Culture
Non solo un anniversario: ALBERT CAMUS. Una vita filosofica
Il “Mediterraneo” rappresenta in Camus il punto di origine e il punto di arrivo: «Già nelle opere giovanili il Mediterraneo era lo sfondo condizionante la vita dei suoi abitanti. I poveri algerini, ma anche i cittadini di tutti gli altri paesi rivieraschi, riuscivano a essere sereni e pacatamente felici, o a mitigare le sofferenze dovute alla loro condizione, grazie al Mediterraneo», scrive Aniello Montano, uno tra gli studiosi camusiani. Già per questo Camus dovrebbe essere riletto. Già.
Albert Camus è stato un intellettuale libero. Ha trasgredito ogni giorno con la sua vita proiettandola contro il potere del tempo, l’ideologia politica, la ricchezza per lui vacua. In questi ultimi giorni, in virtù del suo anniversario di morte il 4 gennaio 1960, è stato ricordato dalle principali testate giornalistiche: una lezione di vita, la sua, una condotta impareggiabile. Emozionante leggere la testimonianza della figlia Catherine a proposito del padre e della nuova pubblicazione per Bompiani, “Il primo uomo” in libreria da gennaio 2020. Ma, Camus ha appassionato con i suoi romanzi, col suo esistenzialismo, il suo liberalismo, la vivacità di pensiero, l’integrità intellettuale. La morte lo ha chiamato a sé troppo presto, sembra sia stata rapita anche essa dalla sua bellezza e ingorda lo ha strappato alla terra, ai suoi amori.
È noto per “Il mito di Sisifo”, “Lo straniero”, “L’uomo in rivolta”, “Caligola”, tuttavia ciò sul quale sembra opportuno soffermarsi è la poesia, il suo stile, che riecheggiano in particolare negli scritti “Nozze a Tipasa”, “Estate e altri raggi solari”, nei “Taccuini”; mentre, una biografia intensa e acuta è quella di Michel Onfray, “L’ordine libertario” (2013), nell’ambito della quale Onfray percorre la vita di Camus dalla giovinezza sino all’età adulta non semplicemente muovendo da un mero punto di vista soggettivo, ma con l’abilità di scrittura ed ermeneutica interpretativa ripercorre il pensiero filosofico di uomo che ha saputo essere anarchico e al contempo, ha voluto battersi per gli altri. Un “Diogene moderno” che “invita a non piegare mai la schiena sotto il peso delle armi e a rivendicare sempre il potere e la forza dell’intelligenza”. Quell’intelligenza – sottolinea Onfray – che si nutre dalla grande e barbara salute degli abitanti del Mediterraneo, amanti della vita, dà le spalle all’intelligenza che si abbevera alla fonte dello sfibrato nichilismo degli europei. Il libertario Camus in realtà considerava l’idea di un ordine morale che aveva visto nell’edonismo la causa della disfatta.
Ordine. Morale. Libertà. Concetti che risuonano lontani come il ticchettio della sveglia del mattino che non hai voglia di ascoltare. Camus tuttavia è anche il filosofo del “limite”, della “misura”, invoca la misura come valore della mediazione e scrive ne “L’uomo in rivolta”: «Esistono dunque per l’uomo, un’azione e un pensiero possibili a quel livello medio che gli è proprio». È ciò che il filosofo chiama pensiero meridiano. Infatti, la misura nasce dalla rivolta e non può viversi né sperimentarsi se non mediante la rivolta. È il costante conflitto, perpetuamente suscitato e signoreggiato dall’intelligenza che non trionfa dall’impossibile né dall’abisso. Si adegua ad essi. Qualunque cosa facciamo - afferma Camus - la dismisura serberà sempre il suo posto entro il cuore dell’uomo, nel luogo della solitudine. Tutti portiamo in noi il nostro ergastolo, i nostri delitti e le nostre devastazioni. Ma il nostro compito non è quello di scatenarli attraverso il mondo; sta nel combatterli in noi e negli altri. La rivolta, la secolare volontà di non subire, ancor oggi è al principio di questo combattimento. E aggiunge: «Solo i tiranni possono esercitare la libertà senza limiti; e, per esempio, Hitler era relativamente un uomo libero, l’unico d’altronde di tutto il suo impero. Ma se si vuole esercitare una vera libertà, non può essere esercitata unicamente nell’interesse dell’individuo che la esercita. [...]. La libertà esiste e ha un senso e un contenuto solo nella misura in cui viene limitata dalla libertà degli altri. Una libertà che comportasse solo dei diritti non sarebbe una libertà, ma un’onnipotenza, una tirannia».
