Cronache
Zerocalcare e il caso Caffo: un cortocircuito tra etica e giustizia
Zerocalcare rinuncia a partecipare all’incontro con Chiara Valerio durante la fiera "Più Libri Più Liberi", e lo fa in modo che non lascia spazio a fraintendimenti: “Non è possibile parlare di editoria come se nulla fosse”
Zerocalcare e il caso Caffo: un cortocircuito tra etica e giustizia
Zerocalcare rinuncia a partecipare all’incontro con Chiara Valerio durante la fiera "Più Libri Più Liberi", e lo fa in modo che non lascia spazio a fraintendimenti: “Non è possibile parlare di editoria come se nulla fosse”. La polemica che lo ha spinto a questa decisione ruota attorno all’invito di Leonardo Caffo, a processo per maltrattamenti nei confronti della sua ex compagna, in un contesto dedicato a Giulia Cecchettin e al tema della violenza di genere. Zerocalcare ci va giù piatto: “Parlare di fascisti è più facile che affrontare questioni di genere”. Un’ammissione di fragilità che merita rispetto, ma che solleva interrogativi su una questione fondamentale: dove finisce il diritto a essere giudicati solo dopo una condanna?
La forma è condivisibile: ma Caffo è davvero colpevole?
Zerocalcare non sbaglia nel denunciare l’inadeguatezza di un invito che, per la delicatezza del contesto, sembra più una provocazione che una scelta ponderata. Tuttavia, nella sostanza, la questione è ben più complessa: Leonardo Caffo non è stato condannato, nemmeno in primo grado. Eppure, il tribunale del pubblico, più veloce e spietato di qualsiasi aula di giustizia, ha già emesso il verdetto. È giusto impedire a un uomo, al momento innocente per la legge, di partecipare a un evento culturale solo perché è imputato?
La risposta non è semplice. Da un lato, la presenza di Caffo rischiava di oscurare l’intera manifestazione, che avrebbe inevitabilmente virato dal dialogo sull’editoria a un dibattito sul caso personale del filosofo. Dall’altro, è innegabile che l’ostracismo sociale anticipa sempre più i tempi della giustizia, escludendo dalla vita pubblica chiunque sia solo sospettato di comportamenti discutibili.
Un cortocircuito tra etica e giustizia
L’aspetto più preoccupante di questa vicenda non è tanto la scelta di Zerocalcare, coerente con la sua sensibilità, quanto il messaggio implicito che essa trasmette. Viviamo in un’epoca in cui le accuse, vere o presunte, bastano a distruggere reputazioni e carriere. Non importa se i processi sono ancora in corso: la presunzione d’innocenza è ormai una formula vuota, sacrificata sull’altare della morale collettiva. Chiara Valerio, che ha difeso l’invito di Caffo, si è trovata a essere bersaglio di una polemica che ha costretto lo stesso filosofo a rinunciare, senza che nessuno gli abbia realmente chiesto conto delle sue azioni o dei suoi pensieri. In nome di quale giustizia si impedisce a un imputato, non a un condannato, di parlare di editoria?
La deriva del moralismo
Questo non significa assolvere Caffo o minimizzare le accuse, ma riconoscere che esiste una differenza sostanziale tra la giustizia penale e la giustizia sociale. La prima si basa su prove, testimonianze e sentenze; la seconda su emozioni, percezioni e pressione mediatica. Il problema è che, sempre più spesso, la seconda si sovrappone alla prima, creando un cortocircuito in cui i valori di trasparenza e dialogo soccombono al bisogno di schierarsi, subito e senza sfumature. Zerocalcare ha scelto di non partecipare per coerenza, e questa è una decisione che merita rispetto. Ma la sua scelta, così come l’intera vicenda, è il sintomo di una società che fatica a distinguere tra la difesa dei diritti delle vittime e il rispetto delle garanzie per gli accusati.
Forse, prima di accendere i riflettori su eventi e ospiti, sarebbe utile riflettere su cosa significa davvero giustizia. Caffo ha rinunciato, ma non è stato condannato. E questo dettaglio, a dispetto di tutto, dovrebbe fare la differenza.