Economia

Brexit, l'economista Fantacci ad Affari:"Londra ha perso la stabilità"

L'agenzia di rating Standard&Poor's ha comunicato al mercato che rivedrà tutti i rating "che potrebbero risentire dell'esito del referendum" sulla Brexit

di Andrea Deugeni
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@andreadeugeni

"Se per il resto dell'Europa potrebbe essere un momento buono per chiedersi se non si sia sbagliato qualcosa nell'articolazione dei rapporti fra le istanze di sovranità nazionali e i progetti federativi, dal punto di vista macroeconomico le conseguenze più gravi della Brexit dovranno essere sopportate dal Regno Unito, economia in gra parte finanziarizzata. I britannici hanno votato il Leave in nome dell'identità inglese e perderanno invece quello il tratto più distintivo della loro identità. E cioè la stabilità". L'economista della Bocconi Luca Fantacci, docente di storia dei sistemi monetari e finanziari, commenta così con Affaritaliani.it le conseguenze della vittoria del Brexit nel referendum di Londra.

"I maggiori contraccolpi della consultazione elettorale - dice Fantacci - saranno sopportati dal sistema finanziario e quindi dall'intera economia inglese, perché Londra ha di fronte un periodo di estrema incertezza sia nella definizione dei rapporti con l'Unione europea sia nelle relazioni commerciali con il resto del mondo. Tutte le previsioni davano per certo un ingresso di Londra in recessione, saranno confermate".

Dopo i report fioccati negli ultimi giorni che hanno stimato un calo del Pil, per ultime sono arrivate le previsioni di Ubp, Union Bancaire Privée, secondo cui Londra registrerà nel secondo semestre dell'anno e nel 2017, un calo del Pil compreso fra l'1% e il 3%, mentre la disoccupazione aumenterà di 1-1,5 punti percentuali. L'impatto della Brexit sull'economia dell'eurozona "dovrebbe essere limitato, con una flessione di 0,2 punti percentuali all'anno nei prossimi anni, tuttavia ci sono alcuni Paesi che sono particolarmente esposti a uno shock, tra cui Germania, Paesi Bassi e Belgio".

"Core dell'economia finaziaria del Regno Unito, le banche sono scese immediatamente in campo per il Remai", ricorda l'economista della Bocconi. "Perché gli istituti di credito hanno avuto tutta questa paura? Perché quando si parla di finanza - prosegue - si parla di contratti finanziari, strumenti giuridici che hanno bisogno di certezza che i prossimi due anni non regaleranno certamente. Una banca preferisce starsene su un terreno più tranquillo. L'inghilterra ha potuto continuare a svolgere il ruolo di centro finanziario del mondo  proprio perché era stata finora caratterizzata da stabilità politica e anche delle sue istituzioni. E la sconfitta più bruciante - conclude Fantacci - è stata proprio quella di aver votato il Leave in nome dell'identità inglese, finendo per  perdere il tratto più distintivo dell'identità. E cioè la stabilità".

Intanto, l'agenzia di rating Standard&Poor's ha comunicato al mercato che rivedrà tutti i rating "che potrebbero risentire dell'esito del referendum" sulla Brexit. "L'uscita della Gran Bretagna - afferma S&P - sarà probabilmente un lungo processo nel corso del quale saranno negoziati trattati e accordi tra il Paese e l'Unione Europea per regolare gli affari futuri. Come abbiamo detto negli ultimi mesi, alcuni rating potrebbero risentirne prima di altri, incluso il rating sovrano del Regno Unito e di tutte le entità a esso direttamente collegate". La vittoria del Leave, secondo S&P, potrebbe influenzare "le performance di crescita, il 'funding' esterno e il bilancio pubblico" del Regno Unito. "Nelle nostre recenti ricerche - afferma S&P - abbiamo annunciato la possibilita' di abbassare il 'rating' di oltre un gradino se riterremo che (la Brexit, ndr) avra' un'influenza negativa sulla forza istituzionale del Paese e sulla sua capacita' di formulare politiche in grado di favorire una crescita sostenibile".