La profezia e l’offensiva. Di Armando Verdiglione
Il futuro è il dubbio, cioè il modo del due. La speranza è una variante o una proprietà del futuro. Il due: corpo e scena, la relazione. Il futuro: il modo della relazione, il modo dell’apertura originaria. Dal futuro procede la profezia. Dal futuro procede pure la fede.
La profezia è proprietà del sembiante, del simulacro, della simultaneità, quindi proprietà dello specchio, proprietà dello sguardo, proprietà della voce. Lo specchio, lo sguardo, la voce: causa e oggetto. La profezia non prescinde dall’oggetto, cioè dall’ostacolo assoluto, scandalo o pietra, pietra d’inciampo rispetto a qualsiasi presa. Il sembiante è inconcettuale, inafferrabile, invisibile, assoluto. Solus: dalla solitudine alla salute. ὀλός: l’integrità è virtù del principio della parola, quindi, di ciascun elemento della parola. Anche virtù del sembiante, causa e oggetto.
La profezia: questionamento, provocazione. La provocazione è condizione dell’equivocazione propria alla sintassi, condizione dell’invocazione propria alla frase, condizione dell’evocazione propria al pragma.
La condizione è proprietà del sembiante, quindi, proprietà della profezia. La condizione sta nella provocazione, nella profezia come provocazione. Condizione anche dell’economia, oltre la ricerca, e della finanza e della diplomazia, oltre la politica.
Profezia. Gli umani compiono l’ostracismo della profezia, della ricerca e dell’impresa; l’ostracismo anche contro la comunicazione, contro i dispositivi della comunicazione che sono i dispositivi della parola.
Abbiamo pubblicato, nel 1990, Psychopathia criminalis di Oskar Panizza (scritto nel 1898). È una satira dove la dissidenza, la profezia, la ricerca, l’intelligenza, la realtà intellettuale, l’impresa intellettuale sono definiti dall’apparato medicolegale segni di una nuova malattia mentale, pericolosa e criminale. Oskar Panizza propone una semiologia e una nosologia in modo ironico, satirico, procedendo dalla presunzione di quello che sarebbe accaduto nel secolo che stava per incominciare: l’ostracismo verso la parola nella sua libertà, nella sua dissidenza, nella sua cifra, verso la parola originaria bollata come psychopathia criminalis. I regimi hanno adottato questa semiologia e questa nosologia nel ventesimo secolo, un secolo di processi, manicomi, deportazioni, camere a gas, gulag e psicofarmaci. Negli anni settanta e ottanta, noi avevamo indicato nella psicofarmacologia una nuova forma anche di psicocriminologia e di eutanasia. Il genocidio prosegue attraverso lo psicofarmaco, attraverso il cannibalismo bianco.
Psychopathia criminalis: la casa editrice, la fondazione, i libri, le opere d’arte, l’ingegneria, la poesia, i congressi, i dispositivi di valore, il dibattito, la scienza della parola, il Brainworking, l’Art banking.
Il significante “offensiva” è trattato nel “quadro” della comunicazione soggettiva e nel “quadro” del rapporto sociale. Ma l’offensiva non è soggettiva. L’offensiva è proprietà della dimensione di sembianza: è ciò che urta contro ogni presa della sembianza, quindi esige, della sembianza, sia l’anatomia sia l’eco. È ciò che indica che l’immagine non è mai visiva, ma è acustica. Senza anatomia la sembianza non è offensiva, è trattabile: viene ripartita in offesa e difesa. Allora l’odio, espunto, viene rappresentato e coniugato a servizio della zoopolemologia in ogni vendetta.
Il 25 novembre 1979, Mario Spinella scriveva che io muovevo un’offensiva contro il movimento rivoluzionario comunista, movimento rivoluzionario circolare. Invitava a fermare questa offensiva, a fermare me, a fermare la casa editrice, l’impresa, la ricerca, i congressi.
La casa editrice aveva incominciato a pubblicare, in proprio, con il marchio Spirali nell’ottobre del 1978. Ma la nostra equipe redazionale editoriale aveva pubblicato libri già dal 1973 presso vari editori italiani (Feltrinelli, poi Marsilio, SugarCo, Rizzoli) e molti editori stranieri.
Noi abbiamo notato come l’impalcatura ideologica degli anni settanta e ottanta sia intervenuta nell’ordine di cattura, nella requisitoria, nelle sentenze del processo che va dal 24 giugno 1985 al 28 ottobre 1992. Ma prima ancora di essere scritta per il processo, la sentenza era già nei giornali. Come risulta nel Libro nero dei nuovi inquisitori, di Alice Granger e Cristina Frua De Angeli (Spirali, 1990).
L’offensiva: Mario Spinella la intende come un’offesa e, quindi, propone la difesa. La difesa significa rivendicazione, invidia, odio e vendetta. Defendere: ha anche l’accezione di “vendicare e punire”.
Noi non abbiamo mai smesso l’offensiva, perché non può essere tolta l’offensiva dalla sembianza. La conseguenza del discorso come causa finale, del discorso occidentale, è il carattere del tutto fenomenico e secondario della parola e, nella parola, ancora più secondaria e fenomenica è l’immagine, rispetto al discorso. Il principio di degradazione investe, anzitutto, la sembianza.
Le profezie sono nel rinascimento, non sono soltanto nella Bibbia. Nel rinascimento, l’impresa, l’industria, ma anche i dispositivi della parola, quindi, la conversazione. Mai prima del rinascimento, la conversazione: non è ad Atene (non è il dialogo), non è a Gerusalemme, non è a Roma.
La conversazione è negata, se è negato il preambolo, l’absolutio, l’analisi: nessun dispositivo della parola, se l’idea agisce, se Dio agisce, se la fede agisce. Anziché operare per la scrittura dell’esperienza, per la qualificazione della memoria.
L’offensiva sta nella parola, anzitutto nella dimensione di sembianza. Sta nei dispositivi, sta nelle strutture della parola – la sintassi, la frase, il pragma –, sta nell’impresa.
L’inquisizione, come questione chiusa, sostituisce, idealmente, il futuro. E è dall’inquisizione come questione chiusa che procede l’accusa, nella sua ideologia. Anche il processo, procedendo dall’inquisizione come questione chiusa, come interrogazione chiusa, s’istituisce come processo cannibalico.
