Economia
Alitalia, Whirlpool, Mps, Blutec e... I 200 mila orfani del Salvimaio
Alitalia, Alcoa, Whirpool, Blutec, Almaviva, Jabil Stefanel, Mps e Carige: la crisi di governo lascia oltre 200 mila lavoratori col fiato sospeso
La crisi di governo italiana fa tirare un sospiro di sollievo ad Atlantia, che vede allontanarsi, forse definitivamente, il rischio di una revoca della concessione alla controllata Autostrade per l’Italia. Assieme ai Benetton, incrociano le dita i 7.350 lavoratori del gruppo, ma la caduta del governo Conte rischia di avere un impatto tutto meno che positivo per molte altre situazioni delicate, a partire da Alitalia, nella cui partita è coinvolta la stessa Atlantia e che rischia di veder nuovamente allungarsi i tempi per il varo dell’ennesimo salvataggio.
In questo caso col fiato sospeso restano quasi 12 mila dipendenti, ma non sono i soli. Anche in due delicate partite del comparto bancario la presenza di un governo nella pienezza dei suoi poteri resta un elemento imprescindibile: quella di Mps e quella di Banca Carige. Nel primo caso il Tesoro, socio al 68% dopo la ricapitalizzazione precauzionale da 5,4 miliardi del 2017, deve indicare entro fine anno come intenderà muoversi per uscire (in teoria entro il 2021).
Nel secondo la strada sembra spianata per una soluzione “di mercato” con l’ingresso di Cassa Centrale Banca quale nuovo socio industriale e il Fitd pronto a dare una robusta mano, ma l’ipotesi di un intervento pubblico resta sullo sfondo nel caso i soci attuali, a partire dal gruppo Malacalza, dovessero mettersi nuovamente di traverso al previsto aumento di capitale o vi fossero ripensamenti da parte di banche e investitori finora apparsi disposti a intervenire. Restano coì in attesa di conoscere il proprio destino rispettivamente 23.400 e 4.600 dipendenti, per un totale di 28 mila lavoratori.
Vi è poi il capitolo delle situazioni di crisi industriali: al ministero per lo Sviluppo economico (Mise) restano infatti aperti circa 160 tavoli di crisi. Si va da Jabil Italia (che ha annunciato 350 licenziamenti su 700 adetti dello stabilimento di Marcianise, ultimo presidio italiano delle multinazionale Usa) a Mercatone Uno (1.800 dipendenti, c’è tempo fino al 31 ottobre per la presentazione di offerte vincolanti per l’acquisto dell’intero o di parte del perimetro aziendale), da Stefanel (finita in amministrazione controllata dopo il mancato accordo su un concordato preventivo, 200 i dipendentia rischio) a Bluetec (dove Di Maio a inizio mese ha prorogato la cassa integrazione fino a fine anno per 675 dipendenti più altri 300 lavoratori dell’indotto).
E poi ancora: resta in alto mare la vertenza di Almaviva, dove su 2.700 lavoratori oltre 1.240 potrebbero perdere il posto da settembre; al Giornale di Sicilia rischiano in 34, all’Ippodromo della Favorita, di Palermo, tra dipendenti diretti e indotto rischiano in 150, in 83 nel caso della catena catanese Papino (negozi di elettronica), nel call center di Molfetta della Network Contacts sono 300 i posti di lavoro che rischiano di saltare, 620 sono gli esuberi annunciati per il prossimo anno (su 1.900 dipendenti) presso lo stabilimento Bosch di Bari, complice la crisi dei motori diesel.
Meno complicata, ma sempre delicata, resta la situazione di Whirlpool, dove resta da completare la riassunzione dei 195 esuberi dello stabilimento campano (di cui ad oggi solo 15 già riassunti dal gruppo Seri, che dovrebbe assumere altri 60 operai in ottobre, con trattative in corso per i restanti 120 lavoratori) e dell’ex Alcoa di Portovesne (90 i dipendenti già riassorbiti per il “reviping” dell’impianto su 700 che erano finiti in cassa integrazione), in attesa peraltro di un accordo definitivo sul prezzo dell’energia.
Anche in questi due casi peraltro, come per Blutec e per la vicenda Alcoa (in particolare per quanto riguarda l’immunità penale per Arcelor Mittal, nuovo proprietario dello stabilimento di Taranto, che dà lavoro a 3 mila dipendenti, 1.400 dei quali in cassa integrazione), la crisi di governo mette a rischio la conversione in legge del decreto “Tutela lavoro” appena varato il 6 agosto scorso.
In tutto sono complessivamente tra i 200 e i 280 mila, a seconda delle stime, i lavoratori la cui azienda si trova in crisi e di questi come detto almeno 46 mila strettamente dipendenti da una qualche forma di intervento pubblico. Loro più di tutti debbono sperare che la crisi si rivolva presto, in un modo o nell’altro, e che lo scenario macroeconomico internazionale torni a migliorare, a partire dalla Germania. Altrimenti l’autunno non sarà incandescente solo per la politica italiana.
Luca Spoldi