L'andamento del titolo Bayer alla Borsa di Francoforte da quando il Dipartimento alla Giustizia Usa ad aprile 2018 ha dato il via libera all'acquisizione di Monsanto da parte di Bayer
OPERAZIONE IMMAGINE MONSANTO: NUOVO SCANDALO SULLE LISTE BAYER DI PERSONAGGI EUROPEI INFLUENTI PER MAPPARE GLI AVVERSARI/ L'azienda di bioteconologie Monsanto, ormai parte del gruppo Bayer, è al centro di un nuovo scandalo. Nel 2016 l'azienda americana avrebbe stilato una lista di personaggi dell'opinione pubblica francese - per la maggior parte politici e giornalisti - da convincere per migliorare l'immagine dell'azienda ma non si esclude che la stessa cosa sia avvenuta negli altri paesi europei, rende noto Handelsblatt in edicola oggi. Il nuovo responsabile dei lobbysti di Bayer, Matthias Berninger, ha detto esplicitamente che si può immaginare che simili liste siano state fatte in tutti i paesi europei per dare un'immagine diversa di Monsanto, e soprattutto per convincere sulla bonta' del glifosato, in quel momento oggetto di verifica presso le autorita' europee. Tra i personaggi della lista francese figurerebbe l'ex ministra dell'ambiente, Segole'ne Royale, riporta Handelsblatt. Beringer ha assicurato e promesso "massima trasparenza e chiarezza" nella vicenda.
Più, ed è quello che inizia ad allarmare anche il governo tedesco, la continua erosione della capitalizzazione di mercato (-2,21% oggi a fine seduta, con minimo intraday di 7,4%) di una delle aziende più blasonate dell’industria teutonica che dà lavoro a quasi 100 mila persone in Germania e che da quando ha ricevuto a giugno del 2018 il via libera dalle authority americane per l’acquisizione della statunitense Monsanto, si è ridotta di quasi il 40%. Esponendo ora il colosso farmaceutico e dell’agribusiness di Leverkusen a rischio take-over, essendo il gruppo più grande del mondo nel mercato globale delle sementi, dei fertilizzanti e dei pesticidi una public company e dunque, a questi prezzi, in grado di solleticare gli appetiti stranieri di quanti sono interessati a conquistare uno dei settori chiave del futuro dell’umanità.
Per il momento, il comparto è controllato da quattro nomi: oltre a Bayer-Monsanto, ci sono l’americana DowDupont, la canadese Agrium Potash Corporation e la cinese ChemChina(che ha messo le mani sulla svizzera Sygenta), multinazionali che configurano un evidente squilibrio di potere contrattuale nei confronti degli agricoltori.
La più grande acquisizione estera (da circa 54 miliardi di euro) da parte di un’azienda tedesca effettuata a settembre 2016 rischia di tramutarsi in un boccone indigesto, anche per il fattore reputazionale (oltre che per il Roundup e il glifosato, Monsanto è da anni nel mirino degli ambientalisti per le sementi Ogm) non tenuto in debita considerazione dall’attuale management. Un fattore che rischia di cambiare la fisionomia dell’industria tedesca per come la conosciamo oggi. Scenario che, dopo lo scandalo Dieselgate di Volkswagen e il calvario dei big del credito Deutsche Bank e Commerzbank, potrebbe rappresentare un colpo ferale sullo scacchiere globale all’immagine di Corporate Germania.
All’epoca dello studio del dealMonsanto, che ha schiuso a Bayer una produzione di oltre duemila varietà di semi e consegnato al gruppo la leadership nell’agricoltura digitale, le premesse per il colosso di Leverkusen erano altre.
Secondo i report di allora consultati dal management tedesco, la ratio industriale dell’operazioneMonsanto era giustificata dal fatto che da qui al 2050 la produzione agricola dovrà aumentare almeno del 60% per sfamare l'intera popolazione del pianeta. Una popolazione che, secondo le previsioni dell’Onu, passerà dai 7 miliardi e mezzo di oggi agli 8,5 miliardi nel 2030 e ai 9,7 nel 2050. Un contesto in cui sarà inoltre necessario nutrire gli animali da allevamento, che dovranno diventare più numerosi (bovini e suini, soprattutto, insaziabili divoratori di mais e di soia), ma in cui l’urbanizzazione e, probabilmente i dissesti causati dai cambiamenti climatici, ridurranno le terre coltivabili.
