Faccendieri e piduisti alla conquista del giornale - Affaritaliani.it

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Faccendieri e piduisti alla conquista del giornale

Con l'acquisto del "Corriere della Sera", avvenuto nel 19-8. la Rizzoli assurse al ruolo del più potente gruppo editoriale europeo. Si trattava d'un gigante dalla costituzione gracile. In quel momento, la perdita -'nanziaria del gruppo assommava a quasi 11 miliardi di lire e alla fine _all'anno avrebbe toccato la punta di 19. La dirigenza tentò di ricorre-, al credito bancario, ma essendo stato il "Corriere" di Piero Ottone Donato di filocomunismo le banche, egemonizzate dalla Democrazia Cristiana, tenevano serrate le borse del credito. Fu questa la ragione per Li quale Angelo Rizzoli junior e il direttore generale del gruppo. Bruno Tassan Din, si rivolsero all'avvocato Umberto Ortolani, un faccendiere romano, che li presentò a Licio Gelli, capo della loggia massonica segreta P2 il quale a sua volta li indirizzò verso il presidente del Banco Ambrosiano, che allargò i cordoni della borsa del credito.

Con il finanziamento del Banco Ambrosiano il gruppo Rizzoli-Corriere della Sera acquista "Il Mattino" e "Sport Sud" di Napoli. "Il Piccolo- di Trieste, "L'Eco di Padova", "Il Giornale di Sicilia" di Palermo. D'Alto Adige" di Bolzano, "L'Adige" di Trento, "Il Lavoro" di Genova. Qual è il di,,, gno di una così sfacciata manifestazione di potenzialità seguita alle dilli colta del complesso industriale? Oppure (come prima si ipotizzerà e pii si scoprirà) qual è la trama che si nasconde dietro queste operazioni?

La ricostruzione successiva determinata dalle indagini condotte ( magistratura e precisate dalle scoperte della Guardia di Finanza accel li. che un nucleo eversivo, la loggia massonica P2, attraverso collegano ii ti con i servizi segreti e il loro coinvolgimento nelle trame che aveva", insanguinato il paese (dal delitto Moro ai diversi attentati) al cent to ti, i quali c'era Licio Gelli, aveva lo scopo di favorire l'avvento d'una settin da repubblica in Italia.

Quando nel 1974 la crisi della chimica travolse il potere di Cefis, un potere che poggiava sulla finanza, sulla stampa e sui servizi segreti, sulla scena fecero la loro comparsa due pericolosi incursori che lo sostituirono: Michele Sindona e Licio Gelli. Avvocato originario di Patti, in Sicilia, il primo era emigrato negli anni Cinquanta a Milano dove era diventato legale dell'Unione dei Commercianti. Tra i Sessanta e i Settanta era assurto a intermediario nel sistema finanziario italiano utilizzando una serie di (aperture politiche che avevano fatto la sua fortuna.

stringendo legami con mafiosi americani (sin dal 1961 era indagato ilall'Fbi), l'avvocato siciliano si era procurato l'appoggio di ambienti exani che facevano capo a David Kennedy, segretario al Tesoro nell'amministrazione Nixon. Grazie a questa commendatizia, il legale di Patti era entrato in rapporti con esponenti della Finanza vaticana, come Massimo Spada e monsignor Marcinkus.

Ma nel marzo 1974 il ministro del Tesoro Ugo La Malfa s'oppone .111 aumento di capitale di una finanziaria di Sindona, la Finambro. I ostacolo lamalfiano provoca il crack dell'attività dell'affarista. La iii.igistratura procede alla liquidazione coatta delle società sindoniane nominando liquidatore l'avvocato Giorgio Ambrosoli (27 settembre
1974), mentre il giudice istruttore romano Ovilio Urbisci spicca un mandato di cattura contro il siciliano, che si rifugia in America. (lui assolda un killer che uccide il legale milanese, intransigente mandatario delle funzioni assegnategli dalla giustizia.

Negli anni dei suoi "successi" finanziari, Sindona aveva tentato di sosi tuire Eugenio Cefis nel controllo di una larga parte della stampa italo na. Lasciata l'Eni nel marzo 1971, Cefis aveva assunto la presitici,. della Montedison. Una scalata che aveva rappresentato un monient. culminante della "guerra della Chimica italiana" le cui prime avvisagli. erano emerse negli anni Cinquanta.