La tribuna è il dispositivo della parola. “Offrire una tribuna” è offrire ciò che è impossibile offrire: la parola. “Dare la parola”? La parola non si dà, né si toglie. La tribuna è la tribuna della parola. Ma questo tribunale è senza tribuna, senza la parola.
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Qual è la lingua del tribunale nella sentenza per il processo che si è chiuso il 17 dicembre 2015? Che cosa sta scritto? Ciò che si scrive è ciò che si tratta di cogliere attraverso l’altra lettura. Ma che cosa sta scritto attraverso la sua lingua di legno? La lingua di legno nega la ricerca, il va e vieni delle cose. Nega la sintassi e la frase, quindi è la lingua che, anzitutto, attacca il patrimonio. Questo sia nella sentenza sia nei documenti prodotti dalla Guardia di finanza e dal Pubblico ministero lungo i sette anni precedenti. L’attacco al patrimonio, per loro, è significato da Villa San Carlo Borromeo e da Villa Rasini Medolago: è un patrimonio soggettivo, non è il patrimonio proprio alla memoria sintattica e alla memoria frastica. Non è il patrimonio come il parricidio in atto, con la sua funzione di zero, o il figlicidio in atto, con la sua funzione di uno. In breve, non è il patrimonio del labirinto della parola, ma il patrimonio del labirinto circolare, chiuso, rappresentato e significato, sostanziale.
La lingua di legno attacca pure l’impresa. Lingua di legno: la comunicazione è aborrita, sicché questa lingua adotta un’algebra della comunicazione. Quindi è lingua chiamata turpiloquio, lingua biforcuta. Il turpiloquio è adottato dall’algebra della comunicazione. La geometria della comunicazione adotta la lingua tagliente – detta anche la lingua in punta di forchetta o in punta di tridente – nella sua “realizzazione”. Sia l’algebra della comunicazione sia la geometria della comunicazione presuppongono la facoltà di parlare, quindi la facoltà della comunicazione diretta. Per ciò, la lingua di legno è la lingua facile, la lingua senza complessità. Non è la Grundsprache di Schreber, la “lingua di base”, ma “rappresenta” la lingua di origine.
La lingua di legno è la lingua nuda, per la quale vale il segno uguale, vale il principio di parità sociale, di simmetria sociale, di proporzione sociale, di rapporto sociale, di armonia sociale, su cui poggia il principio dell’“erotismo anale”. La lingua di legno, di cui si avvale la comunicazione diretta nella forma del turpiloquio o nella forma di una qualsiasi arma tagliente, è la lingua dell’“erotismo anale”. Per constatarla, basta leggere questa sentenza: adotta il procedimento algebrico e il procedimento geometrico contro la dissidenza e contro il valore intellettuale. Si rappresenta il suo primo bersaglio nell’ambizione. Nel primo processo, era la “megalomania”. Oppure, era quello che diceva il sostituto procuratore generale: “Non vorrei, un giorno, trovarmi, sugli Champs Elysées, di fronte a un palazzo su cui sia scritto ‘Fondazione Armando Verdiglione’’’. La sua richiesta di condanna si fondava su questo “pericolo”.
Octave Mannoni, nel 1988, scriveva: “Ho conosciuto Armando Verdiglione quindici anni fa, quando mi ha invitato a uno di quegli incontri in cui riuniva psicanalisti di vari paesi. Lo considero uno psicanalista competente. Aveva un’ambizione: contribuire allo sviluppo della psicanalisi in Italia e all’estero e, naturalmente, occupare un posto e divenire importante in questo sviluppo. Allora, era l’unico a avere una mira internazionale. Oggi, altri hanno cercato di procedere nello stesso modo”.
Scrivono le tre donne giudici: “Dopo avere comprato la dimora storica di Senago, le ambizioni […]”. L’ambizione intellettuale, negata, si pluralizza, si rappresenta nelle “ambizioni” (come, negata la voce, allora si sentono “le voci”). “[…] le ambizioni di VERDIGLIONE”. “Verdiglione” è scritto a caratteri cubitali, in maiuscolo, lungo tutta la sentenza, e così i nomi degli altri imputati. I non imputati non assurgono a questa “magnificenza”. “[…] le ambizioni di”, a volte scrivono “di”, a volte “del”, “le ambizioni di VERDIGLIONE e del suo più stretto entourage”. Entourage: nella sentenza è continuo il tour, giro e raggiro. Il giro è sintattico, il raggiro è frastico. Ma le tre donne giudici intendono il giro nella concezione dello sbaglio dell’Altro, della truffa dell’Altro, e il raggiro nella concezione del furto dell’Altro, dell’imbroglio dell’Altro. Il tribunale pratica la rivelazione, l’apocalisse, appannaggio dell’ostracismo: “[…] le ambizioni di VERDIGLIONE e del suo più stretto entourage si sono rivelate tali”, non tanto grandi, né quali, “da esigere il reperimento di ben più imponenti risorse finanziarie”. La risorsa è il sintomo come contrappunto dello specchio: ma, qui, tolto il contrappunto, il sintomo è speculare, quindi, poi, segno, segno speculare finanziario. “Le ambizioni”: in effetti, in questa accezione di ambizione, questa è una sentenza ambiziosa, adotta il principio dell’ambizione come principio di morte.
Il principio dell’ambizione è il principio che tiene dinanzi la negatività. È un’ambizione salvatrice, pantoclastica e palingenetica, sul modello algebrico, per un verso; per l’altro verso, è un’ambizione frammentaria e distruttiva, sul modello geometrico. Quindi, le tre donne giudici scambiano l’ambizione con la libido dominandi, con la voglia di dominio. Questa sentenza è anche uno studium dominandi, con l’ambizione come fantasma di padronanza, che deve compiere l’economia del fantasma di possessione.
L’ambizione sostanzialista e mentalista si rivolge contro l’istinto come indice dell’equivoco, contro il desiderio come indice della differenza propria dell’uno e contro il bisogno come indice della struttura in cui il malinteso è proprietà. Il principio dell’ambizione, quindi, è un corollario del principio di piacere. La mitologia rispetto all’ambizione antintellettuale si rappresenta in Prometeo e in Epimeteo, e in Don Chisciotte e in Sancho Panza.
