Culture

Cetto c’è. A discapito della critica

Andrea Lorusso

"Gli italiani sono da sempre un gregge di pecore, si bevono qualunque minchiata.” Ha ragione Cetto La Qualunque, nella bella interpretazione del suo terzo sequel, dopo la pellicola d’esordio del 2011 e quella del 2012. Sette anni dopo “Cetto c’è” ritorna con il suo mantra del politico calabrese corrotto e scanzonato, pieno dei difetti tipici della nostra cultura meridionale ed italica.
 
Le mimiche facciali, le espressioni, la trama sulla falsa riga dei precedenti episodi cinematografici, ma questa volta con un tocco d’attualità su sovranismo, Germania dura (e furba), e soprattutto con il focus incentrato sull’esigenza di un Monarca, in questa Democrazia fallimentare.

Due milioni e mezzo di euro l’incasso nel primo week-end, nonostante le blasonate critiche arrivate un po’ trasversalmente, tipo da Il Fatto Quotidiano “non fa né ridere né piangere”, Il Giornale “personaggio datato”, Wired “fermo a 7 anni fa”. Questo uno dei commenti dell’attore protagonista Antonio Albanese, in un’intervista per Repubblica: "Io che amo la comicità in modo viscerale trovo sempre più difficile metterla in scena perché davvero, è una banalità ma è vero, la realtà supera ogni forma di comicità, pure la mia che è sopra le righe e paradossale. Cetto è diventato un moderato e questo mette in allarme, mi spaventa la paura che si diffonde e il modo di manovrare la popolazione. Il 2016 è stato l'anno con il più basso numero di omicidi eppure si fa propaganda con la paura".

Non c’è che dire, La Qualunque è bravo, è riuscito ad incarnare, ancora una volta, tutte le grottesche oscillazioni del panorama politico attuale. Da Berlusconi a Salvini, dalla sinistra radical chic al M5S. Chapeau!