Banche, il mercato fiuta le ricapitalizzazioni: nel mirino anche BancoBpm
Carige, Mps e Banco Bpm sono le banche più esposte all’ampliarsi dello spread, che riduce il patrimonio e aumenta il rischio-ricapitalizzazione
Banche tra l’incudine di un incremento dei costi di rifinanziamento legato al progressivo venir meno delle misure straordinarie della Bce e il martello delle tensioni alimentate dalle polemiche in merito all’aumento del rapporto deficit/Pil e all’eccessivo ottimismo delle previsioni di crescita della nota di aggiornamento al Def che, come sottolinea un report di Dws, hanno già prodotto un calo di valore per azioni e obbligazioni italiane di 50 miliardi di euro nell’ultima settimana in cambio di una maggiore spesa pubblica di 10 miliardi.
L'amministratore delegato di BancoBpm Giuseppe Castagna
E dato che la quota di titoli di stato italiani detenuta da famiglie italiane e società private non finanziarie si è ridotta per anni, mentre i Btp restano ampiamente presenti nelle casse delle banche e assicurazioni tricolori, a pagare per la svolta “populista” di Roma rischiano, letteralmente, essere gli azionisti grandi e piccoli di queste ultime.
Ma quali sono gli istituti maggiormente a rischio? Più che dal calo delle capitalizzazioni di borsa, che semmai è un segnale di quanto il mercato veda più o meno grigio per il prossimo futuro, molto dipende dalla solidità dei loro bilanci e dunque dal grado di pulizia portato avanti in questi ultimi anni in particolare dalle banche.
Ogni mezzo punto percentuale in più di spread Btp-Bund, secondo una ricerca di Citi, significa uno 0,2% di Cet1 (l’indicatore del capitale di migliore qualità cui guardano le autorità come la Bce per giudicare la solidità di una banca), anche se in verità l’impatto per ogni banca e assicurazione varia a seconda di come si componga il portafoglio di attività finanziarie di ciascuna (in particolare del peso della componente investita in Btp a lunga scadenza).
Al 30 giugno lo spread Btp-Bund era pari al 2,377%, già in rialzo rispetto all’1,318% di fine marzo; ora lo spread oscilla sopra il 3%, con un incremento dello 0,65% circa che equivale a circa un calo dello 0,26% medio del Cet1 delle banche italiane. Scendendo a considerare l’impatto per i singoli istituti, Banco Bpm (che perde lo 0,33% di Cet1 ogni 0,5% in più di spread) potrebbe subire un calo del coefficiente dello 0,43%; Ubi Banca (0,28% di minor Cet1 ogni 0,5% di maggiore spread) potrebbe perdere lo 0,325% ma avendo di recente tagliato di un terzo il suo portafoglio di Btp potrebbe limitare i danni a poco più dello 0,21%-0,22%.
Unicredit e Intesa Sanpaolo sono già a buon punto nella pulizia dei rispettivi bilanci e meno sensibili perdendo circa lo 0,18% di Cet1 ogni mezzo punto in più di spread, dunque potrebbero veder peggiorato il coefficiente di uno 0,23%- 0,24%. Ancora minore l’impatto stimabile su Bper Banca (attorno allo 0,05% ogni 0,50% in più di spread).
Peggio andrebbe a istituti come Banca Carige, da tempo in attesa di completare il piano di rafforzamento del capitale con un’emissione di bond subordinati che tarda a venire (e che dovrà entro novembre riproporre un piano di conservazione del capitale alla Bce che potrebbe contenere nuove cessioni ed eventualmente l’ennesimo aumento di capitale), ma anche come Mps (che dovrebbe avere già ora subito un calo di circa lo 0,3% del Cet1 in area 10,3%) e forse come Credem (che perdono circa lo 0,25%-0,26% di Cet1 ogni mezzo punto di maggior spread).
Piazza Affari ha già fiutato il “rischio-ricapitalizzazione”? A giudicare dall’andamento delle quotazioni sì: dal 30 giugno scorso, Banco Bpm ha già visto scendere le quotazioni del 25% e la capitalizzazione ridursi di un miliardo a 3 miliardi di euro; Banca Carige (che lo scorso anno aveva aumentato di 500 milioni di euro il capitale) è passata da 0,82 a 0,55 centesimi per azione e la capitalizzazione da oltre 490 a meno di 330 milioni; Mps stava a 2,465 euro ed ora oscilla a 1,895 euro con una capitalizzazione di meno di 2,4 miliardi (per la borsa l’istituto vale dunque meno della metà dei 4,9 miliardi di aumento raccolti lo scorso anno).
Persino Unicredit, passata da 14 a meno di 12 euro (con una capitalizzazione scivolata sotto i 27,6 miliardi) e Intesa Sanpaolo (da 2,4865 a poco più di 2 euro per azione e con una capitalizzazione limata a meno di 36,8 miliardi) non hanno potuto fare a meno di risentire dell’incertezza.
Tanto che anche oggi sono, dopo Banco Bpm e Ubi Banca (che ha limitato in questi mesi i danni cedendo attorno al 7% con una capitalizzazione ancora sopra i 3,6 miliardi), tra i peggiori titoli del comparto.
(Segue...)
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