Il Ceo di Bayer Werner Baumann
Ecco che per garantire una crescente produzione di tonnellate di derrate agricole, ai manager di Leverkusen non era sfuggito il fatto che nei prossimi 30 anni sarebbe diventato necessario forzare la redditività dei terreni già oggi sottoposti a uno sfruttamento intensivo. Scenario che rende quindi molto interessanti le prospettive per i produttori di sementi, pesticidi, fertilizzanti, trainati da ricerca e applicazioni tecnologiche. Da solo, oggi, il gruppo Bayer-Monsanto controlla il 29% del mercato delle sementi e il 24% di quello dei pesticidi.
Ma dopo due anni di complessi negoziati in cui l’azienda tedesca, divenuta famosa per l’Aspirina e per l’Alka Seltzer con forte diversificazione in agricoltura, si è dovuta indebitare per 35,7 miliardi di debiti, ha subito un downgrade del merito di credito, ha dovuto dismettere 7,6 miliardi di asset per ottenere il via libera degli antitrust e mandare a casa 12 mila lavoratori (prevalentemente in Germania), non ha avuto nemmeno il tempo di mandare a regime la fusione che la mina Roundup e il fattore reputazionale (su cui stanno incidendo anche gli scandali sulla privacy, vedi box sopra) hanno iniziato a presentare il conto a management e ad azionisti con una violenza inaudita. Una violenza non prevista a dovere e che sta impattando anche sulla redditività.
A Leverkusen sono sicuri di ribaltare in appello le sentenze sul diserbante cancerogeno, ma intanto in meno di un anno in Borsa sono andati in fumo quasi 25 miliardi di valore e a Berlino ora temono la scalata ostile. Che è solo l’altra faccia dell’avidità e del mercato.
L'andamento del titolo Bayer alla Borsa di Francoforte da quando il Dipartimento alla Giustizia Usa ad aprile 2018 ha dato il via libera all'acquisizione di Monsanto da parte di Bayer
OPERAZIONE IMMAGINE MONSANTO: NUOVO SCANDALO SULLE LISTE BAYER DI PERSONAGGI EUROPEI INFLUENTI PER MAPPARE GLI AVVERSARI/ L'azienda di bioteconologie Monsanto, ormai parte del gruppo Bayer, è al centro di un nuovo scandalo. Nel 2016 l'azienda americana avrebbe stilato una lista di personaggi dell'opinione pubblica francese - per la maggior parte politici e giornalisti - da convincere per migliorare l'immagine dell'azienda ma non si esclude che la stessa cosa sia avvenuta negli altri paesi europei, rende noto Handelsblatt in edicola oggi. Il nuovo responsabile dei lobbysti di Bayer, Matthias Berninger, ha detto esplicitamente che si può immaginare che simili liste siano state fatte in tutti i paesi europei per dare un'immagine diversa di Monsanto, e soprattutto per convincere sulla bonta' del glifosato, in quel momento oggetto di verifica presso le autorita' europee. Tra i personaggi della lista francese figurerebbe l'ex ministra dell'ambiente, Segole'ne Royale, riporta Handelsblatt. Beringer ha assicurato e promesso "massima trasparenza e chiarezza" nella vicenda.
Più, ed è quello che inizia ad allarmare anche il governo tedesco, la continua erosione della capitalizzazione di mercato (-2,21% oggi a fine seduta, con minimo intraday di 7,4%) di una delle aziende più blasonate dell’industria teutonica che dà lavoro a quasi 100 mila persone in Germania e che da quando ha ricevuto a giugno del 2018 il via libera dalle authority americane per l’acquisizione della statunitense Monsanto, si è ridotta di quasi il 40%. Esponendo ora il colosso farmaceutico e dell’agribusiness di Leverkusen a rischio take-over, essendo il gruppo più grande del mondo nel mercato globale delle sementi, dei fertilizzanti e dei pesticidi una public company e dunque, a questi prezzi, in grado di solleticare gli appetiti stranieri di quanti sono interessati a conquistare uno dei settori chiave del futuro dell’umanità.
