Cura di sé
Tumore al seno e tumore alle ovaie, nuove speranze terapeutiche
Al congresso di oncologia ASCO 2015 a Chicago sono stati presentati nuovi studi che aprono interessanti prospettive nella terapia dei principali tumori femminili. La combinazione bevacizumab-chemioterapia porta a una riduzione del rischio di progressione della malattia del 23% nel tumore ovarico, il piu' grave tra i tumori ginecologici, che colpisce solo in Italia 5.991 donne ogni anno. La professoressa Nicoletta Colombo, Direttore Divisione di Ginecologia Oncologica Medica, Istituto Europeo di Oncologia (IEO) Universita' Milano Bicocca, ha commentato: "I dati dei nuovi studi presentati all'ASCO 2015, che si soffermano sulla combinazione bevacizumab-chemioterapia, aprono interessanti prospettive nella terapia del carcinoma ovarico. In particolare, i risultati dello studio ICON7 confermano ancora una volta come bevacizumab, aggiunto alla chemioterapia e somministrato in fase di mantenimento, sia in grado di ridurre in modo statisticamente significativo il rischio di progressione del tumore anche nelle pazienti con tumore residuo assente dopo la chirurgia primaria".
Mentre i risultati dello studio NEOSPHERE mostrano come pertuzumab in associazione a trastuzumab e chemioterapia riduca di circa il 40% la probabilita' di avere metastasi a distanza o di morire per tumore mammario a tre anni dalla diagnosi iniziale e dalla terapia neoadiuvante. La dottoressa Grazia Arpino, ricercatrice Universita' Federico II Napoli, ha commentato: "Si tratta di dati importanti che rappresentano un ulteriore passo verso la cura definitiva del carcinoma mammario. Pertuzumab, che gia' ha cambiato la storia naturale della malattia metastatica mammaria, si appresta infatti a modificare anche quella della patologia mammaria operabile o localmente avanzata. La combinazione pertuzumab- trastuzumab-chemioterapia, gia' approvata dalla FDA per il setting neoadiuvante, potrebbe presto diventare anche il nuovo standard di terapia adiuvante per le donne con carcinoma mammario operabile, se i dati dello studio APHINITY dimostreranno un profilo di attivita' analogo a quello osservato nel NEOSPHERE".
Tumori: test genetico per tutte le donne con cancro ovaio o seno - A tutte le donne colpite da cancro del seno o dell'ovaio deve essere proposto il test per la ricerca delle mutazioni dei geni che moltiplicano il rischio di tumori femminili, quelli che hanno spinto l'attrice Angelina Jolie a sottoporsi a una mastectomia e alla rimozione di tube e ovaie per non ammalarsi, come era accaduto alla madre. L'indicazione del test genetico per tutte le pazienti arriva da due oncologhe italiane, Nicoletta Colombo, direttore della Divisione di ginecologia oncologica medica dell'Ieo di Milano, e Grazia Arpino, ricercatrice all'universita' Federico II di Napoli, dal congresso Asco. "Il test per la mutazione dei geni Brca1 e Brca2 nelle pazienti con cancro dell'ovaio - ha sottolineato Nicoletta Colombo, esperta di questa neoplasia - e' importante innanzitutto per poter dare la terapia migliore alla paziente. Ma anche per allargare l'analisi, se il risultato e' positivo, alla famiglia (valutare poi la familiarita' del rischio allargando l'analisi se il risultato e' positivo) e fare cosi' davvero prevenzione per una neoplasia che attualmente e' impossibile prevenire. Il 70-80% delle diagnosi, purtroppo, arriva ancora in fase avanzata". Le mutazioni 'incriminate' sono presenti nel 20-25% di questi tumori. Fare prevenzione, conoscendo la familiarita' del rischio, "significa prendere la pillola contraccettiva per le piu' giovani, che riduce nel 50% dei casi le probabilita' di ammalarsi, oppure fare una scelta estrema, ma efficace: togliere le tube e poi le ovaie". Come ha fatto l'attrice hollywoodiana, che con la sua testimonianza ha diviso l'opinione pubblica e soprattutto i medici, ma forse ha fatto riflettere le donne. Fare il test per la mutazione dei geni Brca1 e Brca2, dunque, e' tutt'altro che un capriccio dovuto all''effetto Jolie. Andrebbe fatto a tutte le donne con cancro dell'ovaio o anche del seno, hanno affermato Colombo e Arpino. Ma non lo si fa, non in tutt'Italia almeno. "Al momento il test non e' rimborsabile ovunque - hanno spiegato - i criteri sono diversi a seconda delle Regioni e mancano le strutture accreditate dal Ssn per farlo. Eppure, con le tecnologie attuali, il costo del test non supera i 500 euro". Intanto, la ricerca prova a centrare il traguardo della diagnosi precoce anche per l'ovaio: "Stiamo lavorando - ha spiegato Colombo - sui microRna rilasciati dall'organismo come reazione al tumore, sono dei marcatori precocissimi della sua presenza". .