Economia

Christine Lagarde esorta a risolvere il problema dei Non Performing Loans

Paolo Brambilla - Consilium Impresa e Famiglia

Finora è stato fatto poco per cercare di trovare una soluzione comune. Probabilmente il motivo è che questa piaga colpisce in modo diverso i Paesi dell’UE.

Il direttore del Fondo monetario internazionale Christine Lagarde ha esortato i leader europei a risolvere il problema dei "crediti inesigibili" dell'UE, ad esempio armonizzando il sistema fallimentare. Il Fondo monetario internazionale (FMI), la Banca centrale europea (BCE), il meccanismo europeo di stabilità (MES), l'Autorità bancaria europea (EBA): tutti chiedono ai leader europei di accelerare la soluzione del problema.

Christine Lagarde ha messo in guardia gli europei "Dobbiamo completare la pulizia del settore finanziario in alcune aree europee, in particolare nel sud dell'Europa. E' l'ex avvocato che vi parla ... occorre una normativa fallimentare appropriata, il più possibile armonizzata ... per non avere economie soffocate dal peso di zombie aziendali". La crisi economica ha scavato nei bilanci delle banche europee un vero e proprio buco nero di 921 miliardi di euro, i cosiddetti "crediti in sofferenza", prestiti che imprese e famiglie non sono in grado di rimborsare, il cui importo è raddoppiato tra il 2009 e il 2015.

 

ANCHE LA BANCA CENTRALE EUROPEA CHIEDE DI INTERVENIRE

 

Il Vice Presidente della Banca centrale europea, Vitor Constâncio, aggiunge: "Il problema dei crediti in sofferenza è una delle principali ragioni della scarsa redditività aggregata delle banche. Vi ricordo che il rendimento del capitale delle banche dell'area euro è sceso sotto il 5%: non copre il costo stimato del capitale. La natura del problema richiede una risposta globale e coordinata a livello europeo".

Già nel 2015 il Fondo monetario internazionale aveva pubblicato uno studio dedicato al problema dei “Non Performing Loans” europei e proposto un rimedio abbastanza convenzionale: una combinazione di riforma delle procedure di fallimento e ristrutturazione del debito, una politica più energica da parte dell’autorità di vigilanza bancaria per incoraggiare ad agire, e, infine, lo sviluppo di un mercato secondario e, se del caso, la creazione di "bad bank", che posteggino tali crediti fino a quando si trovano acquirenti. Tra i più colpiti oltre all’Italia: Grecia, Irlanda, Portogallo.

 

OCCORRE UNA SOLUZIONE COMUNE

 

L'accumulo di "prestiti cattivi" è di per sé un fenomeno classico dopo una crisi finanziaria ed economica. La particolarità del caso europeo è l'estrema lentezza della sua eliminazione. “A tassi attuali ci vorranno dieci anni per eliminare le perdite” ha calcolato l'Autorità bancaria europea (EBA). Negli ultimi tre anni, solo 200 miliardi di NPL hanno potuto essere trasferiti agli investitori, sia direttamente dalle banche o tramite iniziative speciali come in Irlanda o in Spagna, secondo i dati raccolti da Deloitte.

Finora è stato fatto poco per cercare di trovare una soluzione comune. Probabilmente il motivo è che questa piaga colpisce in modo diverso i Paesi dell’UE. Solo in sei di essi i NPL superano il 10%: Grecia, Italia, Cipro, Irlanda, Portogallo e Slovenia. Per altri, il problema non si pone, o quasi: ad esempio sono il 3,5% in Francia e il 2,5% in Germania e nei Paesi Bassi.

Di fronte a questo problema, la Commissione Europea ha chiesto la riforma dei diritti fallimentari nazionali per facilitare la vendita di prestiti, oltre al fatto che il fallimento di una "bad bank" costituirebbe un problema supplementare.

 

IL CASO ITALIA E' PARTICOLARMENTE URGENTE

 

Ma soprattutto il caso, drammatico e urgente, dell'Italia, terza economia della zona euro, non può più essere rimandato. Alla fine di gennaio 2017 il presidente dell’EBA, Andrea Enria, che era a capo della vigilanza in Banca d'Italia tra il 2008 e il 2011, ha lanciato l'idea di una società di gestione paneuropea con il sostegno di fondi pubblici europei e la garanzia di un esperto neutrale sulla valutazione dei crediti. Anche Klaus Regling, direttore generale di MES, ha appoggiato l’idea, pur ammettendo che tale veicolo avrebbe bisogno di "un sacco di soldi pubblici all'inizio": si è parlato di 200 miliardi di euro. Come trovarli, forse con l’emissione di appositi "junk bonds" secondari sul mercato privato? L'agenzia di rating Moody's ha dichiarato a fine marzo che "un tale regime sarebbe difficile da mettere in pratica, perché richiede probabilmente fondi pubblici e, quindi, un impegno politico che non sembra possibile”.

 

RASSICURARE GLI INVESTITORI

 

Valdis Dombrovskis, vice presidente della Commissione Europea, ha chiesto il 29 marzo ad Andrea Enria di stabilire "linee guida" per armonizzare e rendere più affidabili le valutazioni dei prestiti con l’obiettivo di rassicurare gli investitori che spesso non sono aggiornati sulla reale situazione dei debitori. Il 6 aprile, in una conferenza a Malta, inoltre ha chiesto di sviluppare un "concetto europeo" per permettere di velocizzare l'assenso della Direzione generale della concorrenza. Un obiettivo sostenuto dalla BCE. "Questo problema deve essere affrontato come una priorità in una prospettiva prudenziale", ha recentemente spiegato Benoît Coeuré, membro del Comitato esecutivo, che prevede la creazione urgente di "un modello europeo” di società di gestione in tal senso.

I ministri delle finanze dell'UE hanno convenuto che il tema dei crediti inesigibili, argomento di interesse comune, non è una questione da lasciare ai governi nazionali. Il Consiglio ECOFIN potrebbe adottare una "strategia comune" a metà giugno.