Economia
Africa pozzo di San Patrizio per l'Italia. Cina permettendo
Il più grande mercato per i prodotti europei? L'Africa. Ma i cinesi sono già avanti
Africa pozzo di San Patrizio per l'Italia. Cina permettendo
Il più grande mercato per i prodotti europei -meglio dire italiani- nei prossimi decenni? L’Africa. Cinesi permettendo. Lo scenario macro che traccia Flavio Robert Paltrinieri, patron del fondo di private equity Galaxia, membro della Consob americana (Finra) e titolare di progetti di edilizia popolare in Africa, è tale da far saltare sulla sedia qualsiasi imprenditore della moda, del food e del design made in Italy.
“L’Africa sub sahariana è il pozzo di San Patrizio dei prossimi anni e valorizzarla rappresenta non solo una risorsa ineguagliabile per le aziende italiane ma altresì una modalità sicura per contenere i copiosi flussi migratori che spingono le persone a cercare fortuna in Europa”. Qualche numero, elaborato dal centro studi Galaxia (lo studio a disposizione è di decine di pagine): l’Africa, dopo i recenti accordi dell’Unione africana, è diventata un immenso mercato di libero scambio con una popolazione di un miliardo e 200 mln -che diventerà 2 miliardi e 500 mln nel 2050 e raddoppierà nel 2100. Un continente con età media di 19 anni (il 60% ha meno di 25 anni) composto da 54 nazioni e una classe media di 400 milioni di persone -ovvero consumatori. L’equivalente di tutta l’Europa. Un continente molto diverso da come lo pensiamo : nel 1990 c’erano il 19% di conflitti, oggi sono scesi al 6%.
L’educazione di alto livello che i giovani africani della classe media ricevono all’estero, grazie agli scambi culturali con le grandi università occidentali, è elevata. Internet, un livello di scolarizzazione sempre più elevato, la fruizione di informazioni via satellite o in streaming hanno preparato il continente a essere un consumatore di prodotti europei. La qualità delle spese per la cura personale, così come la scelta dei menu nei ristoranti locali indicano un processo di occidentalizzazione e un rifiuto del modello cinese imposto negli anni ma ritenuto troppo basso. I giovani africani sono acculturati, ambiziosi e rifiutano tutto ciò che non rende la vita confortevole. Certo, c’è sempre un alto tasso di povertà - il 35 % della popolazione vive con meno di 5 dollari al giorno- e circa il 42% degli africani non ha ancora elettricità nei villaggi.
“Ed è proprio per questo che servono progetti etici di valorizzazione economica” sostiene Paltrinieri, due lauree, una in architettura e una in giurisprudenza a Yale prima di diventare un tycoon della finanza. Il progetto è di creare 27 outlet del made in Italy in 5 anni, per una popolazione di circa 586 milioni di persone e una raccolta potenziale di 150 miliardi di euro (vedi tabella), valutati secondo la capacità di spesa di più fasce della popolazione: da quella più bassa che ha a disposizione poche decine di euro per il sogno italiano a quella che può definirsi molto facoltosa. “Pensiamo che solo a Dakar ci sono 3 milioni di persone con oltre un milione di Usd di turn over annuale.E il desiderio di made in Italy è forte. Per questo nei centri abbiamo previsto ristoranti e luoghi di intrattenimento capaci di offrire un lifestyle consono”. Per le aziende italiane la proposta è semplice: nessun pagamento degli spazi. “Ognuno deve arredare il proprio negozio e mettere una persona a presidiarlo a costi locali, ovvero molto bassi. L’organizzazione chiederà il 10% dell’Ebitda conseguito”.
E siccome ci viene spontaneo pensare al claim “black lives matter” chiediamo a Paltrinieri, profondo conoscitore della politica americana, un commento sulla disfida Trump-Biden. “Fino a quattro mesi fa i dem non avevano un argomento forte da cavalcare. In America, quando non c’è più niente da dire, si tira fuori la questione razziale. E hanno strumentalizzato l’omicidio di George Floyd iniziando la campagna elettorale. Ma il vero problema è la Cina, che come sappiamo detiene gran parte dei bond governativi statunitensi e che li sta svendendo (300 miliardi in quattro mesi) per svalutare il dollaro. Dal 2008 l’amministrazione Obama ha piazzato sulle banche cinesi 500 miliardi di dollari di debito senza fare un’analisi storica di quanto potesse essere pericoloso. Biden è filo cinese e creare una crisi economica svalutando il dollaro in questo momento metterebbe Trump in grave difficoltà”.
Ma pare che i cinesi siano un problema non solo per il debito pubblico americano, bensì anche per l’ Africa: “ci sono vere e proprie città fantasma da circa 100.000 abitanti, costruite dai cinesi e rimaste vuote, perché i prezzi delle case sono stati fissati a livelli non sostenibili. Queste città sono autonome in termini di reti idriche ed elettriche. Però, seppur deserte, vengono perfettamente manutenute e ci si aspetta che prima o poi arrivino a popolarle da cinesi ricchi, capaci di comprare tutto ciò che sta loro intorno. Una sorta di colonizzazione silenziosa, che porterebbe ancora più persone a migrare verso l’Europa. Per questo stiamo pensando a progetti intelligenti, non predatori, che valorizzino l’economia africana e contrastino eventi di questo genere”.