L’ambizione sostanzialista e mentalista è l’ambizione del finito, l’ambizione che va dal più al meno, dal grande al piccolo, dal maggiore al minore, dal superiore all’inferiore. Quindi, viene scambiata per senso di superiorità o di inferiorità. Non tollera l’infinito attuale, l’infinito pragmatico, l’infinito del tempo, l’infinito dell’impresa, l’infinito della politica del tempo.
Il despota rivendica il monopolio della suggestione politica e si fa padre amante. Il tiranno rivendica il monopolio della persuasione politica e si fa figlio amante. Il vampiro rivendica il monopolio dell’influenza politica e si fa spirito amante. L’ambizione psicologica (anziché l’ambizione intellettuale) sortisce l’idea di despota, l’idea di tiranno e l’idea di vampiro
L’ambizione intellettuale è un cifrema della tendenza, della tensione, della direzione. È un cifrema della rivoluzione cifrematica.
L’ambizione s’instaura con l’auctoritas, con l’abundantia e con il superfluo. L’auctoritas, l’abundantia e il superfluo sono ciò che l’ambizione sostanzialista e mentalista colpisce. Questa sentenza non li tollera. E così non tollera l’ellissi, l’iperbole e la parabola. Non tollera l’iperbole, ma adopera il significante “iperbolico” come facente parte della “segnaletica” demonologica. Lungo la sentenza, molti termini non sono indizi o sintomi, bensì segnali, assunti come segni. Parodiando, diciamo “segnaletica”.
Le norme tributarie e gli articoli del codice penale sono assunti, per analogia, come pretesti per annientare e distruggere, per spegnere la dissidenza e la libertà di associazione, di ricerca, d’impresa, la libertà della parola, la parola stessa.
Lungo la sentenza, constatiamo molti aggettivi e molti avverbi: “inconfutabile”, “inconfutabilmente”, “indiscutibile”, “indiscutibilmente”, “incontestabile”, “incontestabilmente”, “certamente”, “perfettamente”. E, poi: ”meccanismo”, “sistema”, “sistematico”. Su un “livello”, su un “piano”, su una “linea” dimora il formale: “formalmente”. Sull’altro livello dimora il sostanziale: “sostanzialmente”. Ovunque ricorre l’evidenza: “di tutta evidenza”, “all’evidenza”. Su un livello, su un piano, sta “asseritamente”. Su un altro livello, su un altro piano: “perfettamente”. Sul piano sostanziale, c’è “perfettamente”, sul piano formale c’è “asseritamente”. È una rappresentazione folcloristica, un folclore ideologico, un bestiario ideologico, una mostruosità demonologica, dove qualsiasi “stupidata” viene presa come un segno, che possa fare parte di questa semiocriminologia.
La dicotomia formale-sostanziale è applicata all’amministratore, al capitale, alla società, all’impresa, alla crescita, al valore, alla fattura, al bilancio. “Formale” è affiancato anche da “apparente”, “fittizio”, “falso”. La verità è servita come causa finale ideologica, demonologica. La doppia donna triforme, la donna triforme giudicante e la donna triforme accusante fanno tutto per la causa finale, contrapposta a quella che credono sia la “causa culturale”.
Il principio delle strutture elementari della parentela che veniva affermato nel primo processo era il principio esogamico. Qui, tutto ciò che, secondo le tre donne giudici, è endogamico fa parte di una nuova malattia mentale. Questa sentenza sembra un prodotto che abbia accolto le indicazioni ironiche di Oskar Panizza: questa sentenza potrebbe intitolarsi Psychopathia criminalis. I servizi intellettuali, le opere d’arte, i lavori di restauro: tutto ciò è segno della psychopatia criminalis, tutto è demonologicamente malato, patologicamente criminale.
Le tre donne giudici si scagliano contro quella che chiamano la “cifra ematica”: seguono il principio dell’economia del sangue per fondare l’economia dell’incesto dell’Altro, del male dell’Altro, del peccato dell’Altro.
Il “teatro dell’assurdo” è il teatro dove l’assurdo è l’Altro, irrappresentabile, l’Altro impersonificabile, l’Altro che non si può espungere. Qui è l’assurdo senza l’Altro, l’assurdo spettacolare, l’assurdo folcloristico, l’assurdo cannibalico. Questa sentenza è una collezione di frammenti, che vengono sommati e significati in tutt’altra direzione rispetto al testo in cui si trovavano, dove non erano frammenti bensì elementi. Ho scritto La congiura degli idioti, dove concludevo: “Non c’è più idiota”. Ma questa rappresentazione folcloristica è stupida. La realtà intellettuale viene negata e falsificata attraverso elementi che vengono convertiti in un protocollo ideale, che è quello di Psychopathia criminalis. Il diritto canonico è la base del Martello delle streghe, ma è la base, poi, anche della psichiatria: è la base, cioè, dell’apparato medicolegale. L’intelligenza, la libertà, l’ingegno, i libri, la cultura, la realtà intellettuale, la curiosità intellettuale, quindi l’ambizione intellettuale sono cose, scriveva Oscar Panizza, che significano la psychopathia criminalis. Dovunque, nella sentenza, viene negato il valore intellettuale dei servizi, delle opere d’arte, dei lavori di restauro. In modo ripetitivo. Lungo tutto lo scritto c’è una ricorrenza degli stessi concetti, degli stessi significanti, degli stessi aggettivi, degli stessi verbi e avverbi.
Le tre donne giudici scrivono (Sentenza, p. 32) che è “pacifico e non contestato, ma del tutto irrilevante ai fini pretesi” che “la dimora storica è stata oggetto d’interventi di ristrutturazione straordinariamente qualificati e di enorme pregio”. Intanto, è “restauro” di un monumento nazionale, non “ristrutturazione”. E come può il restauro straordinariamente qualificato e di enorme pregio, che richiede studi, cura, ricerche, organizzazione, specializzazione, direzione, attenzione ai dettagli, esami scientifici, risultare irrilevante rispetto all’effettività e al valore dei lavori, complessi e articolati? Le tre donne giudici dichiarano che ammettono, come la Guardia di finanza, “le fatture emesse per forniture di materiali e lavori da soggetti terzi”. Ammettono ciò che è opera di manovali e muratori.
