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Tutti gli errori nell'inchiesta sul delitto di Chiara Poggi a Garlasco
Dietro uno dei casi più complessi della storia della cronaca italiana anche una gestione delle indagini piena di sbagli. Questi i più rilevanti

Interrogatori, fermi, sequestri, sopralluoghi, scena del crimine. Cosa non ha funzionato a Garlasco
L'omicidio di Chiara Poggi avvenuto a Garlasco il 13 agosto 2007 è da sempre uno dei casi di cronaca più intricati degli ultimi anni al punto che sono in molti i convinti dell'innocenza di Alberto Stasi, l'allora fidanzato della vittima, condannato al termine di una vicenda processuale a dir poco intricata e piena di dubbi. Dubbi legati purtroppo anche ad alcuni errori fatti soprattutto nelle prime fasi dell'inchiesta che, quantomeno, hanno reso più complicata del dovuto, la scoperta della verità
La scena del crimine
La villetta di casa Poggi, teatro dell'omicidio, è diventata ben presto la scena del crimine. Regola vorrebbe che in quanto tale debba essere gestita in maniera molto cauta: poche persone e preparate. A Garlasco non andò così. Il fatto che l'omicidio avvenne a poche ore dal ferragosto, periodo in cui anche nelle caserme dei carabinieri si viaggia ad organico ridotto, non ha aiutato. Così nella casa dove venne trovato il copro di Chiara entrarono diversi militari e, purtroppo con scarsa preparazione. Uno di loro, ad esempio, si sentì male dentro allo stabile arrivando a vomitare (inquinando così una zona della scena del crimine).
Non solo. Un altro scivolò su una delle principali macchie di sangue al piano terra della villetta e poi si pulì le scarpe nello zerbino di casa. Ma non è finita qui. C'è chi in quei giorni di via vai senza troppo controllo si mise a fumare nella casa dove, addirittura, per alcuni giorni fu lasciato libero di scorazzare il gatto della famiglia.
Quando dopo quasi due settimane finalmente i Ris di Parma entrarono nella casa per i primi, veri, rilievi trovarono una scena molto contaminata e non fu mistero che su questo ci fu irritazione da parte dell'allora comandante, il Gen. Garofano, e la Procura che avrebbe dovuto gestire la casa e gli ingressi in ben altra maniera.
Interrogatorio, fermo e sequestri
Non andarono meglio le cose per quello che riguardarono le prime settimane di indagini, interrogatori e provvedimenti della Procura, soprattutto per le tempistiche. Dentro la caserma dei Carabinieri di Garlasco, dall'inizio, si sostiene che Stasi fosse sul punto di crollare nel primo interrogatorio, a sera inoltrata del 13 agosto ma che il primo faccia a faccia con i militari della città venne interrotto su volere della Procura che voleva gestire in prima persona il caso.
Alberto Stasi finì subito al centro dell'inchiesta ma la sua iscrizione nel registro degli indagati avvenne forse con eccessivo ritardo; passò infatti una settimana prima di quella che in altri casi è stato un atto "dovuto" ed immediato, questo anche per dare modo agli inquirenti di sequestrare eventuale materiale a disposizione dell'indagato. Il computer, la bicicletta ed altri oggetti vennero invece presi da casa Stasi quasi 10 giorni dopo l'omicidio. Ricordiamo che l'arma del delitto ed i vestiti sporchi di sangue dell'assassino non sono mai stati trovati.
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