Economia
Coronavirus, start up: più assunzioni per il 58% durante la pandemia
L'indagine sulle start up italiane durante l’emergenza Coronavirus
Durante l'emergenza coronavirus il 58% delle startup ha aumentato il personale, il 32% ha registrato un aumento della domanda e il 27% una crescita dei ricavi. É quanto rileva l’indagine 'L’impatto dell’emergenza Covid-19 sulle startup e sull’ecosistema dell’innovazione in Italia realizzata da VC Hub Italia'.
Lo studio racconta come l'ecosistema italiano dell’innovazione abbia mostrato una significativa resilienza e come le startup e gli investitori in innovazione abbiano avuto conseguenze meno devastanti di quelle registrati dalle imprese tradizionali.
Coronavirus, aumento del personale nelle start up
Le startup coinvolte operano prevalentemente sul mercato italiano (68%), la gran parte ha sede in Lombardia - la zona più colpita dall’emergenza - e coprono diversi settori, con una prevalenza del retail ed e-commerce. Per questo lo studio rappresenta una vera e propria analisi orizzontale sull'impatto della pandemia sull'ecosistema dell'innovazione in Italia, la prima realizzata nel nostro Paese.
Il 62% delle startup coinvolte è nata negli ultimi 5 anni, e si tratta sia di realtà che hanno avviato da poco l’attività e ottenuto i capitali iniziali, sia di scale-up più mature che hanno già raccolto investimenti più ingenti.
Confermandosi come elemento fondamentale del tessuto economico nazionale, le startup hanno dimostrato fiducia e ottimismo verso il futuro, oltre a una forte resilienza. Molte hanno continuato a crescere, sia in termini di assunzione di nuove risorse che di ricavi. Nonostante la crisi, dunque, il 58% ha aumentato il personale, il 32% ha registrato un aumento della domanda e il 27% una crescita dei ricavi. Il 52% è certa che la situazione attuale durerà al massimo fino a 6 mesi e l’85% è sostanzialmente convinto che una volta terminata l'emergenza sanitaria la propria impresa possa tornare a operare ai livelli pre-pandemia.
Emerge inoltre che il 62% delle realtà coinvolte nell’indagine ha lavorato in smart working senza compromettere la produttività e il 67,5% non ha sostenuto alcun investimento per agevolare lo smart working, anche perché molte si erano già dotate degli strumenti per operare in tal senso.
Le start up durante l'emergenza Coronavirus
Ovviamente una crisi di questa portata ha comprensibilmente generato difficoltà per una parte delle startup, seppur inferiore in termini percentuali.
Nello specifico, il 68% delle startup ha dichiarato di aver subito una riduzione della domanda, l’80% ha ridotto fino al 15% il salario del personale e il 55% è dovuto ricorrere alla cassa integrazione. Il 41% delle startup sta poi valutando di ricorrere al Venture Debt mentre il 16% si è già mosso in tal senso o è in trattativa per farlo.
I gestori di fondi di Venture Capital coinvolti nella survey hanno registrato problemi di liquidità e il 54% si sta preparando a ricercare nuovi finanziamenti per ripartire. Le principali problematiche per gli investitori connesse all'emergenza sanitaria Covid-19 sono relative oltre ai problemi di liquidità, a una diminuzione della raccolta fondi o al fallimento di una o più startup all'interno del proprio portafoglio. Infine, il 20% dei fondi di VC ha dichiarato che le start-up nel proprio portafoglio hanno registrato un aumento della domanda superiore al 50%, a fronte di un 53% che ha dovuto fare i conti con una contrazione inferiore al 50%.
Tanto le startup quanto i fondi di VC chiedono un intervento del Governo attraverso sussidi diretti e indiretti e un alleggerimento della burocrazia. In particolare, vengono auspicati investimenti per potenziare la dotazione infrastrutturale, con particolare attenzione al digitale, una ridefinizione della legislazione sul lavoro (con un focus sullo smart working) e sussidi sia diretti che indiretti (es: sconti in bolletta, sgravi fiscali). Lato Venture Capital, il 62% ritiene che lo strumento adatto sia quello dei decreti legislativi, il 15% chiede invece maggiore concessione di credito da parte delle banche e il 23% vede una possibile soluzione nella ricerca di nuovi investitori privati.
Start up in Italia nella pandemia
“La resilienza mostrata dalle startup nell’affrontare questa emergenza e il divario emerso con il sistema imprenditoriale tradizionale, fa emergere la necessità di metterle al centro del progetto di ripresa, ha dichiarato Francesco Cerruti, direttore generale di VC Hub Italia. Il fatto che le startup siano state capaci di navigare anche “controvento” lascia intravedere enormi margini di miglioramento dell'intero ecosistema, in presenza però di norme che ne agevolino l’esistenza e l’operatività. Il momento per intervenire nell’ottica di ridurre il divario che abbiamo con altri Paesi europei è adesso, è un’occasione che non possiamo perdere. Molto è stato fatto, conclude Cerruti, ma purtroppo è ancora troppo poco rispetto a quel che viene fatto altrove”.
Commenta da parte sua Massimiliano Vercellotti, Start up Leader di EY in Italia: “A seguito dell’emergenza, abbiamo osservato come il calo della domanda e la crescente esigenza di liquidità rappresentino le principali sfide per imprenditori e investitori, la cui risposta è stata ricercata nella ridefinizione delle priorità, nella ricerca di nuovi fonti di finanziamento e nello sviluppo di nuovi business plan per fronteggiare la crisi".
E prosegue: "Nonostante ciò, il tessuto imprenditoriale italiano non si è fermato ed è interessante notare come il 58% delle startup intervistate abbia continuato ad assumere personale durante la crisi, e che quasi 9 startup su 10 pensino di tornare a crescere entro i prossimi 12 mesi. In questo scenario, per fronteggiare e gestire il cambiamento in atto servirà una maggiore sicurezza, comunicazione, strategia e resilienza, che giocheranno un ruolo cruciale se unite alle misure che saranno messe in atto dal Governo”.