Culture

Public history fra archivi e media digitali: alle Gallerie d’Italia con Intesa

Alle Gallerie d’Italia di Milano il convegno promosso da Intesa Sanpaolo “La Storia pubblica. Memoria, fonti audiovisive e archivi digitali”

Nell’ambito del Progetto Cultura, Intesa Sanpaolo ha ospitato nei propri spazi delle Gallerie d’Italia in Piazza Scala a Milano un convegno per riflettere sull’importanza della storia pubblica e indagare le opportunità del digitale nella conservazione dei patrimoni audiovisivi che sono fonte primaria del racconto storico.

Al convegno “La Storia pubblica. Memoria, fonti audiovisive e archivi digitali”, che si è aperto oggi e che continuerà domani 28 marzo, hanno partecipato, insieme a rappresentanti del mondo della cultura e dell’impresa, oltre 60 studenti dell'Università Cattolica del Sacro Cuore e dell'Università degli Studi di Milano.

I lavori sono stati introdotti da Giovanni Bazoli, Presidente Emerito di Intesa Sanpaolo, da anni capofila del “Progetto Cultura” atto a valorizzare il patrimonio artistico e culturale italiano con una finalità specifica: “stimolare la riflessione sulla nostra identità nazionale”. Date queste premesse, anche il convegno di oggi “rientra in quest’ottica, con la speranza di avvicinare i giovani alle tematiche della memoria e di valorizzazione della stessa”.

“Grazie alle nuove norme che regolano l’esame di stato”, ha commentato Bazoli, “quest’anno per la prima volta alla maturità non ci sarà più il tema di storia. La decisione è dipesa dal fatto che negli ultimi 10 anni non più del 3% degli studenti aveva scelto questo tipo di prova”. Una decisione ingiusta, secondo il parere del Presidente emerito che, citando Norberto Bobbio, ha messo in guardia: “La storia è fondamento di quella cultura intesa come misura, ponderatezza, circospezione”. In altre parole “la storia è il metro con il quale misurarsi prima della presa di decisioni; in quanto tale, non può essere dimenticata”.

Un ruolo attivo nella conservazione e valorizzazione della memoria pubblica è affidato oggi ai mezzi di comunicazione digitale. A tal proposito Bazoli ha ricordato il progetto multimediale Encyclomedia, nato nel 1994 per volere di Umberto Eco che, in tempi non sospetti, aveva colto la portata dirompente dell’ipertesto al servizio del racconto storico.

Stefano Lucchini, Chief Institutional Affairs and External Communication Officer di Intesa Sanpaolo ha portato sul tavolo della discussione la propria esperienza a confronto con il tema della digitalizzazione: “Ho avuto la fortuna di lavorare in tante aziende e di iniziare dal principio un archivio storico. In Intesa Sanpaolo abbiamo un archivio unico che ripercorre la storia della Banca e dell’intero Paese, con materiale testuale, audio e video straordinario. La digitalizzazione di tutti questi dati è necessaria per conservare e diffondere la memoria alle nuove generazioni. In questo, hanno un ruolo imprescindibile anche i media televisivi, ecco il perché del convegno di oggi, che vede la partecipazione dei più importanti network di cultura italiana”.

Televisione: strumento di narrazione e produzione di memoria

Alla prima giornata, guidati dal curatore del convegno Aldo Grasso, Direttore scientifico Ce.R.T.A. – Centro di Ricerca sulla Televisione e l’Audiovisivo, sono intervenuti alcuni dei più autorevoli esperti nazionali e internazionali sul tema del rapporto tra media, storia, memoria e televisione, tra cui Jerome Bourdon, della Tel Aviv University, Paolo Mieli, storico e giornalista, Serge Noiret, dell’European University Institute, oltre agli esponenti dei principali canali televisivi italiani Mediaset, Sky, LA7, RAI.

La discussione ha ruotato intorno alla televisione nel suo duplice ruolo di strumento di narrazione storica e di produttrice di memoria. Nell’era della convergenza digitale, la public history non sembra essere più soltanto destinata ai classici luoghi della divulgazione (i musei, le biblioteche, gli archivi, i festival, i teatri, le mostre) o ai tradizionali mezzi di comunicazione di massa (la radio, la stampa, il cinema, la televisione), ma si serve di uno spettro sempre più ampio di nuovi media (il web, i social network, i videogiochi, la realtà virtuale), fino a qualche anno fa quantitativamente e qualitativamente inimmaginabili, che forniscono al pubblico generalista, così come agli storici stessi, un archivio digitale di immagini e fonti storiche potenzialmente infinito.

