati “ora il Papa consenta a noi preti sposati cattolici di rientrare in servizio” (ndr).
Felice per vocazione. Così può definirsi l’esistenza di padre Fabrizio Pesce, il primo (e unico, almeno per il momento) sacerdote anglicano coratino. Una storia molto particolare la sua, che profuma di coraggio e verità, che collega la nostra città con l’Argentina di Papa Francesco prima e con Londra poi. Una storia fatta anche di momenti difficili e di scelte sofferte: quella, per esempio, di abbandonare il suo ministero e la congregazione Scalabriniana all’interno della quale aveva consacrato la sua vita a Dio.
I primi anni da sacerdote
Nel febbraio del 2003 don Fabrizio è stato ordinato secondo il Ministero della Chiesa Cattolica, nella chiesa Sacra Famiglia. «Ero un adolescente quando con la mia famiglia ci siamo trasferiti a Corato per questioni di lavoro – racconta – Nella parrocchia di via Manerba ho trascorso diversi anni, all’epoca c’era don Gino De Palma. Tutt’ora vado lì a messa quando sono a Corato per stare con i miei parenti torno tutte le volte che posso, vengo con mia moglie e i miei figli.
Ho conosciuto la congregazione e ho deciso di entrare in seminario, a Manfredonia. Dopo l’ordinazione sono partito per la missione in Argentina. Sono rimasto nelle favelas fino al 2010, sono stato parroco della comunità italiana. Il mio vescovo era Papa Francesco, è venuto da me in parrocchia tante volte. Prendeva i mezzi pubblici e ci raggiungeva per celebrare la messa: posso dare testimonianza della semplicità e dell’umiltà che spesso gli riconoscono».
La crisi
«In missione ho vissuto un periodo di grande solitudine – confessa don Fabrizio – Ero stanco, non riuscivo più ad andare avanti. Non mi sentivo capito e nemmeno aiutato. Nel 2010 ho compiuto una scelta drammatica, ho lasciato il sacerdozio».
La seconda “chiamata”
Dopo aver insegnato in una università di Madrid per circa un anno, don Fabrizio si innamora di una ragazza italiana, Valeria, e nel 2011 la raggiunge a Londra. «Ho dovuto cominciare tutto da zero. Ho iniziato a cercare lavoro leggendo gli annunci sul giornale. A poco a poco sono riuscito a inserirmi bene, anche grazie alle altre lingue che conoscevo.
Quando io e Valeria andammo a vivere insieme venne a presentarsi un signore che vive al piano superiore del nostro palazzo, qui si usa così. Parlando del più e del meno ci ha detto “se qualche volta mi vedete scendere vestito in modo strano non preoccupatevi, sono un sacerdote anglicano”. Non nascondo che rimasi interdetto, mi sembrò un segno. Dopo alcuni giorni andai a trovarlo e gli raccontai la mia storia. L’accoglienza che lui e la sua comunità mi riservarono fu fantastica. Da quel momento ebbi bisogno di capire se quella era davvero una seconda chiamata». Dopo un periodo di studio della dottrina e della teologia, don Fabrizio ha fatto la sua scelta: diventare un sacerdote anglicano. «A quarant’anni sono tornato tra i banchi dell’università e devo dire che è stato divertente vivere la realtà di Oxford. Il sistema delle biblioteche è davvero entusiasmante, come i luoghi del resto».
L’approccio con la Religione
«Molti aspetti legati alla fede sono assai simili al cattolicesimo ma c’è una grande differenza: il matrimonio non è un ostacolo per l’ordinazione sacerdotale. E poi la Chiesa Anglicana sa essere inclusiva davvero, per esempio non vede l’omosessualità come una malattia. Le donne hanno un ruolo fondamentale, anche nella vita sacramentale: su di loro si scrivono pochi documenti ma si realizzano tanti gesti concreti. I laici hanno una funzione di grande rilievo: il consiglio pastorale ha potere decisionale, se l’idea del parroco non piace non si realizza. Ci trovo poca gerarchia, molta democrazia, anche nella scelte delle opere di bene per cui impegnarsi. Tutto è fatto in assoluta trasparenza, basta guardare il sito web per trovare ogni dettaglio, anche relativo alle singole spese o allo stipendio del sacerdote».
Anche il concetto dell’obbedienza assume un significato molto particolare. «Il sacerdote viene “assegnato” ad una comunità sono dopo che la stessa lo ha giudicato idoneo, non prima. Non è il vescovo che lo impone».
Il matrimonio celebrato in Puglia
La Chiesa Anglicana prevede che il sacerdote possa sposarsi o prima o dopo l’ordinazione, tranne nei casi di ex sacerdoti cattolici. E così è stato per don Fabrizio e Valeria che hanno vissuto le loro nozze e contemporaneamente il battesimo Massimiliano (il loro primo bimbo). «È stato bellissimo: indovinate chi l’ha celebrato? Ovviamente il nostro amico “del piano di sopra”. E durante la celebrazione ha cantato il coro del maestro Luigi Leo, come era stato nel 2003 per la mia ordinazione».
Cosa vuol dire essere sacerdote avendo a casa moglie e figli?
La risposta non lascia spazio a dubbi: «significa sapere esattamente di cosa si parla quando le mamme e i papà parlano delle loro vite. Se anche i preti cattolici potessero sposarsi cambierebbero tante cose: in fondo non c’è un fondamento teologico nel celibato dei sacerdoti. Dire che “il matrimonio toglie tempo al sacerdozio” per me è non è corretto. Rispetto a prima riesco a dare molto di più ora che ho mia moglie accanto. La mia famiglia non toglie nulla al ministero, anzi: gli dà un valore aggiunto. Mi ha restituito una parte importante di me stesso: la componente umana, affettiva e psicologica. Ha colmato la solitudine che vivevo.
Un discorso a parte meritano le comunità religiose, i conventi per esempio: lì credo si possa vivere un concetto diverso di famiglia che, a suo modo, completa le esistenze individuali e sostiene nei momenti di difficoltà».
Londra resta una bella sfida
«Bellissima – afferma padre Fabrizio – Offre tantissimo, questo è il suo vantaggio/limite. Capita anche, all’improvviso, di vedere tra i banchi di Saint Michael e Saint Peter qualche volto noto raccolto in preghiera. Per riuscire a portare le persone in chiesa bisogna riuscire a dare un senso profondo a tutto, fede e comunità fanno la differenza». Lì, come qui da noi.