Cronache
Vendeva schiavi alle coop per la Gdo. Arrestato in India, ora denunciato ma...
Lavoratori indiani denunciano di essere schiavi. Imprenditore indiano li vendeva alle coop. Arrestato in India per altri fatti è pronto a tornare in Italia
Lo schiavo io ce l'ho in coop e tu no?
Il meccanismo è oleato da anni di efficienza nella Grande distribuzione organizzata, nella logistica e nelle fabbriche. Ma ogni tanto si inceppa, come qualche giorno fa, quando è emerso a livello interregionale la condizione di una parte della comunità indiana in Italia che vive in condizione di schiavitù (e non sono neanche quelli che arrivano con i barconi).
Un caporale è stato arrestato. Non in Italia, dove si parla per ideologia di repressione del fenomeno, bensì nel Paese di origine del caporale, l'India.
“Se sei di quella nazionalità e vuoi venire a lavorare in Italia paghi circa 5.000 euro per avere un lavoro e un posto letto a 330 euro al mese, in un appartamento con altri 10 o 20 connazionali”, spiega ad AffaritalianiGianni Boetto di Adl Cobas di Padova: “Ti arriverà un contratto a tempo determinato da facchino in una coop per 11 o 12 ore al giorno e tre o quattro mesi di durata”. Poi iniziano i rinnovi, ogni 6 mesi, con la speranza di ottenere un passaggio a tempo indeterminato.
“Va avanti così da sempre”, racconta Boetto, “da quando esiste il decreto flussi che non si adotta più da 3 o 4 anni, con paghe da 3 o 4 euro l'ora, ma il sistema resta. L'imprenditore poteva assumere lavoratori immigrati dall'estero. Ma cosa vuole ne sapesse l'imprenditore italiano di chi era all'estero!? Così arrivano i caporali che garantiscono le 30 persone richieste per fare il tal lavoro.”
A centinaia i lavoratori sono costituiti in cooperative che fanno servizi per la Gdo, per le fabbriche, la logistica o in agricoltura. Il committente dice di non saperne nulla e tutto finisce lì. Si paga per entrare nel “giri” e il gioco è fatto. Tutta Italia si muove da anni su questa falsa riga e i gruppi etnici vengono organizzati a seconda del settore del caporale. Braccianti, facchini, donne delle pulizie, addetti ad ogni tipo di lavorazione, sono gli invisibili con paghe da fame che livellano il mercato e quindi anche i costi delle merci che troviamo sugli scaffali dei supermercati: fanno da pilastro alla nostra economia. Non occorre andare nelle baraccopoli del sud per vederli, basta frequentare i mercati di Milano, Torino, Bologna, Firenze e le reti della Gdo. Un mondo di schiavi che difficilmente emerge nelle storie patinate della tv italiana e che se si raccontano si mostrano come eccezione. Su di loro in nulla incidono le ricette dei salotti radical chic del salario minimo o i sofismi sulla ridistribuzione della ricchezza. Andrebbe ripensato il mercato del lavoro. Ma chi dovrebbe farlo?
Uno di questi spaccati è emerso qualche giorno fa e non per merito dei nostri sistemi di controllo. Uno dei caporali indiani, Tanwer Tara Chand, che per anni ha portato i suoi connazionali nel nordest veneto, a Padova come a Verona, arrivando fino ad Alessandria e Sansepolcro (Ar), è stato arrestato nello Stato del Rajasthan per minacce, dentro una controversa vicenda di omicidio.
La Adl Cobas di Padova ha tenuto una manifestazione contro il caporalato negli stessi giorni a Padova. “E' un ambiente caratterizzato dal terrore ma da poco a Verona Tanwer Tara Chand è stato denunciato per caporalato da un lavoratore. Stessa cosa sta accadendo ad Alessandria”, ha spiegato Boetto. All’inizio della settimana Tanwer è tornato in libertà in India e dovrebbe presto tornare in Italia.
Secondo il sindacato Adl, Tanwer Tara Chand avrebbe portato nel nostro Paese centinaia di indiani per lavorare nella logistica e nelle fabbriche nordestine. Durante il corteo i lavoratori raccontavano come fossero vittime di metodi mafiosi e venduti quali schiavi alle coop costituite per procacciarsi il lavoro. “Spesso siamo noi dei sindacati di base a denunciare. Ma anche se troviamo degli ispettori bravi i tempi della giustizia sono così lunghi che tutto si inceppa e nulla cambia”, racconta Boetto, mettendo in luce un quadro devastante che ha modificato per sempre il mercato del lavoro italiano.