Intervistato da Affaritaliani.it, Aldo Grasso ha spiegato le opportunità che si aprono con il digitale: “Da parecchio tempo i media tradizionali si occupano di storia, ma spesso lo hanno fatto in modo inadeguato. La costruzione classica di un servizio di storia prevedeva la scrittura a monte del testo che veniva successivamente integrato con immagini di repertorio. Con il digitale è cambiato tutto. Innanzitutto perché il materiale audiovisivo non è soltanto qualcosa di esornativo, ma una fonte primaria. In secondo luogo perché la digitalizzazione degli archivi ha dato maggiore possibilità di accedere alle fonti. Tutto ciò ha cambiato gli scenari del racconto e il modo in cui ci rapportiamo alla storia”. Alla domanda se c’è abbastanza storia nei palinsesti televisivi Grasso ha risposto: “Il racconto storico è uno dei filoni sui quali tutti i network contano moltissimo perché è vivido, affascinante e attira lo spettatore”.

VIDEO - Aldo Grasso al convegno Intesa Sanpaolo: "Digitale al servizio della storia"

Nel confronto con coloro che rinnegano l’importanza della storia, attraverso i microfoni di Affaritaliani.it Grasso ha infine ribattuto: “La storia è importante non solo perché senza di essa non possiamo immaginare il nostro futuro, ma anche perché è la nostra coscienza, quella cosa che ci permette prima di tutto di essere cittadini”.

Tra i relatori, il giornalista Paolo Mieli – uno dei principali fautori della storia raccontata in tv – ha messo in guardia sul rischio che stiamo correndo e ha proposto alcune soluzioni: “A chi porta la storia in tv vorrei chiedere di andare a intervistare gli anziani. Se non lo facciamo ora, corriamo il rischio di perdere un’intera generazione di testimoni. È importante, dunque, intervenire prima che sia tardi, così da procedere alla formazione di un vasto patrimonio che potrà essere utilizzato da coloro che sapranno darvi una visione d’insieme”. Raccontare la storia in tv, a detta di Mieli, è un compito tutt’altro che semplice: “La grande mole di immagini esistenti non è sufficiente. Occorre qualcuno che sappia dare un taglio al racconto, che prenda le fonti e, dopo averle attentamente verificate attraverso una consistente operazione di esegesi, riesca a unirle in un racconto a più facce, capace di stimolare la riflessione”.

Archivi storici digitalizzati e nativi digitali

La funzione degli archivi storici, in particolare digitali, e dell’immenso patrimonio audiovisivo del Paese sarà materia di discussione del secondo giorno con la partecipazione, tra gli altri, di Guido Guerzoni, dell’Università Luigi Bocconi, Agostino Giovagnoli, Massimo Scaglioni e Anna Sfardini dell’Università Cattolica di Milano. Seguirà una tavola rotonda con i principali responsabili di archivi e istituzioni museali e storiche, tra cui Barbara Costa, Responsabile Archivio storico Intesa Sanpaolo e Sergio Toffetti, Presidente Museo del Cinema di Torino.

Da parecchi decenni gli storici hanno sentito la necessità di allargare ai media e ai loro prodotti l’attenzione riservata per le fonti. Il valore culturale delle fonti audiovisive, anche televisive, oltre a essere ribadito dai diversi linguaggi con cui la tv e i mezzi audiovisivi costruiscono una memoria condivisa, trova oggi nuove modalità di espressione attraverso le possibilità di racconto garantite dalle tecnologie più recenti e nei processi di digitalizzazione che stanno investendo gli archivi in termini di conservazione, circolazione e fruizione dei materiali.