Per il momento, il comparto è controllato da quattro nomi: oltre a Bayer-Monsanto, ci sono l’americana DowDupont, la canadese Agrium Potash Corporation e la cinese ChemChina(che ha messo le mani sulla svizzera Sygenta), multinazionali che configurano un evidente squilibrio di potere contrattuale nei confronti degli agricoltori.
La più grande acquisizione estera (da circa 54 miliardi di euro) da parte di un’azienda tedesca effettuata a settembre 2016 rischia di tramutarsi in un boccone indigesto, anche per il fattore reputazionale (oltre che per il Roundup e il glifosato, Monsanto è da anni nel mirino degli ambientalisti per le sementi Ogm) non tenuto in debita considerazione dall’attuale management. Un fattore che rischia di cambiare la fisionomia dell’industria tedesca per come la conosciamo oggi. Scenario che, dopo lo scandalo Dieselgate di Volkswagen e il calvario dei big del credito Deutsche Bank e Commerzbank, potrebbe rappresentare un colpo ferale sullo scacchiere globale all’immagine di Corporate Germania.
All’epoca dello studio del dealMonsanto, che ha schiuso a Bayer una produzione di oltre duemila varietà di semi e consegnato al gruppo la leadership nell’agricoltura digitale, le premesse per il colosso di Leverkusen erano altre.
Secondo i report di allora consultati dal management tedesco, la ratio industriale dell’operazioneMonsanto era giustificata dal fatto che da qui al 2050 la produzione agricola dovrà aumentare almeno del 60% per sfamare l'intera popolazione del pianeta. Una popolazione che, secondo le previsioni dell’Onu, passerà dai 7 miliardi e mezzo di oggi agli 8,5 miliardi nel 2030 e ai 9,7 nel 2050. Un contesto in cui sarà inoltre necessario nutrire gli animali da allevamento, che dovranno diventare più numerosi (bovini e suini, soprattutto, insaziabili divoratori di mais e di soia), ma in cui l’urbanizzazione e, probabilmente i dissesti causati dai cambiamenti climatici, ridurranno le terre coltivabili.
Il Ceo di Bayer Werner Baumann
Ecco che per garantire una crescente produzione di tonnellate di derrate agricole, ai manager di Leverkusen non era sfuggito il fatto che nei prossimi 30 anni sarebbe diventato necessario forzare la redditività dei terreni già oggi sottoposti a uno sfruttamento intensivo. Scenario che rende quindi molto interessanti le prospettive per i produttori di sementi, pesticidi, fertilizzanti, trainati da ricerca e applicazioni tecnologiche. Da solo, oggi, il gruppo Bayer-Monsanto controlla il 29% del mercato delle sementi e il 24% di quello dei pesticidi.
Ma dopo due anni di complessi negoziati in cui l’azienda tedesca, divenuta famosa per l’Aspirina e per l’Alka Seltzer con forte diversificazione in agricoltura, si è dovuta indebitare per 35,7 miliardi di debiti, ha subito un downgrade del merito di credito, ha dovuto dismettere 7,6 miliardi di asset per ottenere il via libera degli antitrust e mandare a casa 12 mila lavoratori (prevalentemente in Germania), non ha avuto nemmeno il tempo di mandare a regime la fusione che la mina Roundup e il fattore reputazionale (su cui stanno incidendo anche gli scandali sulla privacy, vedi box sopra) hanno iniziato a presentare il conto a management e ad azionisti con una violenza inaudita. Una violenza non prevista a dovere e che sta impattando anche sulla redditività.
A Leverkusen sono sicuri di ribaltare in appello le sentenze sul diserbante cancerogeno, ma intanto in meno di un anno in Borsa sono andati in fumo quasi 25 miliardi di valore e a Berlino ora temono la scalata ostile. Che è solo l’altra faccia dell’avidità e del mercato.
