Economia
Alitalia per ora non decolla. Gli investitori privati restano a terra
Chiesto anche lo slittamento dei termini per la presentazione di offerte da parte degli investitori privati
Sindacati in pressing per una proroga dei termini di presentazione di offerte per Alitalia finora fissati al 30 aprile, anche se il sottosegretario al ministero dell’Economia a finanze, Michele Geraci, ha precisato che tale data vale per la presentazione del consorzio e dell’offerta vincolante (mentre per la relativa documentazione potrebbe essere concesso “ulteriore tempo” dai commissari), ma dai potenziali soci privati continuano ad arrivare segnali negativi.
Al termine dell’incontro che oggi ha riunito il vicepremier e ministro dello Sviluppo economico e ministro del lavoro e delle politiche sociali, Luigi Di Maio, due dei tre commissari (Daniele Discepolo e Stefano Paleari) e i rappresentanti sindacalisti tra cui Salvatore Pellecchia, segretario generale Fit Cisl, Claudio Tarlazzi, segretario generale Uilt e Fabrizio Cuscito, segretario nazionale Filt Cgil, Tarlazzi ha ribadito: “vogliamo che non ci sia solo una soluzione politica ma industriale, con un piano di investimenti sulla compagnia che aumenti il numero degli aerei e valorizzi il business”, visto che Alitalia “sta dimostrando la capacità di aumentare i ricavi e anche che merita di essere rilanciata”.
Ma il rilancio non sarà facile in assenza di capitali privati, che per ora latitano. Giovanni Castellucci, amministratore delegato di Atlantia, da settimane al centro di voci relative a un suo possibile coinvolgimento nel rilancio dell’ex compagnia di bandiera italiana, è stato esplicito: “ci è stato chiesto cosa ne pensa il Cda: non pensa nulla, perché non ha mai affrontato questo tema” ha risposto il manager ad alcuni azionisti che in assemblea chiedevano lumi circa l’eventuale ruolo del gruppo nel rilancio di Alitalia.
“Ovviamente noi speriamo che Alitalia venga salvata, rilanciata e ristrutturata, ma abbiamo talmente tanti fronti aperti che aprirne uno ulteriore, e non di bassa complessità, sarebbe particolarmente complesso, uno in più in questo momento non ce lo possiamo permettere” ha poi concluso il numero uno di Atlantia, holding industriale della famiglia Benetton (primo azionista attraverso il 30,25% di Sintonia) che come noto oltre ad Autostrade per l’Italia controlla 5 aeroporti in Europa (due a Roma e tre in Costa Azzurra) da cui transitano annualmente circa 60 milioni di passeggeri.
Da parte sua Di Maio ha ostentato l’usuale sicurezza: sull’eventuale (ma dopo le parole di Castellucci difficile) ingresso di Atlantia nel capitale di Alitalia l’esponente M5S non si è espresso, “perché siamo veramente al fotofinish della lunga gara, aspettiamo questi ultimi giorni e vediamo”. In compenso Di Maio ha sottolineato come vi siano “tante interlocuzioni in corso e per noi è molto importante che si portino avanti con la massima serietà possibile”.
“Sto cercando di risolvere un problema che nessun altro ministro ha risolto - ha concesso poi Di Mio - quindi non potete pretendere che sia una questione semplice. Spero di essere l’ultimo ministro che si occupa di Alitalia, nel senso che la rilanciamo una volta per tutte”. Di buone intenzioni è tuttavia lastricata la strada dell’inferno e il caso di Alitalia, una fornace che finora ha polverizzato qualcosa come 9 miliardi di euro di fondi pubblici nel corso della sua storia, potrebbe non costituire un’accezione. Ma cosa rende la compagnia aerea italiana così poco attraente?