Così, dopo avere esposto la rivelazione, l’apocalisse delle ambizioni, la rappresentazione folcloristica ostenta in ogni pagina l’Uroboro, il serpente che divora la propria coda. “Da qui il secondo livello associativo, illecito, e la strutturazione di meccanismi capaci di funzionare in modo sistematico e costante, in qualche misura, di autoalimentarsi”, è l’apoteosi dell’Uroboro, “garantendo un cospicuo e costante flusso finanziario, senza tuttavia comportare costi e oneri sotto il profilo fiscale e contributivo”, non c’è assolutamente prova dell’illecito fiscale, “grazie alle efficaci e meticolose ‘contromisure’ adottate a tal fine”. Le tre donne giudici devono vedere il sistema diabolico, dove si sia potuta esercitare questa psychopatia criminalis. “Si è così anzitutto proceduto alla costituzione delle numerose”, gli aggettivi: numerose, spropositate, iperboliche, sproporzionate, scriteriate (le tre donne giudici hanno uno spiccato istinto morale) “società e associazioni sopra indicate, o al coinvolgimento di associazioni culturali esistenti disponibili ad assecondare le esigenze del leader carismatico del movimento cifraematico, utilizzate strumentalmente e illecitamente secondo una duplice modalità”. Affastellamento. Falsificazione. Confusione.
Le società, i dispositivi commerciali, i dispositivi di ricerca, i dispositivi amministrativi e gestionali, i dispositivi economici, i dispositivi finanziari, i dispositivi di direzione, i dispositivi di comunicazione, i servizi, le sedi, i call center, le gallerie, i centri commerciali, gl’istituti scientifici, artistici, culturali, i musei viventi, il restauro, le associazioni, le fondazioni, i patrimoni societari e le imprese, il Brainworking, l’Artbanking, i dipartimenti di cifrematica sono effettivi: numerosi asset operativi e produttivi, preparati, instaurati, costituiti in decenni di ricerca, di attività e d’intrapresa, pronti per il programma preciso di redditività. Qualcosa anticipa la tendenza e la direzione dell’Europa dei prossimi decenni.
Ciascuna società aveva uno statuto particolare e specifico, un suo business, le sue strutture, i suoi dispositivi. Così ciascuna associazione.
Tutto è stato interrotto barbaramente il 18 novembre 2008, secondo un “piano preordinato”. Tutto ciò che la sentenza attribuisce al “dominus” appartiene totalmente a chi ha creato il “dominus” e il sistema demonologico.
“Quanto alla prima strada percorsa, si è dato vita a un vorticoso e consistente giro”. Quante volte viene ripetuta la formula “giro vorticoso di fatture”, “giro vorticoso di assegni e bonifici”, nelle informative della Guardia di finanza, nella richiesta di sequestro delle due ville nel gennaio 2010 e poi in aprile e in maggio 2011, nella requisitoria e, adesso, nella sentenza!
“Quanto alla prima strada percorsa, si è dato vita”. Si dà vita? “Si è dato”. “Si”. Chi dà questa vita? Qui, il “sistema”, il “meccanismo”, il dominus! Il “sistema” non ci sarebbe senza il dominus. E nemmeno il “meccanismo”. Ciò che fa sì che qualcosa sia sistema o che qualcosa sia meccanismo è il fantasma del dominus.
“Quanto alla prima strada percorsa, si è dato vita a un vorticoso e consistente giro di fatturazioni false reciproche”. Reciproche: è l’endogamia. L’endogamia è la “reciprocità”. Il principio del rapporto sociale è il principio dell’economia del sangue. Altrove la sentenza dice: scambi reciproci. Ma lo scambio non è reciproco. L’amore non è reciproco. L’odio non è reciproco. Non c’è reciprocità. La reciprocità viene stabilita sul principio della divina proporzione, cioè della proporzione sociale e politica, sul principio dell’economia del negativo, sul principio che si rappresenta, dinanzi, la negatività. Si tratta, scrivono, di migliaia di fatture e di migliaia di movimenti bancari. Ma, i movimenti, per che cosa? Soltanto per dimostrare alle banche che si fanno “movimenti”? È stupido! Secondo il tribunale non si tratta di coprire un assegno: io avrei creato apposta lo scoperto di conto per poter coprire, così, ho fatto il “movimento”! Un’esercitazione enorme! L’erotismo prediletto da queste donne giudici è l’erotismo anale.
“Quanto alla prima strada percorsa, si è dato vita a un vorticoso e consistente giro di fatturazioni false reciproche”. Reciproche: la sentenza nega la ricerca e l’impresa. Parla di un giro a vuoto. Giro e raggiro sono a vuoto, solo per dimostrare l’endogamia. “[…] a volte con passaggi successivi fra diversi soggetti ‘interni’”. Mettono fra virgolette “interni”. “[…] per incrementare progressivamente il valore apparente”. Il valore intellettuale è definito come un valore apparente, come un valore finto, come un valore falso. “[…] delle prestazioni”. Le prestazioni sarebbero i servizi, o le cessioni di opere d’arte, o i lavori di restauro. “[…] il valore apparente delle prestazioni asseritamente rese o dei beni apparentemente ceduti”. Questa è la rappresentazione attraverso la lingua di legno. “[…] per incrementare”, l’aumento, l’abbondanza, il superfluo, bisogna buttarli via! “[…] per incrementare progressivamente [avverbio] il valore apparente [aggettivo] delle prestazioni asseritamente [avverbio] rese o dei beni apparentemente [avverbio] ceduti”. Una sentenza che ha le prove ha bisogno di tutti questi aggettivi e di tutti questi avverbi? La sentenza pratica una zeroficazione del valore intellettuale, una zeroficazione della ricerca, una zeroficazione dell’impresa.