L'andamento del titolo Bayer alla Borsa di Francoforte da quando il Dipartimento alla Giustizia Usa ad aprile 2018 ha dato il via libera all'acquisizione di Monsanto da parte di Bayer
OPERAZIONE IMMAGINE MONSANTO: NUOVO SCANDALO SULLE LISTE BAYER DI PERSONAGGI EUROPEI INFLUENTI PER MAPPARE GLI AVVERSARI/ L'azienda di bioteconologie Monsanto, ormai parte del gruppo Bayer, è al centro di un nuovo scandalo. Nel 2016 l'azienda americana avrebbe stilato una lista di personaggi dell'opinione pubblica francese - per la maggior parte politici e giornalisti - da convincere per migliorare l'immagine dell'azienda ma non si esclude che la stessa cosa sia avvenuta negli altri paesi europei, rende noto Handelsblatt in edicola oggi. Il nuovo responsabile dei lobbysti di Bayer, Matthias Berninger, ha detto esplicitamente che si può immaginare che simili liste siano state fatte in tutti i paesi europei per dare un'immagine diversa di Monsanto, e soprattutto per convincere sulla bonta' del glifosato, in quel momento oggetto di verifica presso le autorita' europee. Tra i personaggi della lista francese figurerebbe l'ex ministra dell'ambiente, Segole'ne Royale, riporta Handelsblatt. Beringer ha assicurato e promesso "massima trasparenza e chiarezza" nella vicenda.
Più, ed è quello che inizia ad allarmare anche il governo tedesco, la continua erosione della capitalizzazione di mercato (-2,21% oggi a fine seduta, con minimo intraday di 7,4%) di una delle aziende più blasonate dell’industria teutonica che dà lavoro a quasi 100 mila persone in Germania e che da quando ha ricevuto a giugno del 2018 il via libera dalle authority americane per l’acquisizione della statunitense Monsanto, si è ridotta di quasi il 40%. Esponendo ora il colosso farmaceutico e dell’agribusiness di Leverkusen a rischio take-over, essendo il gruppo più grande del mondo nel mercato globale delle sementi, dei fertilizzanti e dei pesticidi una public company e dunque, a questi prezzi, in grado di solleticare gli appetiti stranieri di quanti sono interessati a conquistare uno dei settori chiave del futuro dell’umanità.
Per il momento, il comparto è controllato da quattro nomi: oltre a Bayer-Monsanto, ci sono l’americana DowDupont, la canadese Agrium Potash Corporation e la cinese ChemChina(che ha messo le mani sulla svizzera Sygenta), multinazionali che configurano un evidente squilibrio di potere contrattuale nei confronti degli agricoltori.
La più grande acquisizione estera (da circa 54 miliardi di euro) da parte di un’azienda tedesca effettuata a settembre 2016 rischia di tramutarsi in un boccone indigesto, anche per il fattore reputazionale (oltre che per il Roundup e il glifosato, Monsanto è da anni nel mirino degli ambientalisti per le sementi Ogm) non tenuto in debita considerazione dall’attuale management. Un fattore che rischia di cambiare la fisionomia dell’industria tedesca per come la conosciamo oggi. Scenario che, dopo lo scandalo Dieselgate di Volkswagen e il calvario dei big del credito Deutsche Bank e Commerzbank, potrebbe rappresentare un colpo ferale sullo scacchiere globale all’immagine di Corporate Germania.
All’epoca dello studio del dealMonsanto, che ha schiuso a Bayer una produzione di oltre duemila varietà di semi e consegnato al gruppo la leadership nell’agricoltura digitale, le premesse per il colosso di Leverkusen erano altre.
Secondo i report di allora consultati dal management tedesco, la ratio industriale dell’operazioneMonsanto era giustificata dal fatto che da qui al 2050 la produzione agricola dovrà aumentare almeno del 60% per sfamare l'intera popolazione del pianeta. Una popolazione che, secondo le previsioni dell’Onu, passerà dai 7 miliardi e mezzo di oggi agli 8,5 miliardi nel 2030 e ai 9,7 nel 2050. Un contesto in cui sarà inoltre necessario nutrire gli animali da allevamento, che dovranno diventare più numerosi (bovini e suini, soprattutto, insaziabili divoratori di mais e di soia), ma in cui l’urbanizzazione e, probabilmente i dissesti causati dai cambiamenti climatici, ridurranno le terre coltivabili.
