Culture

Papa Pacelli, la verità sui "silenzi" del Pontefice

di Gaetano di Thiène Scatigna Minghetti

Torna vivo il dibattito sulla figura, l’opera e i “silenzi” del Papa Eugenio Pacelli. Gli storici si interrogano sulla sua figura per assegnare a questo Pontefice romano l’esatta collocazione non soltanto nella storia della Chiesa ma anche in quella sociale e civile dell’intero mondo contemporaneo. Gli storici, nell’affrontare l’analisi della Sua personalità, si sono sempre divisi il campo, spesso acriticamente, tra sostenitori e detrattori perdendo di vista, alcune volte, quello che può essere considerato come il focus essenziale della questione.

Personalmente, non intendo difendere Pio XII, come erroneamente si potrebbe argomentare leggendo senza la necessaria ponderazione il mio scritto. Non voglio difenderlo perché la sua figura di uomo e di pontefice giganteggia, vertiginosa, nella propria dimensione pastorale e diplomatica, sullo sfondo dell’intero XX secolo, nonostante le affermazioni di taluni che si ostinano a volerne perpetuare la damnatio memoriae: “Leggenda nera, leggenda grigia, oppure di chissà quale colore. Quello che è documentato -afferma Amos Luzzatto- è che da  Pio XII non arrivò mai un atto pubblico di opposizione contro gli stermini di massa”.

Desidero qui porre in luce, per contro, onde chiarire l’essenza stessa della diatriba, una data cruciale per l’esistenza storica e politica dell’Italia e gli esiti che si sarebbero potuti sinistramente riverberare sull’intero Occidente libero e cristiano: il 18 aprile 1948. Com’è noto, nelle elezioni tenutesi in quel giorno, crollò miseramente il disegno delle sinistre italiane ed internazionali di assoggettare l’Italia al dominio dell’ideologia marxista ed il suo inserimento nel sistema sovietico. Ma esse non ci riuscirono: fu in quella ormai lontana domenica di 67 anni fa che si decisero definitivamente le sorti della libertà della Penisola o della sua schiavitù al giogo marxista grazie al voto espresso da quegli italiani avversi alle ideologie prevaricanti sul pensiero libero e sull’autonomia della persona e della parola.

Per determinare la clamorosa vittoria del blocco anticomunista, nelle elezioni dell’aprile ’48, furono essenziali le esortazioni del Pontefice che riuscì a salvare dal baratro la nazione italiana e l’intero mondo occidentale. E’ da quella azione del Papa, intesa a porre in guardia dal pericolo delle sinistre, che è necessario partire per poter comprendere l’origine della cosiddetta “leggenda nera” che si è creata intorno alla figura di Eugenio Pacelli, chiedendosi come orientarono il proprio voto in quella occasione gli Ebrei. Quale scelta di campo operarono. Decisero di votare per il blocco anticomunista oppure convogliarono le preferenze verso la sponda comunista e marxista? Si schierarono per la salvezza e l’inserimento dell’Italia nell’Occidente democratico e cristiano oppure optarono per un’Italia prona alla casa-madre sovietica ed inserita in quel mondo che ha boccheggiato per un tempo infinito dietro la cosiddetta “cortina di ferro”? Qui, verosimilmente, stanno il nodo e lo snodo della leggenda nera pacelliana e della demonizzazione di questo Pontefice. Allorché sarà risolta in maniera definitiva questa controversa situazione, si potrà finalmente venire a capo delle accuse che vengono con pervicacia mosse al Papa.

