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Cronache
Torino, il killer di Stefano: "Ero triste, volevo uccidere qualcuno felice"

"Volevo ammazzare un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse che aveva, dei figli, toglierlo ai suoi amici e parenti". E' questo il movente, secondo quanto lui stesso ha dichiarato a verbale, che avrebbe spinto il 27 enne italiano ma di origine marocchina a uccidere lo scorso 23 febbraio Stefano Leo ai Murazzi del Po. A riferire il movente, il procuratore capo vicario, Paolo Borgna che lo ha definito "un movente sconvolgentemente banale". "Stando a quanto lui stesso ci ha raccontato a verbale - ha sottolinea Borgna - nella sostanza ci ha detto che ha deciso di uccidere questo ragazzo perché si presentava con aria felice e lui non sopportava la sua felicità".

TORINO: OMICIDIO MURAZZI, INVESTIGATORI 'HA COMPRATO COLTELLO PERCHE' VOLEVA UCCIDERE' 



Il 27 enne cittadino italiano di origine marocchina, fermato perché ritenuto responsabile dell'omicidio di Stefano Leo, ucciso ai Murazzi del Po il 23 febbraio scorso, ha comprato il coltello con cui ha sgozzato la vittima la  stessa mattina dell'omicidio perché quel giorno voleva uccidere qualcuno. A raccontarlo il comandante provinciale dei carabinieri Francesco Rizzo nella conferenza stampa in cui ha spiegato che in queste settimane sono stati acquisiti 380 filmati attraverso i quali sono stati ricostruiti  gli spostamenti del giovane di quel giorno, dal suo arrivo in piazza Vittorio intorno alle 9.30, la discesa ai Murazzi, fino a quando è fuggito in bus dopo l'aggressione.  "Le indagini proseguono, stiamo documentando la sua vita per escludere che sia mai venuto in contatto con la vittima", ha sottolineato Rizzo che ha aggiunto: "il giovane era tornato a gennaio a Torino dopo un periodo trascorso in Spagna, a Ibiza, e in Marocco, dove si era recato dopo aver perso il lavoro. Poi - ha proseguito Rizzo - è tornato nel capoluogo piemontese senza lavoro e senza casa e dormiva nel dormitorio di piazza D'Armi e mangiava nei punti di ristoro assistenziali".

"Quella stessa mattina ha comprato un set di coltelli di cui si e' sbarazzato tenendone con se' uno solo - ha raccontato ancora Rizzo - e poi, dopo l'omicidio lo ha conservato, a differenza della felpa sporca di sangue di cui si e' liberato subito, perché ha detto che forse l'avrebbe di nuovo utilizzato". "La paura di poter uccidere ancora l'ha portato a costituirsi. Ha detto che non sapeva se  suicidarsi o compiere altri fatti di sangue", ha concluso Rizzo. L'uomo, nato in Marocco era giunto in Italia a sei anni ed era stato seguito dagli assistenti sociali nel 2015, dopo la separazione dalla moglie italiana da cui aveva avuto un figlio. Da due non utilizzava un telefono cellulare. 

Ucciso in riva al Po: confessa un giovane di origini marocchine 

"Mi sentivo braccato dai carabinieri. Non volevo commettere altri guai". Said Machaouat, il 27enne di origini marocchine fermato nella notte, ha spiegato cosi' perche' ha deciso di confessare il delitto di Stefano Leo, il torinese di 34 anni sgozzato in riva al Po la mattina del 23 febbraio scorso.

L'arma del delitto, un coltello da cucina nascosto in una cassetta dell'Enel e fatto ritrovare dal fermato, sara' inviata ai Ris di Parma per ulteriori accertamenti tecnici.

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