La fatturazione tollerata dalla donna triforme giudicante, come dalla donna triforme accusante, è la fatturazione alberghiera ridotta all’affitto delle camere e la fatturazione riguardante i manovali e i muratori o gli elettricisti o gli idraulici, purché non esperti. La donna triforme segue e colora la creazione della Guardia di finanza: annulla il Brainworking, l’Artbanking, le opere d’ingegno, i servizi intellettuali.
Il Brainworking è il servizio intellettuale complessivo che viene fornito a un’azienda per il suo processo di valorizzazione. L’azienda non è indotta. Non ha bisogno di un approccio psicologico, antropologico o sociologico. Non ha bisogno di essere sorretta. L’intervento si rivolge al coordinamento, alla consulenza, alla direzione, all’organizzazione, alla strutturazione e, segnatamente, all’instaurazione dei dispositivi di forza, ai dispositivi intellettuali, ai dispositivi commerciali, ai dispositivi amministrativi, ai dispositivi finanziari, ai dispositivi di comunicazione, ai dispositivi di direzione, ai dispositivi di valore, con attenzione speciale al progetto e al programma (confronta i volumi A. Verdiglione, Master del brainworker; Il brainworking. La direzione intellettuale, la formazione dell’imprenditore, la ristrutturazione delle aziende; La famiglia, l’impresa, la finanza, il capitalismo intellettuale; L’affaire fiscale ovvero il dispensario del tempo)
“[…] si è dato vita a un vorticoso e consistente giro di fatturazioni false reciproche […] cui non si sono mai accompagnati movimenti finanziari effettivi (pagamenti reali) ma solo compensazioni reciproche”. L’avvocato Carlo Cortinovis ha spiegato che non erano “compensazioni”. La vendetta deve compensare! “[…] con l’ulteriore attenzione, alla fine di ogni anno, a bilanciare, su ogni soggetto autonomo contribuente, e sempre attraverso l’emissione di documenti fiscali non veritieri, i debiti e i crediti fiscali”. In ogni bilancio, a fine anno, vengono elencati i costi e i ricavi. Non si tratta di una compensazione. “[…] in modo da raggiungere sempre un saldo ‘zero’ sulle rispettive dichiarazioni fiscali”. Abbiamo provato in tutti i modi che non era così. “[…] e non versare di fatto niente all’erario (vedi dichiarazioni P.)”. È proprio una montatura ideologica e folcloristica quella creata attorno a questo ragionier P. Lo hanno creato come un personaggio di legno.
Poi, c’è la questione delle cessioni di credito. Noi abbiamo fatto la rimessa in bonis della società Kolonos attraverso un’operazione di cessioni di credito, per la quale abbiamo avuto anche il parere pro veritate di Giovanni Giunta. La società Spirali/Vel era creditrice verso Kolonos, per avere pagato i suoi debiti, e tramutava questo credito in conto capitale. Quindi, non era una sopravvenienza attiva. Qui, la sentenza cela che, se il credito viene tramutato in conto capitale, non c’è nessuna sopravvenienza attiva.
Le opere d’arte sono state vendute alle società da persone o associazioni, che ne avevano la proprietà, per eredità, per acquisizione o per donazione. Gli artisti del secondo rinascimento hanno donato non alla Villa San Carlo Borromeo, ma al Movimento cifrematico e alle associazioni culturali che ne fanno parte, opere d’arte come contributo associativo. Chi è proprietario di un’opera può venderla a una società e cedere il suo credito a chi è socio di tale società, in modo che l’opera risulti nel patrimonio della stessa. La rinuncia al credito da parte del socio in conto aumento di capitale non determina nessuna sopravvenienza attiva.
“[…] Circostanza che si traduceva, peraltro, in un incremento meramente formale del capitale della società conferitaria, di fatto gonfiato”. Se un credito verso una società viene tramutato in capitale, il capitale non è gonfiato, perché la società diviene proprietaria di un patrimonio che non aveva prima. E questo patrimonio è una garanzia verso i creditori. Non solo, ma è un bene strumentale rispetto alla redditività: cioè fa parte integrante della Villa San Carlo Borromeo e, quindi, è uno strumento di redditività, come il monumento.
Nella sentenza è in azione un travisamento continuo, mostruoso. Le opere d’arte: è come se non ci fossero, non è avvenuta la cessione; sono lì, ma a chi appartengono? Addirittura, scrivono che sono sempre state nella Villa. Oppure, siccome un autista, che è andato qualche volta alla Villa, dice che, secondo lui, c’erano artisti che lasciavano alla Villa le loro opere, gli chiedono: “Secondo Lei, queste opere valevano?”. Chiedono a un autista, che lavorava a Milano e ha accompagnato qualche volta alla Villa qualche ospite, la natura di queste opere, l’appartenenza di queste opere, la proprietà di queste opere e il loro valore? A un autista? A quell’autista, che risponde all’interrogatorio in modo reticente, confuso e menzognero.
“[…] Circostanza che si traduceva, peraltro, in un incremento meramente formale del capitale della società conferitaria, di fatto gonfiato e a cui non corrispondevano effettivi valori patrimoniali sostanziali”: il valore patrimoniale deve essere sostanziale? È un valore patrimoniale, effettivo! Cosa significa sostanziale? È un patrimonio senza valore, segnatamente senza valore intellettuale.
La patrimonializzazione di beni non dà al capitale un valore “aumentato”, né “smisurato”, né “fittizio”, né gonfiato”, ma un valore effettivo: le opere risultano parte integrante del monumento, dando al bene un carattere unico di strumentalità reddituale. L’asset è strutturale alla redditività.
Le opere della Villa appartengono a varie epoche e non “sono state realizzate al momento”. E gli autori non sono “sconosciuti o semisconosciuti”. Ma sono noti in tutto il mondo. Fanno parte della modernità più qualificata: dalla Scuola di Roma alla Scuola di Mosca, dalla Scuola di Firenze alla Scuola di San Pietroburgo, dalla scuola di Bologna alla Scuola di Napoli. Autori, le cui opere si trovano nei più importanti musei russi, americani, europei, giapponesi, cinesi, coreani, indiani. Migliaia di mostre, di articoli, video, libri d’arte, cataloghi, saggi. Le tre donne giudici sono ignoranti in materia intellettuale, segnatamente in materia di arte e di cultura.