Certo, gli Ebrei, in quegli anni, provenivano dalle tremende esperienze dei campi di sterminio; dalle continue deportazioni e dalle feroci spoliazioni di cui erano stati le vittime sacrificali. Provenivano dalle angherie sopportate in Germania e negli altri paese satelliti o ad essa assoggettati; cosa potevano fare in quella circostanza se non optare per quel blocco marxista che si presentava ai loro occhi come il contraltare immediato del fascismo e del nazionalsocialismo? Era naturale per loro, io credo, schierarsi contro il centro e contro le destre e disattendere i continui appelli del Papa che esortava a votare per i partiti anticomunisti. Erano quelli, in quel momento, i pericoli incombenti non solo per la Chiesa, ma per l’Italia e l’intero Occidente! Il Papa non era un uomo emozionale, bensì persona profetica e lungimirante e, da diplomatico affinatissimo per l’esperienza maturata negli anni vissuti in qualità di Nunzio Apostolico a Berlino e come segretario di Stato di Papa Pio XI Ratti, e da trepido pastore della Chiesa Universale, vedeva al di là e al di sopra di miopi interessi di parte che ne potessero offuscare in qualche modo la visione “politica”.

Di contro, se noi vediamo che ancora oggi in Italia gli Ebrei sono per la maggior parte dei casi schierati a sinistra, possiamo facilmente renderci conto da dove abbia avuto origine l’attacco a Pio XII ed al suo sistematico, ancora oggi, perdurare:all’anticomunismo del Papa ed alla sua lotta contro i marxisti. Ecco perché bisognachiedersi come votarono in quel cruciale 1948 gli Ebrei e come accolsero lascomunica -al di là del fatto contingente del proprio credo religioso ed eccettuata l’immediata professione di fede- comminata su diretta ispirazione del Pontefice, a tutti coloro che avessero aderito al “comunismo ateo”, anche solo favorendolo con la propaganda, per capire la genesi dell’assalto continuo dell’ebraismo italiano ed internazionale alla persona ed all’opera di Pio XII.

Nemmeno Andrea Tornielli, nel suo saggio su Pio XII. Eugenio Pacelli. Un uomo sul trono di Pietro, edito da Mondadori nel 2007, in particolare nel capitolo “Un Papa tra i blocchi”, ha affrontato questo aspetto della questione ebraica e Papa Pacelli, perché è esso soltanto il punctum-cardine che bisogna dirimere. Fatto ciò, si capirà finalmente da dove nasce tutta la rancorosa guerra nei confronti del Pontefice Pacelli.   Il  Cardinale Bertone l’ha attribuita ad un appello del Papa in favore dei palestinesi e ad un discorso avverso al Pontefice pronunciato da un metropolita russo-ortodosso ligio a Stalin.

Non si vogliono qui negare questi fatti, ma la sostanza vera risiede nel dover capire appieno come votarono gli Ebrei nel ’48 e come fu accolta da essi la scomunica comminata contro i comunisti e promulgata dal Sant’Uffizio nel 1950. Ogni altra asserzione è solo accessoria; solo contorno.

Pio XII, Papa dei “silenzi”, è stato detto: egli non ha bisogno di alcuna difesa; non esisteva alcuna necessità perché pronunciasse anatemi di sorta contro il nazionalsocialismo ed i suoi gerarchi in quanto costituiva Egli stesso, con la sua persona, la sua presenza, la propria azione, palese o nascosta che fosse, la più eclatante denuncia contro le atrocità delle dittature europee. Tanto è vero che un progetto per disfarsi del Papa era già stato messo a punto, nel 1943, dalle autorità naziste, come documentato da alcuni storici.

Tutto il resto è chiacchiera proterva ed oscuro vaniloquio.

<<Chi crederà e sarà battezzato sarà salvato, ma chi non crederà sarà condannato>> recita un passo del Vangelo di Marco e gli Ebrei non credono né tanto meno sono battezzati. Papa Pacelli superò questo comandamento evangelico e si spese con profonda dedizione pratica per salvare quanti più Ebrei possibile senza pronunciamenti pubblici che sarebbero serviti solo ad inasprire sempre di più la situazione, impegnando l’intero organigramma della Chiesa per portare compiutamente a termine la missione che si era prefissa. E’ sommamente tragico, oggi, accusarlo di un peccato di omissione così grave e infamante.