Divenuto capo del gruppo chimico, l'ex presidente dell'Eni tentò di ou trollare una buona parte dei giornali del nostro paese. Direttamente n indirettamente caddero sotto il suo predominio "La Gazzetta del 1)(
di Torino, "Il Messaggero" di Roma, "Il Secolo XIX" di Genova. foraggiamenti "il Giornale" di Montanelli attraverso la Spi; fu so, t tititt, anche il comunista "Paese Sera". Un vero colpo da maestro fu la sitl it4 al "Corriere della Sera", con l'assicurazione delle necessarie copci Rizzoli che subentrò ai tre precedenti soci, Agnelli, Moratti, Crespi

Scriverà l'ex direttore nel suo Storia del giornalismo italiano: "La stampa di regime che aspetto aveva? Come nei paesi occupati da un esercito nemico si continua ad andare al cinema e a teatro, e a insegnare Ci, erone nelle scuole e a godere le vacanze d'estate, così nella stampa ocupata si continua a dare notizie, come sempre. Loccupazione a tutta prima non salta all'occhio. Al 'Corriere' rimasi fino all'autunno del 1977, dopo aver detto ad Andrea Rizzoli, quando ne diventò proprieiario, che intendevo continuare con gli stessi criteri di prima, ma ero 'monto ad andarmene se quei criteri non erano approvati dalla proprie-Coraggioso, Andrea mi chiese di restare probabilmente precludendosi, con quella decisione, le vie di credito controllate dal regime". )ttone ricorda ancora che nell'estate del 1977 decise di andarsene peri li(' in quei mesi la proprietà del "Corriere" era passata (al1'80 per cento) al Banco Ambrosiano. Egli non ne era ancora a conoscenza. ropetaiione era stata coperta da segreto. 11 deus ex machina era stato Andrea il quale egli presentò le dimissioni. "Il Rizzoli ne fu contrariato. Gli dissi: 'Ormai i nostri problemi trovano soluzione'". La poltrona abbandonata da Ottone, quella poltrona che era stata di Luigi Albertini, fu i idata a Franco Di Bella, un bravissimo giornalista che, attirato dalle Siwite della P2, si aggiunse nella lista di Licio Gelli.

soluzione credettero d'averla trovata Angelo Rizzoli junior e Bruno I i .•,an Din i quali, forse su suggerimento d'un qualche piduista, tenta-1,11, dapprima di scaricare sullo Stato i passivi delle aziende del grupp, I ,o strumento doveva essere un emendamento da inserire nella legge 1,, i l'editoria. Ma la stampa denunciò gli aspetti scandalosi dell'opera e l'emendamento non fu presentato.

della Lombardia, testimonierà a favore dell'ex direttore del "Coi i della Sera" osservando che "durante la direzione Di Bella, pur non i lin, prendendo come questi fosse finito negli elenchi, egli, ricordandoli i i 11114 un direttore onesto, leale e coraggioso, rivela che aveva scritto sul poi it4 le per cinque volte sulla P2 chiedendone lo scioglimento".

E appare veramente abominevole che si sia tentato e si tenti, alla maniera della peggiore scuola nazista, di sterilizzare professionalmente i giornalisti che per la loro coerenza non si sono mai piegati alle mode politiche e ai voleri del Palazzo".

I )ecisamente, gli anni Ottanta non portarono bene al gruppo RizzoliCorriere della Sera. Proprio alla fine del decennio cessò le pubblicazioni dopo novant'anni di vita "La Domenica del Corriere". Una morte dovuta alla sua troppa salute. Non è un paradosso. Il settimanale vendeva oltre un milione di copie, tanto è vero che per stamparlo si doveva ricorrere a tre rotative. Tuttavia era privo di pubblicità perché il targer dei suoi lettori era di livello basso e non allettava i pubblicitari. Per Acquistare réclame, i dirigenti rivoluzionarono il giornale modificando ;1.,ifica e struttura e provocando l'abbandono dei vecchi lettori prima però di avere acquisito quelli nuovi. La rivista perdette migliaia di copie alla fine dovette essere chiusa.