Non esistendo una statistica ufficiale, informazioni quantitative sul panorama archivistico nazionale possono essere desunte dalla collazione delle diverse informazioni disponibili sulle differenti tipologie di archivi istituzionali, un computo che esclude gli archivi personali non vincolati e/o vigilati dalle Soprintendenze archivistiche. Questi i numeri:

  • 100 sedi degli Archivi di Stato, cui si aggiungono 33 Sezioni staccate e l’Archivio centrale dello Stato (gli Archivi di Stato sono presenti in ogni città capoluogo di provincia, mentre le Sezioni sono presenti in 33 città non capoluoghi di provincia);
  • 8.224 archivi di enti pubblici territoriali, di cui 8.100 dei Comuni;
  • 50.000 archivi di enti pubblici non territoriali (Università, istituzioni culturali, camere di commercio);
  • 3.800 archivi privati Vigilati (persone fisiche e persone giuridiche private, archivi familiari, imprese, partiti politici);
  • 29.000 archivi ecclesiastici e parrocchiali.

L’unità di misura, il chilometro lineare, fornisce una prima impressionante idea della loro straordinaria consistenza: nei soli Archivi di Stato, che possiedono una porzione minima del patrimonio archivistico nazionale, esistono 1.300 chilometri di documenti, di fatto la lunghezza dell’Italia.

In anteprima per Affaritaliani.it Barbara Costa di Intesa Sanpaolo ha dichiarato: “Gli archivi hanno una grande importanza all’interno del Progetto Cultura di Intesa Sanpaolo, perché la storia di Intesa e di tutte le banche che vi sono confluite è, di fatto, la storia sociale, economica, politica e culturale del nostro Paese. L’archivio attuale vanta 20 chilometri di documentazione lineare, milioni di fotografie, decine di migliaia di video e oggetti; un patrimonio che la Banca vuole continuare a raccogliere e a mettere a disposizione di tutti, non solo degli addetti ai lavori”. Sul bisogno di digitalizzare questa mole immensa di materiale, Costa ha continuato: “La Banca sta facendo investimenti ingenti in questo senso, anche per rendere la documentazione fruibile online attraverso il sito dell’archivio. Altro tema all’attenzione di Intesa è il salvataggio degli archivi che nascono digitali, formati da file che vanno preservati alla nascita. Senza questa opera di salvaguardia gli storici del futuro rischiano di non avere fonti. Ben vengano, dunque, occasioni come questa e benvenga un’istituzione come Intesa Sanpaolo che funge da capofila alla discussione”.

VIDEO - Costa, Intesa Sanpaolo: "Archivi, un patrimonio culturale da salvare"

Archivi fotografici: una fonte da salvaguardare

La salvaguardia degli archivi fotografici del ventesimo secolo riveste un’importanza strategica che va al di là della loro dimensione patrimoniale o culturale, in quanto investe la tutela delle fonti e del pluralismo interpretativo della storia recente del nostro paese, la definizione di nuove politiche di conservazione, gestione e valorizzazione dei beni culturali novecenteschi, la riflessione sulla funzione didattica che tali fonti svolgeranno nell’immediato futuro. Si tratta, nei fatti, di un patrimonio di dimensioni molto ampie: le valutazioni più prudenziali stimano l’esistenza in Italia di circa 6.000 archivi fotografici, variamente distribuiti tra archivi pubblici, privati, editoriali e aziendali; di questi, quelli che hanno intrapreso processi di digitalizzazione, spesso parziali, sono circa 500, a fronte di consistenze di centinaia di milioni di positivi e negativi, in larghissima misura inediti.

La tutela di questo straordinario patrimonio passa anche da soggetti privati come Intesa Sanpaolo, che ha acquisito nel 2015 il grande archivio fotografico Publifoto-Milano: circa 6-7 milioni di fotografie, su vari supporti, databili dall’inizio degli anni Trenta agli anni Novanta del Novecento su tutti gli eventi, personaggi, accadimenti straordinari che potessero interessare il mercato editoriale. Publifoto, per lungo tempo una delle più importanti agenzie fotogiornalistiche in Italia, forniva infatti ai giornali le stampe con didascalie dettagliate per la redazione degli articoli. L’Archivio è quindi costituito da fotografie di tipo analogico, per lo più in bianco e nero, diapositive a colori e rare stampe a colori su politica, cronaca, estero, costume, società, cultura e sport. Una selezione di 240 di queste fotografie sarà esposta dal 13 aprile al 7 luglio a Torino nella mostra “Nel Mirino. L’Italia e il mondo nell’Archivio Publifoto Intesa Sanpaolo 1939-1981” realizzata da Intesa Sanpaolo e curata da Aldo Grasso e Walter Guadagnini.