Culture
Liceo classico, così si è "svecchiato". Ora gli studenti tornano a iscriversi
Notte Nazionale del Liceo Classico. Una celebrazione degli studi classici e un'occasione per riflettere sull'indirizzo liceale che più di ogni altro li promuove
La Notte Nazionale del Liceo Classico, iniziativa nata nel Liceo Gulli e Pennisi di Acireale (venerdì 12 gennaio, dalle 18.00 alle 24.00), giunta in un crescendo di adesioni e partecipazione in tutta Italia alla quarta edizione, è l'occasione per ripensare al Liceo Classico: un indirizzo di studi che, dopo aver goduto per decenni di fama e prestigio indiscussi, era recentemente caduto in disgrazia, accusato di essere una scuola ormai superata, incapace di comprendere la realtà contemporanea e inadatto a preparare agli studi superiori e al mondo del lavoro; un indirizzo che oggi, invece, si scopre nuovamente capace di fascino e vitalità, come attestano i dati sulla ripresa delle iscrizioni negli ultimi due anni.
L'inversione di tendenza non ha, però, spento il dibattito sull'attualità dell'indirizzo Classico e sulle sue prospettive future cui partecipano da anni studiosi, professionisti ed esponenti del mondo della scuola: tra i numerosi convegni e dibattiti non si dimentica il "Processo al Liceo Classico" tenutosi al Teatro Carignano di Torino il 14 novembre 2014 quando, davanti a Andrea Ichino Pubblico ministero e a Umberto Eco Avvocato difensore, una Corte di studiosi chiamati a giudicare assolse questo indirizzo di studi, esortandolo, però, a aprirsi alle innovazioni e a inserire nel proprio curricolo altre materie, indispensabili per comprendere e affrontare il futuro.
L'appello non cadeva nel vuoto. Incontrava, anzi, un terreno fertile di riflessione e di indagine, di chi stando a scuola vedeva passare dietro ai banchi alunni sempre diversi, e sempre più rapidamente tali, e si domandava come favorire l'incontro tra il loro nuovo modo di apprendere, il loro nuovo mondo e la ricchezza di una scuola di tradizione.
Di qui sono nate molte idee, tradotte poi in progetti, così oggi abbiamo istituti che sperimentano un’organizzazione didattica diversa dalla tradizione, sfruttando la flessibilità del monte ore, per proporre approfondimenti disciplinari, talvolta quasi piccoli corsi monografici; abbiamo corsi di Liceo Classico bilingue, la sperimentazione ventennale del Liceo Classico Europeo, con l’ideale fusione di studi classici, scientifici e linguistici. Numerose sono poi le iniziative promosse dalla scuola in sinergia con il mondo accademico per innovare la didattica delle discipline classiche, specifiche di questi studi, quali la certificazione della lingua latina, che vede gli studenti impegnati a dimostrare le proprie conoscenze linguistiche sulla falsa riga delle certificazioni linguistiche moderne, i certamina, gare di traduzione o composizione o altre elaborazioni dei testi classici greci e latini e i laboratori teatrali.
L'innovazione accompagna, senza snaturarla, una scuola che ritrova, però, in se stessa il proprio significato e con questo risponde alle obiezioni che le vengono mosse.
Il Liceo Classico è anzitutto un 'liceo' che, nella società odierna dove cultura e informazione tendono a sovrapporsi, testi e autori godono tutti della medesima vetrina "in rete", mera apparenza di democrazia, ha il compito di insegnare a leggere tra le righe, di offrire gli strumenti per esercitare una scelta, in definitiva per comprendere la realtà. Gli studi liceali, tutti, rappresentano l'occasione per formare il senso del bello e del giusto, la capacità di esprimere un giudizio, di accostare un problema con metodo, di impostare una riflessione con coerenza, senza eluderne la complessità.
'Il Classico' sarà tale, allora, se sarà anzitutto un liceo: un segmento significativo della formazione di uno studente come anche di un cittadino, non il ritrovo esclusivo di pochi affezionati al culto del passato, ma una palestra di pensiero e di cittadinanza.
'Il Classico' sarà tale se saprà preparare a studi superiori, suscitando la consapevolezza che la propria formazione non è mai definitivamente compiuta, "sapendo di non sapere", e non già perché mai abbastanza compiaciuti del proprio, ma perché certi che gli orizzonti della società globale garantiscono a tutti la possibilità e l'obbligo di non accontentarsi del proprio.
'Il Classico' sarà tale non se preparerà a un mestiere nel mondo del lavoro, ma se preparerà piuttosto a saperlo cercare nei luoghi, nei tempi e nei modi nuovi in cui si manifesterà; a saperlo inventare, a riconoscere e a studiare le caratteristiche e le tendenze di un mondo del lavoro sempre più fluido. Sarà tale se susciterà la flessibilità di pensiero che, sola, guida ad adattarsi al nuovo mondo del lavoro e a gustarlo, non a subirlo.
'Il Classico' sarà tale, infine, se avrà un mondo di letture selezionate, scelte per lasciar emergere gli esempi di valore, imprescindibili, su cui esercitare la riflessione e l'analisi critica per poi poter spaziare nel mondo della letteratura tutta, testi esemplari di una corrente di pensiero, di un sentire o, ancora, di uno stile, testi vivi e vitali, che risuonino della storia dei loro lettori, testi 'classici', appunto. Se con Italo Calvino pensiamo i classici come «quei libri che ci arrivano portando su di sé la traccia delle letture che hanno preceduto la nostra e dietro di sé la traccia che hanno lasciato nella cultura o nelle culture che hanno attraversato» (Perché leggere i classici, 1991), allora leggeremo l'Odissea, leggendo con essa anche tutte le sue riletture, le interpretazioni feconde, forse anche le sovrainterpretazioni, che l'hanno accompagnata talvolta nel tempo: intravedremo le Colonne d'Ercole e con Ulisse bruceremo nell'Inferno dantesco, con Primo Levi riscopriremo il canto di Ulisse nell'inferno della storia e chiuderemo il nostro viaggio tra le tante odissee del Mediterraneo.