"Viaggiatori di nuvole", il nuovo romanzo di Giuseppe Lupo - Affaritaliani.it

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"Viaggiatori di nuvole", il nuovo romanzo di Giuseppe Lupo

 

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LA TRAMA È l'autunno del 1499 quando il giovane Zosimo Aleppo, stampatore d'origine ebraica, lascia Venezia. Scopo del viaggio è trovare le pergamene che un misterioso ragazzo, da tutti chiamato chierico Pettirosso, si porta dietro nelle bisacce. Corrono tante voci sul conto di queste carte: profezie, rivelazioni, memorie... La meta è Milano, ma Zosimo ci arriva tardi, il ragazzo è fuggito. Lo cerca a Mantova, in Francia, nelle terre intorno a Napoli, in Basilicata; gira per città e campagne, cammina dentro le nebbie e nella neve, si innamora di una donna che ha la pelle color d'ambra e gli occhi di una gatta, conosce mercanti, cavalieri, tavernieri, spioni, uomini del clero e di malaffare; si finge pittore, marito, poeta, soldato mercenario pur di ottenere notizie. E la sua missione finisce per diventare l'inseguimento di un'ombra, un'ossessione vagabonda, una scommessa con la sorte. In questa movimentata vicenda di avventure e di visioni, dove si affacciano i volti di Isabella d'Este, Francesco Gonzaga, Gilbert de Montpensier, Leonardo da Vinci, i personaggi si alternano come in una grande giostra, umili e sapienti, astuti e crudeli. E sullo sfondo di un'Italia attraversata da eserciti, sul palcoscenico di un'epoca su cui soffia il vento delle invenzioni e giungono gli echi delle scoperte geografiche, Zosimo si riappropria di un tempo remoto e dimenticato, ritrova il segreto della sua identità.

GiuseppeLupo

L'AUTORE - Giuseppe Lupo  è nato in Lucania (Atella, 1963) e vive in Lombardia dove insegna letteratura italiana contemporanea presso l'Università Cattolica di Milano e di Brescia. Per Marsilio ha pubblicato i romanzi L'americano di Celenne (2000; Premio Giuseppe Berto, Premio Mondello opera prima, Prix du premier roman), Ballo ad Agropinto (2004), La carovana Zanardelli (2008; Premio Grinzane Cavour-Fondazione Carical, Premio Carlo Levi) e L'ultima sposa di Palmira (2011, ora in edizione tascabile; Premio Selezione Campiello, Premio Vittorini).

LA PRESENTAZIONE - Mercoledì 5 giugno, a Milano, l'autore presenterà il nuovo romanzo alla libreria Rizzoli (nella Galleria Vittorio Emanuele), a partire dalle ore 18. Sarà presente Paolo Mieli.

 

LEGGI SU AFFARITALIANI.IT LE PRIME PAGINE DEL ROMANZO
(per gentile concessione di Marsilio)

 

1.

