Cronache

Una crisi di immagine mal gestita attacca il turismo dominicano

Daniele Rosa

Serve una strategia di comunicazione e non il silenzio

In questa estate, dall’altra parte dell’Oceano, c’è un paese che sta soffrendo in maniera pesante e senza colpa alcuna a livello turistico.

Il Paese?

La Repubblica Dominicana, perla dei Caraibi.

 

Perché?

Non certo a causa di qualche pesante uragano come fu per Puerto Rico l’anno scorso o per mancanza di servizi alberghieri o di spiagge magnifiche.

No di queste Santo Domingo, come viene chiamata impropriamente la Repubblica Dominicana, ne ha da vendere sia in termini di qualità e di quantità che di bellezza.

 

No la causa è legata soltanto ad un problema di immagine che pare venga sottovalutato. Pochi infatti, se non gli investitori stranieri e qualche imprenditore illuminato, conoscono quella massima di tutti gli esperti di comunicazione e di crisi: per creare una buona immagine servono anni di duro e buon lavoro, per distruggerla bastano qualche settimana.

 

I fatti.

 

Noti a tutti, soprattutto ai turisti americani e canadesi che ogni anno, a milioni ( quest’anno si parla di 7 milioni) riempiono gli all inclusive smisurati e lussuosi e pure i pochi resort extra, super esclusivi, per i nomi noti del cinema, della politica e del jet set in generale.

 

Nell’anno sono morti, per cause naturali, circa una decina di turisti americani, in un paio di alberghi ( peraltro di proprietà americane) nella stragettonata Punta Cana.

 

Un numero ritenuto fisiologico per un paese che riceve ogni anno milioni di turisti. Ma non si sa perché, o per come, questa è diventata una valanga mediatica di trasmissioni Usa contro il turismo dominicano, di allerta a visitare il paese, di disdette di prenotazioni e persino di matrimoni programmati da tempo.

 

Anche l’FBI sta investigando su questi fatti ma, a meno di clamorosi e improbabili colpi di scena i decessi, pur nella tristezza di simili accadimenti, saranno confermati come naturali provocati magari da un insieme di concause.

 

 

Quali concause? Molto spesso i turisti americani, e non solo quelli, vengono proprio in Dominicana per godere appieno della qualità degli all inclusive, per mangiare e bere 24 ore su 24.

Per molti un sogno desiderato , ancor più più della spiaggia e dell’acqua cristallina.

Un mix di alcool, cibo e magari medicine varie acquistabili senza ricetta che, se non gestito con consapevole attenzione, potrebbe stroncare anche gente di costituzione perfetta.

 

 

Però ormai il danno di immagine è fatto e pesa sulla pelle di tutti gli imprenditori, gli albergatori e sui lavoratori e su tutti i domenicani che amano il proprio paese.

 

Quello che ad un osservatore attento e competente di comunicazione salta pero’ subito all’occhio è che il Governo Dominicano, magari impegnato su altri fronti, quali ad esempio un cambiamento di costituzione per le prossime presidenziali, abbia sottostimato il problema pensando che il tempo e il silenzio siano i due fattori che possano risolverlo.

 

Forse si, forse no, perché spesso la palla di neve non bloccata diventa una valanga inarrestabile.

E non bastano le dichiarazioni 'random' di qualche politico o le pur comprensibili lettere di imprenditori importanti come Frank Ranieri che chiedono ai dominicani di fare i testimonial positivi del loro paese.

No qui serve ben altro.

 

Serve la tecnica di gestione di una crisi.

Serve un team di esperti guidati da un professionista che scriva nero su bianco una strategia di comunicazione che coinvolga, almeno per un anno, i diversi target e responsabilizzi figure importanti del paese a fare la propria parte, in primis il Presidente della Repubblica, in termini di comunicazione.

 

Solo con una strategia definita e un gioco di squadra si potrà curare questa caduta di immagine che ha già provocato molti danni in termini economici e sociali e la cui fine ancora non si vede.

 

Non serve sapere se c’è stato un artefice, un regista dietro questa campagna denigratoria.

Il modesto consiglio è di agire in una direzione più professionale e corale evitando di snobbare il problema e pensando che sia sufficiente non parlarne.

Si può’ risolvere ma bisogna agire da subito.

Il tempo per difendere il turismo nell’isola caraibica non è infinito.