Culture
Romanzo distopico/ Se la Sicilia fosse stata annessa agli Usa...
COS'E' INDIES - Feltrinelli e il meglio dell’editoria indipendente inaugurano una formula inedita di collaborazione. Nottetempo, Voland, Transeuropa, Nutrimenti, 66thand2nd, Zandonai sono le case editrici che hanno dato vita a una sinergia con Feltrinelli per creare una nuova collana di narrativa trasversale e innovativa. Indies è un laboratorio permanente di ricerca letteraria per fare emergere le voci più nuove e più interessanti della narrativa contemporanea italiana e internazionale. Indies unisce le competenze nel campo di ricerca e sperimentazione degli editori indipendenti all’esperienza e alla forza di Feltrinelli. L’obiettivo è semplice: pubblicare romanzi di grande qualità, presentare autori di pregio in una veste raffinata e moderna, parlare ai lettori più forti e più curiosi, ma al tempo stesso offrire le proposte editoriali degli indipendenti a un pubblico più vasto possibile. “Indies – afferma Gianluca Foglia, direttore editoriale di Feltrinelli - è un esperimento di collaborazione completamente nuovo, non solo per l’Italia, e oggi quanto mai attuale. È un progetto aperto, nato da un’idea condivisa con Giulio Milani di Transeuropa, e che ci piacerebbe estendere progressivamente anche ad altri editori interessati a partecipare. Sarà un’avventura entusiasmante per noi e per i lettori”.
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LA TRAMA - Con l’appoggio della mafia, la Sicilia viene annessa nel secondo dopoguerra agli Stati Uniti, diventando un avamposto strategico con cui gli americani controllano la minaccia comunista nel resto della penisola e in Europa. "Il 49esimo stato", il romanzo di Stefano Amato in uscita per Indies il 9 ottobre, narra le vicende tragicomiche di un gruppo di giovani di questi stralunati anni Settanta, Jeff, Harry, George e Lucky, che sognano di sfondare nella scena musicale punk internazionale grazie alla collocazione geopolitica dell'isola. Nel 1978 ricorre il trentennale dell’annessione della Sicilia: le celebrazioni prevedono un concerto dei Ramones, e i ragazzi sentono di dover trasformare le loro velleità in qualcosa di concreto per essere selezionati come gruppo di apertura. Quella di Amato, tuttavia, non è solo una storia di giovinezza scapigliata e irriverente; la sua Sicilia e il suo mondo immaginario offrono una lucida rappresentazione dell’egemonia culturale e politica degli Stati Uniti nei confronti dei paesi subalterni mantenendo sullo sfondo i drammi dell’Italia nell’anno del rapimento di Aldo Moro e della strategia del terrore.
L'AUTORE - Stefano Amato (Siracusa, 1977) ha pubblicato racconti su Linus, Maltese narrazioni, Fernandel e presso altre riviste letterarie. Ha tradotto in italiano per la rivista “Frenulo a mano” i racconti del sito di McSweeney’s, la rivista fondata da Dave Eggers. Ha partecipato a diverse antologie, tra le quali Parlami di Aurelia (Diabasis, 2008), Posta ’sto libro e baciami (Zandegù, 2007). Per VerbaVolant ha pubblicato il lungo racconto d'esordio Soggetti del verbo perdere (2007); per Transeuropa ha scritto insieme a Fabio Genovesi uno dei tre racconti della Guida letteraria alla sopravvivenza in tempi di crisi e il romanzo Le sirene di Rotterdam (2009, selezione premio Città di Milano).

LEGGI SU AFFARITALIANI.IT UN ESTRATTO DALLE PRIME PAGINE DEL LIBRO:
1978
Parte prima 1.