Il vento

È da poco passato mezzogiorno e su Venezia soffia la tramontana. Le porte cigolano, si rompono i vetri, ai moli si spezzano le corde e le barche urtano contro le banchine. Il calendario segna la data del 18 ottobre 1499. Non si è mai visto un vento così forte, dicono gli indovini di Cannaregio. Finora il tempo si è mantenuto mite, sulle altane dei palazzi le donne uscivano a godersi il sole e a sbiondare i capelli, l’acqua è rimasta per settimane a dondolare nei canali. Adesso si farà crespa e torbida, forse inonderà le strade e le alghe finiranno per aggrapparsi ai pali degli imbarcaderi. Nella stamperia di Erasmo Van Graan i fogli volano per aria e i torchi devono fermarsi perché entra polvere. Van Graan ha già sprangato le finestre e si avvicina al bancone. È in cerca di Zosimo Aleppo che ha le mani imbrattate d’inchiostro. Non dice niente, solo gli fa cenno di seguirlo in uno stanzone con gli scudi alle pareti e i divani di stoffe fiamminghe, la camera di rappresentanza, l’unica sempre in ordine, dove riceve i segretari delle famiglie ricche e contratta il costo della carta. «Xe gionto lo tiempo de mieterte in gropa a lo caballo» gli annuncia. Van Graan veste braghe da manovale mentre stampa i libri, ha gli zigomi color vinaccia, estate e inverno, e gli occhi sono di un cielo senza tempeste. Viene dalle Fiandre, si porta addosso il profumo della sua terra piena di pozzanghere e, quando fa il misterioso, acciglia lo sguardo, tossisce per l’imbarazzo, recita un proverbio che mescola parole di molti popoli: «Se a casa arriba lo vento, kakà pistèua a omnibus tormiento.» Che lingua ingarbugliata parla quest’uomo. Zosimo capisce e non capisce. Cosa sia kakà pistèua non è mai riuscito a spiegarselo, forse è una bestemmia, forse uno scongiuro. Nemmeno ha chiaro perché il padrone quel giorno usa fare le boccacce di un mutolo che per miracolo ha riacquistato la voce. Però si pulisce le mani e gli va dietro, calpesta piano piano le sue orme. Sa che quando Van Graan si comporta a quel modo una stagione di meraviglie o di guai sta per bussare alle porte. «Ha venido da Milano un omo de sienza» spiega Van Graan e lo fa in un groviglio di fiato e sospiri che mette soggezione solo a sentirlo. Il forestiero si chiama Lionardo, gli ha srotolato sotto gli occhi disegni di bombarde e macchine da guerra, tavole anatomiche di braccia e clavicole senza vita, fazzoletti di cartapecora ornati di tordi e colombi. «Filio de lo demonio» aggiunge, ma quasi si pente di aver detto troppo. Poi, con l’urgenza di chi vuole liberarsi da un peso che ha sullo stomaco, strappa le lenti dal naso e si mette a parlare di un chierico che nasconde in bisaccia un fascio di carte importanti, un libro d’invenzioni o un catalogo di sogni, chissà che altro, da cui non si separa nemmeno quando dorme. Non si conosce il nome, lo chiamano Pettirosso ed è stato visto in uno dei magnifici palazzi di Milano, però non è sicuro che viva ancora in quelle stanze perché in città è passata la guerra e Ludovico il Moro si è dato alla fuga. «Tiene lo naso a beco de civeta, le orecie de cirasa.» Sono state queste le ultime parole di messer Lionardo e Van Graan le ha imparate a memoria: naso a becco di civetta, orecchie color ciliegia. Le pronuncia sottovoce, per paura che la faccenda finisca nelle mani di altre stamperie. A Venezia lo conoscono tutti, sanno che è un topo di cantine: infila il naso nei sottoscala abbandonati, si finge cieco in cerca di reliquie pur di visitare i conventi a caccia di manoscritti e i torchi della sua bottega cigolano anche dopo il tramonto, quando è ora di mettere mano a libri che strozzerebbero l’intestino dei vescovi. Van Graan non aggiunge altro. Messer Lionardo è stato avaro d’informazioni con lui, andava di fretta, doveva partire per la Francia. Se Zosimo sarà bravo a portargli i fogli del chierico Pettirosso belli e pronti per i torchi, gli mancheranno i sacchi dove mettere il denaro. È la prima volta che arriva a tanta confidenza e Zosimo guarda preoccupato: se fosse il destino a tendergli un tranello? Quanti sono i veneziani partiti a caccia di avventure e finiti a marcire in fondo alle galere? Zosimo Aleppo ha vent’anni, una peluria bionda sulle guance e un sorriso da marinaio, non ancora rovinato dalla spada di un soldato che gli taglierà la fronte vicino ad Aiguebelette, nella Savoia. È un tipo sveglio, ha gli occhi sempre appiccicati alle carte e qualche volta, se gli fioriscono in mente nomi di donne, se le va a cercare dentro le calli di Burano. Basta che spalanchi la bocca per cantare e le fanciulle si affacciano a salutarlo. Lo riconoscono da come poggia i piedi a terra, gli fanno la sorpresa di profumarsi i capelli con fiori di camomilla e foglie di menta. Zosimo si intrufola nelle loro case, si ferma il tempo necessario per riconciliarsi con la sorte e se ne esce sognando di essere un cavaliere alla conquista del mondo.

(continua in libreria)