Nata nel 1899 schivando il logo di "Cardo" che gli voleva appioppare ktigenio Torelli Viollier, "La Domenica del Corriere", così battezzata da luigi  Albertini, visse per novant'anni una vita intensa e contrassegnata da successi. Un anno dopo l'uscita, il magazine sfiorava le 100.000 copie di vendita e faceva guadagnare ai proprietari 60.000 lire. Una riusciLi impensabile in un paese di 32 milioni di abitanti dove c'era il 48,7 pel cento di analfabeti.

All'inserto collaboravano firme prestigiose: Giuseppe Giacosa, Ugo Oietti, Francesco Pastonchi, Matilde Serao. Del favore che il giornale i ;scuoteva presso il pubblico, gran parte del merito andava al giovane Achille Beltrame. Giungeva presto in redazione, raccoglieva le indica-/ioni che gli dava il direttore per le illustrazioni, usciva pensieroso e toro.iva alcune ore più tardi con le tavole sempre fedeli alla realtà.

Ir.inne una volta. Fu in occasione della morte del presidente francese I ix Faure, raffigurato agonizzante al suo tavolo di lavoro. Nella realtà Io statista era spirato tra le braccia d'un'amica. Ma Beltrame non lo poteva sapere. Attraverso i pennelli del disegnatore, la "Domenica" diventa un testimone fedele degli eventi che la realtà, soprattutto italiana, registra; l'attuarlo di tutte quelle piccole storie che fanno la So il i Al consolidamento delle fortune del giornale contribuiscono le pulii te delle "Meravigliose avventure di Louis de Rougemont", l'espio' moli francese delle isole del Pacifico, e i romanzi di Henry Rider precursore del simbolismo e del decadentismo di Edgar Allan Poi. Attorno al 1907 compaiono le cartoline del pubblico. Il concorso po metteva "300 lire a chi avrà meritato la pubblicazione del mal, li i, numero di barzellette; 200 a chi gli verrà vicino; 100 lire a quelli verrà immediatamente appresso".

Morto nel 1915 il primo direttore Centelli, il giornale è affidati, Ferdinando D'Amore. Poiché tutti i suoi giornalisti sono stati mi dilli tati per la guerra, egli è costretto a preparare i numeri da solo. Ma d i.i tore non se ne accorge. Nel '19, a vent'anni dalla sua apparizioni , "Domenica", divenuta il giornale della piccola borghesia urbana arti cola e di parte di quella media, tocca la quota di un milione di i olle Spetterà a Eligio Possenti, fine critico teatrale, che ne assume la (liti ne nel '29, guidare il settimanale attraverso gli anni del fascismo , .1.1 l'occupazione nazista. Per alcune concessioni fatte ai tedeschi, i I pii Il gioco supplemento, alla fine della guerra, sarà colpito da un liti periodo di epurazione: si chiamerà "La Domenica degli Italiani
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Il successo dell'accoppiata Possenti-Buzzati assume un valore I gai i i lare in quanto alla fine della guerra nel mercato editoriale itahitne nascono parecchi settimanali, che inutilmente tentano di scalfire il primato della "Domenica". Anche perché i due uomini di cultura riescono a trasformare il giornale nel settimanale della borghesia minima e del proletariato in ascesa.

Ma paradossi industriali, calcoli sbagliati e divinatori maldestri compromettono irrimediabilmente la salute dell'ebdomadario. Tirando moltissime copie, la "Domenica" ha raggiunto quel livello di copie oltre il quale un editore perde quattrini anziché guadagnarli. Nel frattempo alcuni fasulli profeti vaticinano che se non si provvede per tempo a trasformare la pubblicazione, questa seguirà prestissimo nella tomba i suoi canuti lettori. La soluzione è individuata nel mutamento del target e nel rivoluzionamento del giornale dal punto di vista grafico e del contenuto per cattivarsi la pubblicità di cui la testata difetta. Questo sovvertimento avveniva all'esordio degli anni Sessanta. Fu un disastro. I vecchi lettori non si riconobbero più nel nuovo giornale. Amavano duella "Domenica" "originale" che pretenziosi intellettuali consideravano invece un giornale pieno di banalità. Le cartoline del pubblico, Le Mozze d'oro, La realtà romanzesca, I consigli del medico, Chi l'ha visto? ci-ano rubriche disprezzate e irrise da taluni, sezioni dell'ebdomadario.