È consuetudine nell’umano coscienzioso vivere i gradi esistenziali di un percorso che conduce alla probabile salvezza passando dalla morte della carne all’espiazione dei peccati. Allo stesso modo la poesia di Luca Imperiale riflette il poema epico con il Cristo, il passaggio dalla vita terrena a quella divina. Un uomo che attraversa il deserto, la tragedia sino alla resurrezione. Imperiale poi gioca col verso divinizzandolo, avvantaggiato dalle sue conoscenze teologiche, essendosi per l’appunto laureato in “Scienze religiose”.
Accingersi alla lettura di “I giorni dell’ombra. Diario degli occhi disarmanti” (Musicaos Editore) induce a comprendere l’interiorità e la molteplicità di Io che irrompono in un’unità apparentemente sistemica. La poesia di Luca Imperiale grida alla “croce”, al dolore che ha straziato ogni silenzio. Si legge: «Sulla via della Croce / tremebondo sgomento / profezie insanguinate / respiri di affanno e tristezza. […]. Sulla via della Croce / l’ultimo incontro / la porta d’ingresso / l’umanità viva nella Vita» (p. 19). E ancora: «Lacrime tue bagneranno le tombe / legno di dolorosa accoglienza / le lacrime tue per il sangue di tutti / laveranno le polveri dai cassetti soli» (p. 45). Non si tratta di una semplice lettura dal momento che l’Autore argomenta con i suoi versi le contraddizioni conflittuali dell’umanoidentificandolo con un corpo martoriato: il Cristo in croce. Sono “nuvole ribelli” le poesie di Imperiale che tentano di entrare nel significato col significante,offrendo anche pennellate di colori chiaro-scuri in un quadro dell’interiorità.
“I giorni dell’ombra. Diario degli occhi disarmanti”sembra che siano“voci bambine di una volta”, “voci silenziose in tutta fretta”, “piazze di paese”, “vicoli soli” dove si scandiscono in un tempo determinato o forse ciclico quegli aspetti foschi che gli occhi osservano e annotano. Così con gli “occhi” Luca Imperiale offre ai lettori il desiderio di cercare la luce, la voglia di un sorriso e di fare la pace tra “uno scorcio d’arcobaleno”. E poi, nel “silenzio del Cristo” la speranza: la “primavera”. È indubbio persino che la silloge di Imperiale sia una lotta incessante col proprio demone. La fatica di sapersi vivo e l’urgenza di dare un senso alla propria vita. In un gioco di specchi si dipanano sensazioni durissime di sofferenza, incomprensione, solitudine. Si disvela una nitida realtà.
All’interno del libro, tra le poesie si trovano gli interventi di Alessandro Errico e di Valentina Murrieri, di Valerio Capasa e Marcello Buttazzo: anche loro condividono un registro teso all’interiorità e indirizzatoa una poesia autentica che tenta di riportare sui giusti binari la contemporaneità. Mentre lacopertina è affidata a Fabio De Donno.
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