Cronache
"Toccare le parti intime non è violenza". Lo pensa un giovane su cinque
I dati dell'indagine condotta da Ipsos per Actionaid rilevano anche come 4 su 5 credano che una ragazza possa sottrarsi a una violenza "se davvero lo vuole"
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Gli adolescenti italiani sono concordi su chi commette atti di violenza nel nostro Paese: i ragazzi maschi, soprattutto se in gruppo, e gli uomini adulti. Non c'è un dato plebiscitario su quali comportamenti siano violenti e quali no, e sembra esistere un gap di percezione rispetto a dove si annida la violenza e le conseguenze che ne derivano. In un'estate che è stata caratterizzata da un particolare susseguirsi di episodi di abusi e aggressività che hanno coinvolto adolescenti, con un ingrediente spesso presente, cioè l'amplificazione dell'impatto di queste violenze sui social, la ricerca - realizzata attraverso i fondi 8x1000 dell’Istituto Buddista Italiano Soka Gakkai - ha indagato le opinioni degli adolescenti al riguardo, come reagiscono e si difendono dalla violenza e quanto influiscono stereotipi di genere e pregiudizi sul loro vissuto.
Pregiudizi che talvolta non risparmiano chi ha orientamenti sessuali differenti dai propri. Identificarsi come persone binarie/fluide/trans? Per quasi 1 under 20 su 3 tanti di coloro che lo fanno stanno "solo seguendo una moda del momento". Perché si diventa oggetto di violenza? In risposta a questa domanda al primo posto vengono indicate le caratteristiche fisiche (50%), poi l’orientamento sessuale (40%) e l’appartenenza di genere (36%). Il primo danno indicato dal 27% degli intervistati, senza distinzione di genere, è il malessere psicologico, al secondo posto isolamento e depressione (21%) e al terzo posto disagio e vergogna (18%).
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Un altro dato significativo è che "non sempre i ragazzi e le ragazze che subiscono una qualche forma di violenza poi la denunciano", evidenziano gli autori. Il motivo principale è la vergogna nel raccontarlo al mondo adulto, seguita dalla paura a dirlo e l'inutilità della denuncia, il timore di ulteriori minacce da parte dell’aggressore. Nella fascia di età 17-19 anni si registra la più alta frequenza di atti violenti subiti, che può derivare - interpretano gli autori - da una maggior consapevolezza di quanto viene vissuto.