“Gli amici del deserto”, viaggio nella solitudine (e nel silenzio) con Marco Mancassola - Affaritaliani.it

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“Gli amici del deserto”, viaggio nella solitudine (e nel silenzio) con Marco Mancassola

di Alessandra Peluso

MarcoMancassolaFeltrinelli

Leggendo “Gli amici del deserto” (Feltrinelli) di Marco Mancassola ha provocato in me inquietudine. Ancora una volta la solitudine diventa un'arma per distruggersi. Ovviamente non svelo il perché, lo si comprenderà leggendo il libro. Una miriade di filosofi, intellettuali, poeti hanno trasmesso l'idea che la solitudine è necessaria, il silenzio aiuta a conoscersi e insegna a comunicarsi e a comunicare. È sublime il silenzio, la solitudine quando si ode il respiro lento, a tratti affannoso, concitante e quando ti parla. Quante cose può dirti il silenzio.


Ed è dell'eremo, della vita da eremita che avverte un bisogno primordiale il protagonista del romanzo per riuscire ad allontanarsi dalla «tempesta di polvere che è il mondo, dove la gente si agita isterica e perde il lavoro e si accoppia e si lascia senza comprendersi, senza davvero essersi riconosciuta». (p. 15). È straordinariamente reale e quantomai sorprendente il racconto di Marco Mancassola che dimostra di osservare il vivere quotidiano, ma che è consapevole di essere giunto al punto in cui occorre ricercare l'esistenza, se stesso.

Non rifugge la vita, anzi la ricerca, quella autentica che muovendo dal monastero nella sterminata California sino ad attraversare il deserto con il suo migliore amico ritroverà, esperienza che non gli  provocherà certo poco dolore. Senza dubbio leggere “Gli amici del deserto” trasporta il lettore nella dimensione affascinante del viaggio da quello concreto a quello mistico, ideale, reale che trova nel profondo “Io” e riconosce dopo un'esistenza “claustrofobica” una via d'uscita. Riscopre il sentimento.

«So che mi ha guarito salire su un altopiano e intuire che l'amore non è un prodotto individuale. Esiste in sé, nonostante le desolazioni umane, esiste come una legge della fisica». (p. 146). Ma ciò che è meraviglioso notare è che il protagonista vede con gli occhi dell'anima l'amicizia e impara ad apprezzarla come non aveva mai fatto e a riconoscerle un valore inestimabile.     Sembra che l'autore abbia seguito la lezione aristotelica, ossia raggiungere la felicità con la contemplazione e l'amicizia è necessaria appunto alla felicità, la forma più alta dei sentimenti umani, l'unica che perdura. Ed ecco che l'inquietudine iniziale che ho percepito nelle pagine del romanzo, questa sensazione che incombe nei personaggi del racconto e forse anche nell'autore scompare. Aleggia la serenità, la quiete di un uomo che ha avuto l'ardire di ricercare, il sano germe del dubbio, ritrovandosi attraverso un magnifico viaggio nelle stanze del suo essere senza questa volta perdersi. 

“Gli amici del deserto” è una lettura appassionante, avvincente, ma soprattutto sorprendente sotto ogni aspetto, fornisce molteplici chiavi di lettura. Curati i dettagli, i volti, abbandonate le maschere - che la vita a volte impone di usare -  si assapora la bellezza dello stare insieme, la purezza dei rapporti umani possibile soltanto quando si ha avuto la consapevolezza della propria bellezza e dell'individuale genuinità. Marco Mancassola sperimenta la solitudine, il silenzio come una panacea per la vita.