Imprescindibile dal nostro business il valore intellettuale. Sempre di più, in Italia e in Europa, sarà essenziale al business il valore intellettuale! L’Italia sta rinascendo, oggi, si sta costruendo – in varie città e regioni – con questa esigenza di dispositivi intellettuali e di valori intellettuali! E, se si toglie il valore intellettuale dal servizio, dalla conversazione, dall’accoglienza, dall’ospitalità, dalla ristorazione, dall’abbigliamento, dal design, dalla tecnica e dalla macchina, ciascuna cosa si degrada. Secondo queste tre donne giudici, la realtà intellettuale non è sostanziale, è solo formale! E, perciò, il bilancio è finto e il capitale è finto!
Ciò che noi abbiamo fatto, in particolare dal 1996 al 2008, anticipa una direzione verso cui stanno andando e andranno l’Italia e l’Europa nel loro destino di qualità.
Ecco ancora le tre donne giudici: “Quanto alla seconda strada percorsa, si sono utilizzati questi soggetti per aprire numerosissimi rapporti di conto corrente bancario, movimentati”. Non scrivono che questi conti correnti bancari avevano dei movimenti bancari. Per loro erano conti correnti “movimentati”: quindi assegni, bonifici, pagamenti erano fatti solo per dimostrare alle banche il flusso! “[…] movimentati freneticamente attraverso un giro continuo di bonifici e assegni”. È questa la psychopathia criminalis: “freneticamente”. “[…] attraverso un giro continuo di bonifici e assegni (a volte emessi da alcuni collaboratori o frequentatori resisi in tal senso disponibili […]), le cui provviste – sempre le stesse – venivano di volta in volta spostate da un conto all’altro, a rimedio degli scoperti che si venivano a creare”. Io vado in una banca e tolgo i soldi da un conto corrente e così creo uno scoperto, poi vado in un’altra banca e verso l’assegno, così copro lo scoperto. Così: io non ho niente da fare, nessuno ha niente da fare. E cosa facciamo? Togliamo i soldi e li rimettiamo. Un giro fatto tanto per dimostrare! Nel caso di uno “scoperto”, andiamo a “coprirlo”. No: le tre donne giudici dicono che noi abbiamo creato lo scoperto! “[…] e giocando”, attenzione, non si può giocare!, “sulle differenti date di valuta, per rendere credibile l’effettività dei movimenti”. Le date di valuta non seguivano ragioni economiche e bancarie. No: erano per “rendere credibile l’effettività dei movimenti”! Si può instaurare una differenza tra saldo disponibile e saldo contabile, quando verso un assegno. Chi emette un assegno deve coprirlo, non è “per rendere credibile l’effettività dei movimenti e la capienza monetaria sottostante in relazione alle diverse scadenze di pagamento”.
Le tre donne giudici dicono che, la loro, è una “ricostruzione” del meccanismo, una “ricostruzione” del sistema. Ma, in effetti, è la creazione del meccanismo e del sistema, non già la ricostruzione.
La lente della donna triforme giudicante, che si doppia, apparentandosi, sulla donna triforme accusante, annulla la realtà intellettuale, la realtà processuale, le testimonianze, la scrittura, la dissidenza, l’arte e la cultura e crea una realtà mostruosa, in cui lei può specchiarsi, vedersi.
Le tre donne giudici confondono numeri, dati, circostanze, parole. Affastellano, assommano, tagliuzzano. Fanno incetta della spazzatura definita nel pettegolezzo. Il fantasma e il pregiudizio dimostrano e mostrano e mettono in evidenza la loro creatura: un monstrum gnostico. Scambiano duecentomila con duecento milioni. Innalzano il capitale della Frua De Angeli Holding s.p.a. da 25 milioni a 65 milioni.
“Il consistente, sebbene solo apparente, volume d’affari generato dalla falsa fatturazione reciproca; i notevoli flussi finanziari generati”. Questa visione dell’Uroboro è squallida e grottesca. “[…] quanto alle opere d’arte cedute più volte da una società all’altra, con l’inserimento ad ogni passaggio di iperbolici e inverosimili incrementi di valore”. Mai un’opera d’arte è stata ceduta da una società a un’altra! Possono essere cedute le grafiche d’arte. E poi, trattandosi di riproduzioni numerate di un artista, bisognerà verificare se si tratti delle stesse grafiche (cosa che non è stata mai verificata). Ma le grafiche non sono opere originali. Un’opera d’arte che viene ceduta a una società appartiene a quella società, entra nel patrimonio, e lì resta. “[…] valori poi confluiti nelle scritture contabili e nei bilanci”. Dove sarebbero dovuti andare? “[…] sono tutti elementi che venivano poi presentati ai diversi Istituti di credito”. Gli istituti di credito chiedono i bilanci. Tutto ciò che appartiene alla prassi imprenditoriale viene considerato una negatività, come facente parte della psychopathia criminalis. Quale azienda non presenta i bilanci, se le banche li chiedono? Di solito, il difetto di un’azienda è di non far confluire fatture e movimenti nei bilanci, e non viceversa! Se confluiscono, significa che sono stati formalizzati: le fatture sono fatture, i movimenti sono movimenti. “[…] per far valere una apparente consistenza patrimoniale, una effettiva operatività e una solida attività imprenditoriale, così da ottenere finanziamenti a breve termine (fidi, castelletti anticipo fatture, scoperti di conto corrente, etc)”. La sentenza riprende questi formulari da schemi di sentenze analoghe emesse nei confronti di organizzazioni mafiose o criminali. E li applica. Applicano gli stessi concetti.
“[…] Nello stesso tempo, la situazione societaria costruita solo in apparenza”. Le società sono solo apparenti? Noi abbiamo caratterizzato ciascuna società, ciascuna impresa nella sua particolarità e nella sua specificità, perché ci fossero dispositivi efficaci rispetto al business e alla qualità. Ciascuna società aveva i suoi dispositivi. Negando i dispositivi, negano l’impresa (la società è dispositivo d’impresa, è dispositivo intellettuale). Negando il dispositivo, negano la società. “[…] la situazione societaria costruita solo in apparenza, anche con l’ausilio di perizie di stima del patrimonio mobiliare e immobiliare del tutto compiacenti”, scrivono costoro, che scambiano un ragioniere (Franco Lion) per un architetto e un numismatico per un funzionario di banca.
