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Cronache
Stretti in "abbracci mortali" dalla madre. Il doppio infanticidio di Bergamo
Monia Bortolotti

Bergamo, le accuse alla madre e la bara danneggiata della piccola Alice

La vicenda della madre accusata di aver ucciso i suoi due figli neonati "perché piangevano troppo", continua a tenere banco ed emergono nuovi dettagli in seguito all'arresto della donna, la 27enne Monia Bortolotti della provincia di Bergamo. I due infanticidi sono avvenuti a distanza di un anno. La prima, Alice, il 15 novembre del 2021, quando la piccola aveva soltanto quattro mesi, e il secondogenito, Mattia, il 25 ottobre del 2022, quando il bimbo aveva due mesi. La donna dopo il loro decesso parlava così sui social: "I miei bimbi erano tenuti come gioielli, erano perfetti, erano la gioia che cercavo da una vita”. È evidente che ho sbagliato io tutto in tutto". Nelle 200 pagine dell’ordinanza di custodia cautelare firmata dal Gip si descrive la donna come lucida. E in quei post stava ponendo le basi per una difesa. Dopo il primo ricovero di Mattia - si legge su La Stampa - l’esperto aveva escluso che Monia Bortolotti fosse affetta da qualche patologia psichica. Anche le indagini dei carabinieri di Bergamo lo confermano.

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Ma proprio a causa dello stress che lo psichiatra avrebbe consigliato di evitare di lasciarla da sola col bambino. Così il compagno, Cristian, e il padre adottivo della 27enne con la sua compagna, facevano i turni per starle sempre accanto. È capitato neanche una settimana dopo le dimissioni dall’ospedale e il ritorno a casa di Monia. L’unica volta in cui era rimasta sola con Mattia erano le 9 del mattino del 25 ottobre 2022. Ovvero il giorno in cui il piccolo è morto. Secondo l’accusa in quanto stretto in un "abbraccio letale" dalla madre. La procura di Bergamo ha fatto riesumare la salma di Alice, che si trovava nel cimitero di Pedrengo. Proprio per cercare le tracce del soffocamento anche nell’altra bambina.

Ma un pregresso danneggiamento della bara non ha consentito la conservazione del cadavere. Per questo l’esame successivo non aveva restituito risultati utilizzabili. A quel punto l’indagine è continuata attraverso gli interrogatori di medici, parenti e amici della donna. Sempre alla ricerca di indizi per dimostrare che l’azione della madre era stata volontaria e non un incidente.

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