Anzitutto le previsioni sull’impegno finanziario di un rilancio della compagnia, stimato in almeno 2 miliardi di euro complessivi, di cui 900 milioni per rimborsare entro giugno il più volte prorogato prestito concesso a suo tempo dallo stato italiano ma che dovrebbe essere convertito almeno parzialmente in equity. Poi l’incertezza stessa legata alle norme per Alitalia da inserire nel pubblicando Decreto Crescita e alle eventuali obiezioni della Commissione Ue.
Ultimo ma non meno delicato punto è infine la governance. Ad oggi il ministero dell’Economia e finanze dovrebbe essere socio al 15%, al pari di Delta, il cui interesse nel salvataggio di Alitalia è di natura tattica e legato all’opportunità di evitare un ingresso di Lufthansa che potrebbe fare leva sulla compagnia italiana per rafforzarsi nel medio e lungo raggio in Europa. Possibile l’intervento con una quota poco più che simbolica (non oltre un 5%) di China Eastern, compagnia partecipata dalla stessa Delta con una quota di minoranza.
A questo 30%-35% dovrebbe poi aggiungersi un 30%-35% di Ferrovie dello Stato: resterebbe da collocare il rimanente 30%-40% ovvero trovare chi sia disposto a scommettere su Alitalia, tra ingresso nel capitale delle Newco e successive ricapitalizzazioni, fino a 700-800 milioni di euro, col rischio che la presenza pubblica blocchi ogni ulteriore possibile richiesta di esuberi.
Visto che di un intervento di Cassa depositi e prestiti, ma anche delle sue partecipate dirette (come Poste Italiane, Leonardo e Fincantieri), non si parla più non fosse altro che per la netta contrarietà delle fondazioni bancarie, socie di minoranza di Cdp al 16% ma con potere di veto, intenzionate a fare sì che Cdp non metta “un euro per nessuna ragione” in Alitalia, un possibile candidato resterebbe il fondo QuattroR, partecipato con quote di minoranza dalla stessa Cdp oltre che da Inail, Poste Vita e Cassa Forense, ma appare difficile possa farsi carico dell’intera quota.
Se non altro l’andamento dei conti della compagnia, come hanno sottolineato anche i sindcati, sembra offrire qualche motivo di speranza e dunque di potenziale interesse da parte di nuovi investitori. Nel primo trimestre del 2019 i ricavi da passeggeri sono infatti cresciuti dell’1,4% su base annua, considerato un risultato “particolarmente significativo” visto che i primi tre mesi 2018, che comprendevano anche le festività pasquali, avevano già segnato un incremento del +6,4% sullo stesso periodo del 2017. Visto che anche il fatturato del settore cargo è aumentato nel periodo dell’1,9% su base annua, i ricavi complessivi sono così cresciuti nel trimestre del 2,7% complessivo.
Marzo è inoltre risultato il sedicesimo mese consecutivo di crescita del traffico passeggeri, il cui numero è aumentato del 2,8% rispetto ai primi tre mesi del 2018 (anno che si era chiuso con quasi 21,5 milioni di passeggeri trasportati), grazie in particolare all’andamento del settore intercontinentale (lo scorso anno in grado di attrarre 2,72 milioni di passeggeri, +7,1% sul 2017), il cui fatturato è salito del 4,3%.
Positivo anche il dato relativo alla puntualità dei voli: con l’89,31% di voli atterrati in orario la compagnia italiana a fine marzo si è confermata la più puntuale al mondo in base alla classifica stilata da FlightStats, con quasi 10 punti di vantaggio rispetto alla puntualità media delle compagnie aeree mondiali (79,5% di puntualità), oltre che l’unico vettore europeo tra i 5 più puntuali al mondo.
In attesa dell’approvazione del bilancio 2018 e della pubblicazione della prima semestrale di quest’anno non è tuttavia noto se Alitalia abbia continuato a volare in rosso o se il “mini-utile” di 2 milioni di euro segnato alla fine del terzo trimestre 2018, grazie all’andamento del traffico estivo, sia stato poi replicato nei due trimestri successivi. Un dettaglio non esattamente trascurabile per un investitore privato.