I periti tutti vicini a Armando Verdiglione? Franco Lion, indicato da Ernst & Young? G. M., soprintendente alle Belle Arti, che dà un valore di stima delle opere contenute nella Villa prima della fusione del 2005? Il Politecnico di Milano, nelle persone dei professori Sergio Mattia e Gerlando Trapani? Atis Real, società della BNP per la valutazione del valore di mercato degli immobili? Sergio Castellani (gennaio 2015) incaricato da una compagnia di assicurazione? Oppure i Lloyd’s di Londra? Oppure Royal Sun Alliance? Oppure REAG, incaricata dal Monte dei Paschi di Siena per esprimere un “valore di garanzia”?
Le opere che stanno nella Villa hanno un’attestazione di valore accettato, da parte dei Lloyd’s di Londra, per 572 milioni di euro: sono 4180. L’immobile ha un valore accettato, da Royal Sun Alliance, per 315 milioni, a parte il Parco, che non viene assicurato e che viene valutato, comunque, cinquanta milioni. Non a caso un perito del tribunale interpellato da una compagnia internazionale di assicurazione nel gennaio 2015 ha dato un valore di mercato di 368 milioni. Valore confermato in fase di domanda di concordato da due massimi esperti, distinguendolo dal valore di cauzione (vedi perizia allegata alla domanda di concordato per Villa San Carlo Borromeo srl).
La sofistica è sempre aborrita, come la retorica, l’aritmetica e la linguistica: “Il sofisticato sistema così messo in piedi, gestito con precisione e programmazione minuziosa e analitica degli adempimenti operativi necessari allo scopo, è stato in grado di autoalimentarsi”: l’Uroboro si autoalimenta, circola. “[…] per anni, così drenando illecitamente e con modalità frodatorie risorse finanziarie di terzi, e anche pubbliche, in misura imponente, e accumulando debiti tributari di dimensioni ingenti”: nessun debito tributario è stato accumulato! I debiti tributari sono stati puntualmente pagati.
“Il ruolo carismatico di VERDIGLIONE, coadiuvato in tutte le attività (lecite e illecite) dalla moglie FRUA DE ANGELI ha certamente attratto numerose persone”, attratto: il plagio, “pure coinvolte con mansioni e ruoli specifici nella attività illecita di natura fiscale e finanziaria aventi caratteristiche essenzialmente frodatorie. Ora. Che il motivo personale e intimo degli imputati fosse quello di reperire risorse finanziarie, senza appesantirsi di obblighi tributari”, reperire risorse finanziarie significa appesantirsi di obblighi tributari?, “da devolvere in ultimo alla ‘causa culturale’”, tra virgolette, “è francamente in questa sede”, in quale sede si trovano?, “del tutto irrilevante”. Che i soci lavorassero, operassero, contribuissero alla causa culturale è irrilevante, che non lo facessero per sé è irrilevante. Le tre donne giudici credono nella “causa finale”, in nome della quale agiscono. Invece, “Ciò che rileva è che il progetto criminale sia stato condiviso dai sodali, costruito meticolosamente e portato avanti in modo sistematico nel corso degli anni”, meccanismo, sistematico. “I soggetti hanno avuto rapporti stabili e continuativi nel corso di quasi un decennio; ciascuno, nell’ambito del programma criminoso ideato, ha messo a disposizione le proprie capacità, le proprie risorse professionali e personali, i propri rapporti/conoscenze/relazioni, sui quali tutti hanno fatto reciproco affidamento in funzione degli obiettivi illeciti prefissati”, non più la causa culturale, ma gli obiettivi illeciti. Questa zoologia è proprio fantastica.
L’apporto di ciascuno è libero. Non per questo è senza valore. E rientra nel servizio che ciascuna società rende nei confronti di un’altra. Ciascuno fa parte del Movimento cifrematico. Come ciascuna società. Come ciascuna associazione. La libertà dell’apporto non toglie valore all’apporto stesso.
Lo scambio non è “reciproco e gratuito”, ma libero. Questa libertà non toglie valore ai servizi intellettuali, alle opere d’ingegno, all’impresa. Esige la scrittura dell’esperienza. Esige l’amministrazione e la formalizzazione.
Ciascuno è statuto intellettuale per la ricerca, per l’impresa, per la scrittura, per i servizi, per la valorizzazione della memoria, delle opere d’arte, della cultura. Ciascuno è statuto nel dispositivo di valore, che è il vero asset degli assets.
Quasi ciascuna società ha il suo museo vivente. Ciascun amministratore, per sua prassi, chiede una perizia di stima. La perizia non è richiesta nel caso di compravendita dell’opera, ma nel caso del conferimento. Qui nessun conferimento. La donna triforme giudicante fa confusione.
Le prestazioni o i negozi di ciascuna società sono conformi all’oggetto sociale. E ciò vale sia per la società che acquista sia per la società che vende. Le opere d’arte della Villa stanno nel museo della Villa. Le opere d’arte delle altre società stanno nei rispettivi musei delle società. La vendita si fa nel luogo in cui avviene la rimessa diretta. Questo luogo non è la Villa. E la rimessa diretta non richiede documento di trasporto. Non si muovono dalla Villa se non per mostre le opere che stanno nella Villa e che risultano in effetti di proprietà della Villa, perché acquisite e portate nel suo patrimonio.
La Nomen S.A. di Ginevra, società commerciale e holding rispetto alle tre società più importanti, aveva la revisione affidata alla Ernst & Young. Controllando la holding, la società di revisione controllava le tre società partecipate. Così poi avveniva per le tre società londinesi: erano controllate dalla società di revisione che controllava anche le partecipate.
Le principali società italiane, oltre al controllo del Collegio sindacale, avevano il controllo da parte di Ernst & Young, come da parte di BDO Italia e da Moore Stevens. Nel 2005, Ernst & Young di Londra e di Ginevra indicò un revisore, il rag. Franco Lion, per redigere il controllo e la perizia giurata per ciascuna società, nel progetto di quotazione in nome di una delle società londinesi.