Il Ceo di Bayer Werner Baumann
Ecco che per garantire una crescente produzione di tonnellate di derrate agricole, ai manager di Leverkusen non era sfuggito il fatto che nei prossimi 30 anni sarebbe diventato necessario forzare la redditività dei terreni già oggi sottoposti a uno sfruttamento intensivo. Scenario che rende quindi molto interessanti le prospettive per i produttori di sementi, pesticidi, fertilizzanti, trainati da ricerca e applicazioni tecnologiche. Da solo, oggi, il gruppo Bayer-Monsanto controlla il 29% del mercato delle sementi e il 24% di quello dei pesticidi.
Ma dopo due anni di complessi negoziati in cui l’azienda tedesca, divenuta famosa per l’Aspirina e per l’Alka Seltzer con forte diversificazione in agricoltura, si è dovuta indebitare per 35,7 miliardi di debiti, ha subito un downgrade del merito di credito, ha dovuto dismettere 7,6 miliardi di asset per ottenere il via libera degli antitrust e mandare a casa 12 mila lavoratori (prevalentemente in Germania), non ha avuto nemmeno il tempo di mandare a regime la fusione che la mina Roundup e il fattore reputazionale (su cui stanno incidendo anche gli scandali sulla privacy, vedi box sopra) hanno iniziato a presentare il conto a management e ad azionisti con una violenza inaudita. Una violenza non prevista a dovere e che sta impattando anche sulla redditività.
A Leverkusen sono sicuri di ribaltare in appello le sentenze sul diserbante cancerogeno, ma intanto in meno di un anno in Borsa sono andati in fumo quasi 25 miliardi di valore e a Berlino ora temono la scalata ostile. Che è solo l’altra faccia dell’avidità e del mercato.
Dopo lo scandalo Dieselgate in Vw e i problemi di Deutsche Bank e Commerzbank, nuovo fronte di crisi per Corporate Germania. Il boccone indigesto Monsanto
L’ombra di un patteggiamento globale su 13.400 cause legali che, fra indennità e spese, potrebbe costare a Bayer secondo gli analisti quasi 10 miliardi di euro. Più gli oltre 2,2 miliardi che è già stata condannata a pagare per il terzo processo perso negli Stati Uniti in soli otto mesi per i contro-effetti del Roundup, l’erbicida a base di glifosato più diffuso al mondo e che secondo i giudici californiani è correlato al cancro. In tutto fanno quasi un terzo dei ricavi annuali.
L'andamento del titolo Bayer alla Borsa di Francoforte da quando il Dipartimento alla Giustizia Usa ad aprile 2018 ha dato il via libera all'acquisizione di Monsanto da parte di Bayer
OPERAZIONE IMMAGINE MONSANTO: NUOVO SCANDALO SULLE LISTE BAYER DI PERSONAGGI EUROPEI INFLUENTI PER MAPPARE GLI AVVERSARI/ L'azienda di bioteconologie Monsanto, ormai parte del gruppo Bayer, è al centro di un nuovo scandalo. Nel 2016 l'azienda americana avrebbe stilato una lista di personaggi dell'opinione pubblica francese - per la maggior parte politici e giornalisti - da convincere per migliorare l'immagine dell'azienda ma non si esclude che la stessa cosa sia avvenuta negli altri paesi europei, rende noto Handelsblatt in edicola oggi. Il nuovo responsabile dei lobbysti di Bayer, Matthias Berninger, ha detto esplicitamente che si può immaginare che simili liste siano state fatte in tutti i paesi europei per dare un'immagine diversa di Monsanto, e soprattutto per convincere sulla bonta' del glifosato, in quel momento oggetto di verifica presso le autorita' europee. Tra i personaggi della lista francese figurerebbe l'ex ministra dell'ambiente, Segole'ne Royale, riporta Handelsblatt. Beringer ha assicurato e promesso "massima trasparenza e chiarezza" nella vicenda.
Più, ed è quello che inizia ad allarmare anche il governo tedesco, la continua erosione della capitalizzazione di mercato (-2,21% oggi a fine seduta, con minimo intraday di 7,4%) di una delle aziende più blasonate dell’industria teutonica che dà lavoro a quasi 100 mila persone in Germania e che da quando ha ricevuto a giugno del 2018 il via libera dalle authority americane per l’acquisizione della statunitense Monsanto, si è ridotta di quasi il 40%. Esponendo ora il colosso farmaceutico e dell’agribusiness di Leverkusen a rischio take-over, essendo il gruppo più grande del mondo nel mercato globale delle sementi, dei fertilizzanti e dei pesticidi una public company e dunque, a questi prezzi, in grado di solleticare gli appetiti stranieri di quanti sono interessati a conquistare uno dei settori chiave del futuro dell’umanità.