L’infanzia felice di Camus è invece tratteggiata da Virgil Tanase, in “Albert Camus. Una vita per la verità” (2013), così come la sua “resistenza” anche alla malattia, l’amore per la madre, per l’Italia, quello per il teatro, il lavoro de “Il primo uomo” verso il quale, secondo Tanase, Camus si volta indietro come colui, che avendo smarrito il cammino, si guarda indietro per trovare dei punti di riferimento e capire la logica del tragico percorso nella speranza che possa indicargli quella da prendere. Dal romanzo “Il primo uomo” che sarà pubblicato tre anni dopo la morte di Camus, nascerà l'omonimo film del 2011 scritto e diretto da Gianni Amelio. Così come sono ripresi i temi sull’“Assurdo”, “Il mito di Sisifo”, “L’amore disperato della vita”, “Contro il nichilismo” della guerra in particolare e il riferimento ad Arendt: un saggio su Albert Camus in chiave filosofica di Roberto Gatti, Marta Bartoni, Laura Fatini, dal titolo “Un’utopia modesta” (2017).
Per di più, Camus oltre a essere un filosofo, è un poeta, un educatore, colui che ha trattenuto “corrispondenze” con René Char, suo amico, col quale condivide anche l’amore per la filosofia nicceana: la mattina dell’incidente stradale il 4 gennaio del 1960 fu trovata nella macchina anche una copia della “Gaia Scienza”. Insegna ad amare la bellezza, il filosofo algerino, a contemplare l’arte, si può anche definire senza per questo delimitarlo il “filosofo del paesaggio”, visita alcune città italiane quali Firenze, Pisa, Genova, Roma, ma anche Urbino, Venezia. Il paesaggio per l’appunto nutre la cultura e alimenta un pensiero e fa scaturire ciò che è la vita di ogni individuo, della società costituita da contraddizioni che devono essere accettate e risolte con l'imposizione dell'io, che non può abbandonarsi a se stesso, alla falsità, ai moralismi, ma affermarsi sia pur nell'assurdità con la rivolta quotidiana e con la forza incessante della “volontà di potenza” di credere e amare. L'amore è un dovere per Camus così come un diritto la libertà. Non nel significato di sperimentalismo anarchico e dissoluto, anzi, piuttosto un’occasione per rendere l'uomo migliore. Nei Taccuini (1935-1942) si legge: «Dovessi scrivere io un trattato di morale, avrebbe cento pagine, novantanove delle quali assolutamente bianche, sull'ultima, poi, scriverei: “conosco un solo dovere, ed è quello di amare”.
È un filosofo che non separa la sua vita dalla sua avventura intellettuale, anzi è l'autore della vita: i suoi scritti sono la sua vita. Ed è anche qui che risiede la grandezza di Camus: l'uomo che con immagini, metafore, tenta di lottare con tutto se stesso per portare nel popolo francese gli ideali di solidarietà, fratellanza, verità, povertà con il sole del Mediterraneo e la bellezza della natura. Di lui e su di lui si può ancora conoscere e imparare se solo la curiosità si configura come la spinta propulsiva maggiore in grado di alimentare l’esistenza. Camus curioso lo era, critico, coraggioso: un filosofo dal quale assurgere. Un intellettuale come pochi.