I convegni del Movimento cifrematico non sono mai entrati nelle fatture delle società. I dati che riguardano i convegni non sono dati societari. Riguardano il rendiconto del Movimento cifrematico. E questo confermano i testimoni al processo.
I valori riportati nelle fatture ricevute da Impresa Nuova srl e citati nella sentenza sono di gran lunga superiori ai valori di contratto tra Impresa Nuova srl e Villa San Carlo Borromeo srl. Inoltre, per tutti i lavori subappaltati, Villa San Carlo Borromeo si riservava il controllo, la direzione, il coordinamento, l’organizzazione, l’apporto specialistico.
Attribuiscono, poi, a D. B. un ruolo enorme. Su ciascuna delle persone dicono cose che rientrano nella rappresentazione demonologica. Tutto ciò che viene riassunto è, in effetti, convertito secondo il vocabolario demonologico, secondo il bestiario ideologico. Viene cancellata non solo la realtà intellettuale, ma anche la realtà processuale. E viene convertita in una realtà demonologica, ideologica.
Nel processo, l’accusa, rappresentata esclusivamente dai due marescialli, è crollata con il loro interrogatorio. Questo crollo viene coperto con il pettegolezzo raffazzonato nella melma extraprocessuale riassunta avvalendosi del vocabolario inquisitorio demonologico.
Le tre donne giudici creano la loro psychopathia criminalis. E ne sono affascinate. Anfibologia dell’animale fantastico, per un verso, genio, dio, santo, per l’altro verso, diavolo, pazzo, criminale. “La sapiente individuazione degli obiettivi, la ragionata diversificazione delle modalità di utilizzo delle risorse a seconda delle diverse circostanze contingenti, la attenta scelta dei tempi delle singole azioni dimostrano l’esistenza di una precisa e unitaria strategia, concordata fra i diversi soggetti interessati”. Il coordinamento, la strategia, l’attenzione ai tempi, la direzione, i dispositivi di parola attengono alla logica e alla pratica aziendali. Ma tutto questo, qui, è “diretto alla realizzazione dei reati nel modo più sicuro possibile”! Perché fanno ciò? Per potere compiere i reati nel modo più sicuro!
Per quali motivi il reato fiscale non esiste sarà indicato, tecnicamente, dai fiscalisti, e integrato dagli avvocati. E sono stati consegnati documenti, scritti dei consulenti Carlo Cortinovis e Paolo Duranti, dichiarazioni e memorie anche mie. L’”associazione a delinquere” è rappresentata come la setta del “guru”. La truffa alle banche fa parte della farsa. Le banche fanno le loro perizie. Umberto Marchesi, il perito tecnico dell’Istituto San Paolo, fa una perizia sull’immobile e scrive: questo è il valore di garanzia, un valore ristrettissimo, di garanzia, appunto, non già il valore di mercato! Le tre donne giudici non capiscono la formula “valore di garanzia”. La banca fa una stima, come se l’immobile dovesse andare all’asta. Dà un mutuo in rapporto a questo valore di garanzia. Invece, le tre donne giudici dicono: Ma come mai, la perizia di un’altra banca, su incarico del Politecnico, dà un valore diverso? Certo, perché quello è il valore di mercato. Il “valore di garanzia”, o “valore cauzionale”, si distingue tanto dal “valore di mercato” quanto dal “valore di stima rispetto alla redditività”.
Le polizze stipulate il 16 giugno 2008 con Allianz stabiliscono un valore parziale di rischio e un valore di ricostruzione convenuto in 80 milioni per l’immobile e di 53 milioni per le opere. Non si fondano su perizie che diano o il valore di mercato o il valore di garanzia. Il valore stipulato con le polizze è un valore convenuto.
La donna triforme giudicante trova “cartelline” redatte da stagisti, che sono del tutto estranee ai documenti della contabilità che stanno nei raccoglitori ufficiali. Crede che siano alternativi e interscambiabili (Sentenza, p. 46).
Il ragionier P. ritratta con il magistrato inquirente quello che alla Guardia di finanza aveva detto in circostanze inumane. Ma ecco la donna triforme: “È allora evidente come la successiva ritrattazione del P. sul punto risulti del tutto inattendibile e verosimilmente motivata dalla volontà di aggiustare il tiro e rendere una versione più favorevole a V., verso il quale, per altro, nutriva profondi motivi di riconoscenza e gratitudine personale”. In breve, è attendibile ciò che può servire alla causa finale della donna triforme. In effetti, il senso di debito non si sopporta e si tramuta in senso di credito, tanto da spingere alla rivendicazione e alla vendetta. Il 24 marzo 2009, P. era in condizioni di salute gravi: chemioterapia alla vigilia, insonnia, malattia in fase terminale. La sua “dichiarazione”, che egli aveva definito forzata, era rivendicativa e vendicativa. L’ingratitudine, fra tutti i vizi, è il peggiore.
Io non ho mai predisposto elenchi con “indicazioni (società o associazioni da inserire come emittente o destinatario, causali, etc)” per la fatturazione (Sentenza, p. 44). La Guardia di finanza avrebbe trovato a casa del ragionier P. questi elenchi. Non sono miei. Attribuzione assurda.
Ciò che sta nel portatile del ragionier P. appartiene a lui e risulta estraneo alla contabilità. Come risulta estraneo alla contabilità un foglio di carta trovato a casa sua a Busto Arsizio, redatto non sappiamo da chi e perché, comunque estraneo al modo amministrativo delle società.
Non è stata fatta nessuna perizia calligrafica sui pezzi di carta attribuiti a me. Per esempio, andrebbe fatta la perizia sui cosiddetti “appunti intestati ‘Fatture da fare’” (Sentenza, p. 43).
La donna triforme giudicante prende dalla casa del ragionier P. a Busto Arsizio un foglio che tramuta in “documento decisivo ai fini della valutazione dell’attendibilità delle dichiarazioni rese da P. in fase di indagine”. Chi l’ha scritto? A chi è destinato? Perché è stato scritto? Perché stava a casa di P.? Io non riconosco, in questo foglio, nulla di attinente alla realtà contabile e amministrativa.
Milano, 13 febbraio 2016