George è quello di noi quattro che non parla mai. Quando al jukebox suonano per l’ennesima volta Hotel California non fiata, si limita a infilare un indice in bocca e a premere il grilletto col dito medio. Poi si rituffa nel suo hamburger. “Vi avverto, se mettono di nuovo gli Eagles me ne vado,” dico io. Lo sciagurato di turno è un ragazzo ben piantato e coi capelli tagliati a spazzola. Indossa il giubbotto dello University College of Sicily (quello rosso a maniche gialle, sul petto una U, una C e una S intrecciate) e mentre torna al suo tavolo scambia un cenno del capo con Lucky, l’unico di noi a frequentare l’università. “Atleti del cazzo,” mormora Harry prima di bere un altro sorso di Bud. Lucky si muove a disagio sulla panca imbottita. Sta per rispondergli come sempre qualcosa, ma alla fine lascia perdere. Mi sa che è troppo eccitato per arrabbiarsi. “Allora?” gli faccio. “Che dovevi dirci?” “Esatto,” dice Harry, così chiamato dai suoi genitori in onore di Truman. “Sentiamo questa ‘notizia bomba’.” È il 2 gennaio, e noi siamo seduti al nostro solito tavolo da Salvo’s, il locale di Gelone avenue che cucina, come recita il neon lampeggiante all’entrata, i migliori hamburger di Siracusa. Anche se l’unico a essere d’accordo credo sia George. Come faccia quel ragazzo a essere magro come Twiggy con tutta la roba che mangia, nessuno l’ha mai capito. Salvo’s è un po’ il nostro ufficio. Il caffè costa poco e quando ordiniamo una birra non dobbiamo tirare fuori la patente per dimostrare che i ventuno li abbiamo compiuti ormai un paio d’anni fa. Sono soltanto le cinque ma fuori è già buio. Attraverso la vetrina vediamo i fari delle macchine puntarsi a vicenda lungo Gelone avenue. I clacson dei taxi formano un muro sonoro appena attutito dai vetri del locale ancora addobbato con le decorazioni natalizie d’ordinanza: un piccolo albero di Natale accanto al registratore di cassa, un Babbo Natale della Coca- Cola appeso all’entrata e una fila di lampadine (alcune fulminate) che decora il bordo dello specchio dietro il bar. Il fumo rende l’aria azzurra. I tavolini e gli sgabelli al bancone sono occupati da universitari, hippy, operai a fine turno, studenti delle superiori che approfittano degli ultimi giorni di vacanza. In sottofondo, sempre gli Eagles. “Allora?” dice Harry. Lucky si siede meglio e ci fissa a turno. “Sapete che giorno è il primo maggio, vero?” “Certo,” dico io, “è il trentennale dell’annessione. Lo sanno tutti, Lucky.” “Sì, Jeff, ma non tutti sanno che quest’anno lo Stato sta organizzando le cose in grande. La cerimonia sarà qualcosa di pazzesco, niente a che vedere con quella di dieci anni fa.” “Addirittura,” dico, anche se ricordo pochissimo di quel giorno: una parata lungo Lincoln avenue ripresa dalla Nbc, un numero delle cheerleaders a forma di Sicilia durante il Super Bowl, un messaggio di Lyndon Johnson trasmesso al telegiornale. “Sì, verranno anche ospiti da fuori. Ospiti d’eccezione, nel senso…” dice lui ammiccando. Harry mi dà di gomito. “Sai una cosa? Scommetto che gliel’ha detto papà suo.” Lucky arrossisce all’istante. “Senti, vaffanculo,” dice. Al suono di quelle parole Harry scatta in piedi. Ci risiamo. Mentre cerco di rimetterlo a sedere, lui sovrasta l’assolo di Hotel California: “Dici a me? Ce l’hai con me?”. “Harry,” lo chiamo. “Ce l’hai con me o no? Rispondi,” urla facendo voltare tutti. Anche Salvo, il proprietario del locale, ci fissa accigliato da sopra la piastra sulla quale sta rosolando gli hamburger. “Datti una calmata, Travis,” dice Lucky. Nel senso di Travis Bickle, il tassista di Taxi Driver. Harry si rimette a sedere. “Vai al punto,” dico a Lucky mentre George scarta e comincia a mangiare una delle barrette Hershey che gli germogliano continuamente in mano. “Mi ha detto mio padre – ok? – che la sera del trentennale ci sarà anche un concerto rock nella palestra dell’università. E indovinate chi suonerà? Forza, provateci.” “Sono famosi?” dico. “Direi.” “Gli Aerosmith,” fa Harry. “Acqua.” “I Led Zeppelin,” dico io. “Acqua.” Con la bocca piena, George dice: “Beatles”. “Acq… Cosa? I Beatles? Ma che cazzo dici? Se si sono sciolti quasi…” Lucky però taglia corto perché ha notato l’espressione da folle che assume Harry ogni volta che qualcuno tratta male George. “Senti, diccelo e basta,” faccio io. “Va bene, tenetevi forte.” E dopo una pausa: “Suoneranno i Ramones”. Noi tre impieghiamo un po’ di tempo ad assimilare la cosa. “I Ramones?” mormora Harry alla fine. “Sei sicuro?” “Certo.” “Proprio loro in carne e ossa?” dico io. “Gli originali?” “E chi se no?” “I newyorkesi?” insisto, chi se ne frega se sembro uno stupido. “Quelli del Cbgb eccetera?” Lucky annuisce tutto il tempo con un sorriso soddisfatto stampato in faccia. In quel momento mi ricordo della t-shirt che indossa George sotto il giubbotto di pelle. Se l’è fatta lui, è un maglietta bianca con sopra stampata la copertina del primo lp dei Ramones. Senza neanche chiedergli il permesso, mi allungo sopra il tavolo e gli afferro le falde del giubbotto, poi allontano le mani di scatto così che la zip gli si apre fino all’ombelico lasciando scoperta l’immagine: quattro brutti ceffi vestiti come noi, che in piedi davanti a un muro di mattoni grezzi fissano torvi l’obiettivo. “Questi?” dico. Lucky ruota gli occhi verso l’alto. Mi volto a fissare Harry, incredulo quanto me, e insieme lanciamo un urlo che fa voltare di nuovo tutti quanti. Poi scambiamo alcuni cinque in alto con George. Anche Lucky ci mostra la mano aperta, e dopo un attimo di incertezza lo accontentiamo.
(continua in libreria)