Per il momento, il comparto è controllato da quattro nomi: oltre a Bayer-Monsanto, ci sono l’americana DowDupont, la canadese Agrium Potash Corporation e la cinese ChemChina(che ha messo le mani sulla svizzera Sygenta), multinazionali che configurano un evidente squilibrio di potere contrattuale nei confronti degli agricoltori.
La più grande acquisizione estera (da circa 54 miliardi di euro) da parte di un’azienda tedesca effettuata a settembre 2016 rischia di tramutarsi in un boccone indigesto, anche per il fattore reputazionale (oltre che per il Roundup e il glifosato, Monsanto è da anni nel mirino degli ambientalisti per le sementi Ogm) non tenuto in debita considerazione dall’attuale management. Un fattore che rischia di cambiare la fisionomia dell’industria tedesca per come la conosciamo oggi. Scenario che, dopo lo scandalo Dieselgate di Volkswagen e il calvario dei big del credito Deutsche Bank e Commerzbank, potrebbe rappresentare un colpo ferale sullo scacchiere globale all’immagine di Corporate Germania.
All’epoca dello studio del dealMonsanto, che ha schiuso a Bayer una produzione di oltre duemila varietà di semi e consegnato al gruppo la leadership nell’agricoltura digitale, le premesse per il colosso di Leverkusen erano altre.
Secondo i report di allora consultati dal management tedesco, la ratio industriale dell’operazioneMonsanto era giustificata dal fatto che da qui al 2050 la produzione agricola dovrà aumentare almeno del 60% per sfamare l'intera popolazione del pianeta. Una popolazione che, secondo le previsioni dell’Onu, passerà dai 7 miliardi e mezzo di oggi agli 8,5 miliardi nel 2030 e ai 9,7 nel 2050. Un contesto in cui sarà inoltre necessario nutrire gli animali da allevamento, che dovranno diventare più numerosi (bovini e suini, soprattutto, insaziabili divoratori di mais e di soia), ma in cui l’urbanizzazione e, probabilmente i dissesti causati dai cambiamenti climatici, ridurranno le terre coltivabili.
Il Ceo di Bayer Werner Baumann
Ecco che per garantire una crescente produzione di tonnellate di derrate agricole, ai manager di Leverkusen non era sfuggito il fatto che nei prossimi 30 anni sarebbe diventato necessario forzare la redditività dei terreni già oggi sottoposti a uno sfruttamento intensivo. Scenario che rende quindi molto interessanti le prospettive per i produttori di sementi, pesticidi, fertilizzanti, trainati da ricerca e applicazioni tecnologiche. Da solo, oggi, il gruppo Bayer-Monsanto controlla il 29% del mercato delle sementi e il 24% di quello dei pesticidi.
Ma dopo due anni di complessi negoziati in cui l’azienda tedesca, divenuta famosa per l’Aspirina e per l’Alka Seltzer con forte diversificazione in agricoltura, si è dovuta indebitare per 35,7 miliardi di debiti, ha subito un downgrade del merito di credito, ha dovuto dismettere 7,6 miliardi di asset per ottenere il via libera degli antitrust e mandare a casa 12 mila lavoratori (prevalentemente in Germania), non ha avuto nemmeno il tempo di mandare a regime la fusione che la mina Roundup e il fattore reputazionale (su cui stanno incidendo anche gli scandali sulla privacy, vedi box sopra) hanno iniziato a presentare il conto a management e ad azionisti con una violenza inaudita. Una violenza non prevista a dovere e che sta impattando anche sulla redditività.
A Leverkusen sono sicuri di ribaltare in appello le sentenze sul diserbante cancerogeno, ma intanto in meno di un anno in Borsa sono andati in fumo quasi 25 miliardi di valore e a Berlino ora temono la scalata ostile. Che è solo l’altra faccia dell’avidità e del mercato.